Una riforma elettorale non può salvare il Paese

La proposta di dare alla Terza repubblica una forma presidenziale non è nuova e non

sembra possa raccogliere i consensi necessari nei tempi ristretti che restano sino alla fine della legislatura. Naturalmente queste difficoltà potrebbero essere superate se ci fosse una effettiva coscienza generalizzata dell'urgenza di dare una risposta di sistema alla crisi di governabilità che si profila concretamente. Il fatto che ad avanzare la proposta sia stato il Popolo delle libertà dopo una sconfitta elettorale difficilmente rimediabile significa che in quel partito ci si è resi conto che l'impianto parlamentare del bipolarismo, per quanto sostenuto da una legge elettorale maggioritaria, non è in grado di funzionare. In effetti le ultime due legislature hanno visto il crollo dopo due o tre anni delle maggioranze, quella di Romano Prodi prima, quella di Silvio Berlusconi ora. Il centrosinistra probabilmente rifiuterà questa prospettiva radicale, con l'argomento un po' gesuitico della scarsità del tempo disponibile per approfondirla, ma in realtà perché si aspetta ragionevolmente di essere alla vigilia di una vittoria elettorale. Però poi anche a Pierluigi Bersani, se sarà lui il premier eletto, toccherà la difficoltà di governare con una coalizione plurale e rissosa. D'altra parte le esperienze storiche ci parlano di cambiamenti istituzionali radicali solo in situazioni drammatiche. La quinta repubblica francese seguì il pronunciamento militare in Algeria e il fallimento clamoroso della guerra di Suez. In Italia si fatica a rendersi conto che il blocco della democrazia dell'alternanza, reso necessario dalla crisi, prelude a un blocco della governabilità democratica. È facile dire che il Popolo delle libertà propone una riforma di questo peso solo quando ormai sembra non aver più niente da perdere. È vero, probabilmente, ma il fatto di aver constatato sulla propria pelle il collasso del sistema politico non significa che questo fenomeno sia circoscritto a un'area elettorale e ne lasci indenni le altre. Alla fine si potrà forse arrivare a un compromesso al ribasso, a introdurre una legge elettorale a doppio turno, tipica di un sistema presidenziale, lasciando invece pressoché immutata la forma di governo, che resterebbe parlamentare. Da un quarto di secolo in Italia si cerca di risolvere il blocco del sistema istituzionale con leggi elettorali, il che ha creato una dualità tra costituzione materiale e costituzione formale che ha effetti sempre più paralizzanti. Giorgio Napolitano ha più volte insistito sull'esigenza di rinnovare i meccanismi istituzionali arrugginiti. Ma non sarà ascoltato.  di Sergio Soave  - Italia Oggi 26.5.2012

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