Giovani, Politica e Giustizia

Un tavolino al bar con tre ragazze e due maschi, studenti a legge a Trieste.

Parlano di Taranto, Ilva, e la decisione del Giudice di chiuderla; delle manifestazioni vietate  lì ma non in altre piazze, e della CGIL che non sciopera “contro i giudici” per il posto di lavoro in bilico; per come mai i partiti di sinistra del luogo e i sindacati stessi e l’Inail ecc. non siano intervenuti in tutti questi anni per sanare la situazione. Parlano della politica in generale, di tutti questi partiti e partitini che nascono come funghi.  Trovano una specie di accordo: se vogliamo influire sui destini del paese è inutile iscriversi a qualche partito che la situazione offre, meglio abbracciare la carriera di Giudice e con la legge imporre quell’ordine che in Italia è venuto meno: la amministrazione della giustizia è l’unico potere oggi incontaminato e inattaccabile. Ma se chiudi le fabbriche condanni gli operai alla fame, dice una e l’altra risponde che prima di tutto bisogna pensare all’ambiente, alla vita, alle future generazioni: e poi se non c’è il padrone c’è sempre lo Stato che penserà a creare posti di lavoro; si ma creeremo una Società senza spirito e iniziativa individuale, la spinta che il “merito” imprime per migliorare, scomparirà, saremmo tutti uguali (meglio dice una, così non spenderemo più soldi per vestiti firmati). Ritorniamo indietro nella storia, dice un altro, cose già viste e superate. Se ne vanno e io, per ascoltare, ho mangiato un gelato e bevuto 2 cognac e sento un peso nello stomaco che nel frattempo si è chiuso. CW  17.8.2012

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