Accordo riformista, no di Camusso CGIL

I chimici firmano un contratto che mette più soldi in busta paga, offre soluzioni anticrisi di

intesa tra capitale e lavoro, promuove l’inserimento dei giovani, incrementa la produttività. No della Cgil

Roma. Tutti parlano di lavoro. Il contratto dei chimici è stato firmato per sostenere il lavoro. La Cgil lo ha respinto. Il paese sta affrontando una crisi economica corrosiva per il tessuto produttivo. Dalla Fiat all’Ilva alle piccole e medie imprese si cerca di scongiurare una “desertificazione industriale”, il che dipende da quando e come si riuscirà a saldare un patto tra le parti sociali, i lavoratori e le aziende, con l’obiettivo di un aumento della produttività (del lavoro e del capitale), come chiesto dal presidente del Consiglio, Mario Monti. Il percorso tracciato negli scorsi giorni dal contratto collettivo per i chimici – il primo  banco di prova – va in questa direzione ma l’intransigenza della direzione nazionale della Cgil, contraria a quanto deciso dalle sue stesse rappresentanze di categoria, dimostra che un simile risultato non è scontato. Soprattutto se si pensa che nel giocare questa lunga partita, intervenendo su “fattori di contesto”, l’intenzione del governo è quella di valorizzare le intese che “puntano in alto per dimostrare che si vuole andare fino in fondo”, spiegano al Foglio da ambienti del ministero del Lavoro.

L’ipotesi di contratto avanzata dai chimici è stata firmata sabato scorso a stragrande maggioranza dalle sigle di categoria (8 contrari su 125 presenti) in accordo con le parti industriali. E da fonti governative viene giudicato “innovativo”. Ma con un intervento ex post i vertici della Cgil hanno chiesto modifiche sostanziali, minacciandone l’impostazione.

L’accordo dei chimici, settore che interessa 300 mila addetti, compreso l’indotto, è stato concordato in modo unitario tra i rappresentanti di categoria (Filctem Cgil, Femca Cisl, Uilcem) in accordo con le controparti industriali (Federchimica e Farmindustria). L’intesa dimostra lo sforzo verso l’innovazione delle relazioni industriali e conferma l’obiettivo di un aumento della produttività, attesa ma non ancora quantificabile in numeri da Confindustria (“vale molto”, dicono quelli vicini al dossier). E’ un accordo che per questioni di urgenza è stato firmato in anticipo rispetto alla scadenza prevista e, in quanto battistrada, pone le basi per gli oltre trenta contratti che dovranno essere rinnovati nei prossimi, febbricitanti mesi d’autunno. La possibilità di derogare, dove possibile, al contratto nazionale di lavoro, con specifiche modifiche temporanee al contratto stesso, introduce una dialettica nuova tra rappresentanti dei lavoratori e dell’azienda: rende possibile una collaborazione tra le parti per affrontare situazioni specifiche di grave crisi con soluzioni ad hoc (come ad esempio quella del settore farmaceutico dove la prospettiva è la perdita del 15 per cento del fatturato). Altra novità è quella di istituire un “patto di solidarietà generazionale” tra i giovani alle prime esperienze di impiego e i lavoratori che vanno verso l’età pensionabile. Con una disoccupazione giovanile al 35 per cento, l’idea proposta dai chimici è di agevolare l’ingresso con un contratto effettivo meno retribuito di uno normale (non un penalizzante stage), in caso non sia possibile l’apprendistato, ma fondato su un percorso formativo. Soluzione che si incastra con lo scivolamento verso la pensione dei lavoratori anziani, attraverso il part time che li renderebbe parte integrante della formazione dei nuovi arrivati. L’ultima parte del testo dell’intesa lascia aperte modifiche in attesa delle norme che il governo potrà introdurre a seguito di ulteriori trattative.

L’opposizione della Cgil, espressa dal segretario generale, Susanna Camusso, non intaccherà in teoria lo specifico accordo perché dovrà essere votato dai lavoratori (che vedranno un aumento di 148 euro nella busta paga), ma destabilizza il clima di concertazione. Lo spiega al Foglio Alberto Morselli, ex segretario Filctem, dimessosi subito dopo la firma, in conflitto con Camusso, per evitare una mozione di sfiducia già pronta. “Accettando quella che è stata una sfida della controparte a giocare tempestivamente la partita, la delegazione ha definito equilibrato il risultato, che ritengo buono e positivo, perché parla ai problemi dell’oggi e non di ieri offrendo grandi opportunità per la contrattazione di secondo livello senza sfuggire al contratto nazionale”. Posizione condivisa anche dal rappresentante della Femca, Sergio Gigli, polemico con lo stop della Camusso: “Per logiche interne si sta negando il vero interesse dei lavoratori”. L’intransigenza. della Cgil risulta in ambienti sindacali incomprensibile ma ha una sua logica. Il settore chimico è tradizionalmente centrale, come quello metalmeccanico. Ma perché la Cgil frena l’innovazione? “Non vuole perdere il suo potere simbolico e politico di intermediario a livello nazionale nonostante la criticità della situazione giustifichi un cambiamento necessario delle regole del gioco”, spiega al Foglio Alberto Mingardi, direttore dell’Istituto Bruno Leoni, studioso di formazione liberista. Il Foglio - 1,10

Solo gli utenti registrati possono commentare gli articoli

Per accedere all'area riservata