Ma quale Terza Repubblica

Roma - La riunione del Terzo Polo? «Non profuma di aria fresca, sa di naftalina

lontano un miglio. Se il destino dei moderati italiani dovesse dipendere da Fini, Casini e Rutelli riuniti in una stanza della Presidenza della Camera non credo che sarebbe un grande destino”

Angelino Alfano affila le armi dialettiche e lancia il suo fendente contro le grandi manovre centriste e l’(ennesimo) annuncio di nascita del Nuovo Polo. Un progetto che sembra scontrarsi con uno scoglio difficile da superare: la capacità di dare appeal a un progetto che parte sotto l’egida in primis di Pier Ferdinando Casini, con la compartecipazione di alleati quali Gianfranco Fini, Francesco Rutelli e probabilmente Giuseppe Pisanu, Giorgio La Malfa e Lamberto Dini. Un pacchetto di esponenti politici che certo farebbe fatica a presentarsi come «il nuovo», anche al netto del più puro talento illusionistico.

 I numeri, d’altra parte, sono impietosi. La squadra del Terzo Polo, nella grande corsa per la conquista della Terza Repubblica, sta arruolando i «grandi nonni» di Montecitorio e Palazzo Madama. Fini, Rutelli e Casini sono tutti «ragazzi dell’83», come li ha definiti di recente Francesco Storace, ovvero sono stati eletti per la prima volta quell’anno. Nel 2013, dunque, quando presumibilmente si andrà a votare, avranno compiuto i 30 anni di vita parlamentare. La militanza diventa ancora più imponente quando si guarda alle date di elezione di Giuseppe Pisanu e Giorgio La Malfa, entrati a Palazzo addirittura nel 1972 e quindi entrambi con 41 anni di «carriera» alle spalle nel 2013. In sintesi: i cinque cavalieri del Partito della Nazione (nome provvisorio) potranno contare su complessivi 172 anni di militanza in Parlamento. Senza dimenticare che a loro potrebbe unirsi Lamberto Dini, classe 1931 e certo non privo di una esperienza politica in doppia cifra.

Il Terzo Polo sembra, dunque, intenzionato a riscrivere le regole d’accesso alla politica. Se la Costituzione prevede che l’età minima per diventare deputati sia di 25 anni (40 per diventare senatori), nella nuova formazione centrista il pre-requisito sembra essere quello degli (almeno) 30 anni di onorata militanza parlamentare. Politica vecchia fa buon brodo, dunque. Alla faccia di coloro che, a torto o a ragione, denunciano la radicale incapacità della politica italiana di rispondere alle domande di cambiamento provenienti dalla società. Ma anche la difficoltà di comprendere la profondità della crisi da parte dei «professionisti della politica» e di coloro che hanno attraversato con vario grado di responsabilità i decenni repubblicani.

Al di là del reclutamento degli highlander della Prima Repubblica, appare evidente che per decollare davvero il nuovo partito avrà bisogno di attrarre quanti si riconoscono nel governo Monti e non hanno una appartenenza politica definita. E per farlo dovrà mettere in campo volti nuovi. Nel Terzo Polo, poi, al di là dell’attività di reclutamento, restano da chiarire aspetti non trascurabili come la ragione sociale, il simbolo elettorale, la linea di comando. Il nome finora utilizzato - Partito della Nazione - viene giudicato troppo simile nell’acronimo al Pdl. Inoltre il richiamo al concetto di «nazione» non convince fino in fondo gli ex Dc. Italo Bocchino suggerisce «Lista degli italiani», ma il dibattito è aperto. Idem sul simbolo. «Noi - spiega Casini - siamo disponibili, assieme ad altri, a studiare quali saranno le forme migliori per presentare le nostre liste e il nostro soggetto politico. Una cosa è chiara: alle elezioni ci sarà una proposta politica che nasce da questa iniziativa. Come sarà? Con che forma, con che simbolo, con che nome, tutto questo mi sembra che sia il punto di arrivo. Noi non vogliamo arruolare nessuno, non abbiamo questa pretesa.

Sappiamo che oggi serve non l’uomo della provvidenza ma un’iniziativa plurale. È finita la stagione dell’uomo solo al comando». Un giudizio che contrasta con l’opinione di Gianfranco Rotondi, uno che con il leader Udc ha condiviso un bel pezzo di storia politica. «Quella di Casini mi sembra una escalation naturale. Nella Prima Repubblica ha fondato una corrente, nella Seconda un partito. Nella Terza tenta di mettere su addirittura una sua coalizione. Il Giornale 21.4.2012

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