No, non è vero che se la donna è ubriaca lo stupro è meno grave

Indignazione per la decisione della Cassazione. Ma la Corte ha solo applicato la legge e le sentenze andrebbero lette prima di essere commentate

di Ermes Antonucci 17 Luglio da www.ilfoglio.it

Commento 1

È disarmante l’ignoranza giuridica con cui tanti giornali (e politici demagoghi al seguito) hanno riportato e commentato la sentenza della Cassazione sulle aggravanti dello stupro, travisandone completamente il significato. Un significato puramente logico se si guarda alle norme esistenti.

Con la sentenza n. 32462, depositata ieri, la Corte di Cassazione ha disposto un nuovo processo su un caso di stupro di gruppo, nel quale la Corte d’Appello di Torino, nel condannare due cinquantenni, aveva applicato anche l’aggravante di “aver commesso il fatto con l’uso di sostanze alcoliche”. I supremi giudici hanno affermato che quella sentenza si basava su una non corretta applicazione del diritto e hanno ribadito due principi molto semplici sul reato di violenza sessuale: da un lato, c’è violenza anche se la vittima ha assunto alcol volontariamente, visto che “in uno stato di infermità psichica”, a prescindere da chi l’abbia determinato, mancano le condizioni per prestare un “valido consenso”; dall’altro lato, “l’assunzione volontaria di alcol esclude la sussistenza dell’aggravante”, e il relativo aumento di pena, perché “deve essere il soggetto attivo del reato” a usare l’alcol per la violenza, “somministrandola alla vittima”.

Nessuna sentenza rivoluzionaria, in senso reazionario e contrario ai diritti delle donne, dunque, come qualcuno vorrebbe far intendere, ma un’ovvia applicazione delle norme del nostro codice penale (che andrebbero cambiate in Parlamento, se non piacciono) e della logica: non può essere contestata l’aggravante di aver usato sostanze alcoliche per commettere violenza sessuale se la vittima assume alcool volontariamente, posto che lo stupro rimane.

Ma pur di attirare l’attenzione indignata del lettore e ricevere qualche clic in più sulle pubblicità dei propri siti, gran parte degli organi di informazione ha riportato la notizia lasciando intendere che i giudici avessero riconosciuto una sorta di attenuante per lo stupro di una donna ubriaca (“Se lei è ubriaca lo stupro non è più grave”, titolava qualcuno, facendo una sintesi tutta sua della vicenda). Niente di vero, ma ormai il messaggio è passato.

Ecco, allora, l’ondata di condanne bipartisan di politici in cerca di facili consensi. Alessia Rotta, vicepresidente dei deputati del Pd (e, tra l’altro, giornalista), dichiara che “la sentenza della Cassazione ci porta indietro di decenni”, perché “si trovano attenuanti, come l’aver bevuto volontariamente, a un reato tanto odioso quanto grave” (confondendo, così, la non applicazione di un’aggravante con il riconoscimento di un’attenuante!). Rotta poi aggiunge: “Sul corpo e sulla vita delle donne la cultura, soprattutto quella giuridica, non avanza di un passo, anzi. La sentenza della Cassazione ci porta in dietro di decenni”. Come se i giudici di Cassazione dovessero fare “passi in avanti” rispetto a quanto stabilito dalle leggi (e chissà le polemiche se quei “passi in avanti” dovessero essere contrari alle proprie preferenze politiche).

“Sconcerto” anche dalla deputata di Forza Italia, Annagrazia Calabria: “Far passare anche solo lontanamente l’idea che approfittare della mancanza di pieno autocontrollo da parte di una donna non sia un comportamento da punire in maniera ancora più dura è un passo indietro nella cultura del rispetto e nella punizione di un gesto ignobile e gravissimo quale è lo stupro”. Come se, anche in questo caso, il compito della Cassazione fosse “far passare idee”, piuttosto che applicare le leggi.

Si eleva, su tutte le considerazioni sul caso, l’editoriale della filosofa ed ex deputata Pd, Michela Marzano, pubblicato su Repubblica, dal titolo “Signor giudice, niente sconti sullo stupro”. Dopo aver avanzato osservazioni moraleggianti (“Oggi sappiamo che la responsabilità di uno stupro è solo di chi, quella violenza, la commette”) e dopo aver indirettamente riconosciuto l’importanza di un principio ribadito molto chiaramente proprio dalla Cassazione nella sentenza incriminata (“Sappiamo bene che, senza consenso, un atto sessuale è sempre uno stupro”), ecco che Marzano si chiede “cosa sia passato per la testa dei giudici della Cassazione”. Come abbiamo visto, per capirlo basterebbe leggere la sentenza.

Commento

uido.valota

17 Luglio 2018 - 18:06

Tutti a scuola, partendo dalla prima elementare, e chi non sa fare i cerchietti dentro i quadretti resta in prima finché non ci riesce. Altro che diritto allo studio = diritto al pezzo di carta. E niente diritto di voto se non hai la quinta elementare, così azzeriamo l'elettorato grillino.

Solo gli utenti registrati possono commentare gli articoli

Per accedere all'area riservata