La procura della nazione

Una classe dirigente alternativa avanza nella magistratura denunciando le ipocrisie dell’antimafia e gli orrori del processo mediatico. Così Renzi scopre che le nomine di Legnini (Csm) pesano più delle parole di Orlando

di Claudio Cerasa | 02 Febbraio 2016 ore 06:18 Foglio

Ad ascoltare e a riascoltare il debole discorso pronunciato qualche giorno fa a Palermo durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario dal ministro della Giustizia Andrea Orlando, l’impressione è che il governo abbia scelto di seguire la strada della lenta ricucitura dei rapporti con la magistratura, evitando con cura di mettere a fuoco, almeno per il momento, i molti problemi, non risolti neppure dal governo Renzi, che riguardano l’irriformabile mondo della giustizia italiano.

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 Secondo Andrea Orlando, in Italia “non vi è più una questione giustizia che ricapitoli in maniera quasi paradigmatica il senso della crisi che il paese attraversa” e a voler leggere tra le righe del ragionamento del Guardasigilli il più sembra essere fatto, il processo telematico va che è una meraviglia, e l’Italia, siore e siori, riparte come un treno. Se fosse stato per il discorso di Orlando, l’Anno giudiziario sarebbe passato in cavalleria senza lasciare il segno, e senza colpo ferire, ma andando a curiosare tra gli stenografici dei vari discorsi pronunciati durante l’apertura dell’Anno giudiziario ce ne sono due importanti che il ministro della Giustizia farebbe bene a tenere da conto per ricordarsi che è quanto meno azzardato, in un paese dove tra l’altro una corrente della magistratura (Md) partecipa a un comitato referendario, sostenere che “non vi è più una questione giustizia che ricapitoli in maniera quasi paradigmatica il senso della crisi che il paese attraversa”.

Il primo discorso da incorniciare è quello del procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, magnificamente efficace sulla trasformazione e degenerazione dell’antimafia. “C’è stata forse una certa rincorsa all’attribuzione del carattere di antimafia, all’autoattribuzione o alla reciproca attribuzione di patenti di antimafiosità… Rincorsa che è servita anche a tentare di crearsi aree di intoccabilità, o magari a riscuotere consensi, a guadagnare posizioni, anche a fare affari e a bollare come inaccettabili eventuali dissensi o opinioni diverse… a questa rincorsa non si è sottratta quasi nessuna categoria sociale e, pur con tutte le cautele del caso derivanti dal rispetto per alcune indagini ancora in corso, forse neanche qualche magistrato”.

Il secondo discorso, se possibile ancora più efficace, e per questo dolcemente nascosto dai grandi giornali, è quello della nuova presidente della Corte d’appello di Firenze, Margherita Cassano, già consigliere della Corte di cassazione, che di fronte ai suoi colleghi ha fatto quello che difficilmente sentirete dire a un Orlando o a un suo collega di governo, mettendo sotto processo, con parole definitive, il metodo della gogna giudiziaria e il meccanismo del processo mediatico. La celebrazione del dibattimento a distanza di molto tempo dal fatto-reato produce un’alterazione della fisionomia complessiva del processo, attribuisce un’impropria centralità alla fase delle indagini preliminari… Parallelamente può favorire improprie forme di supplenza da parte degli organi di informazione mediante la celebrazione di pseudo processi mediatici che determinano un’impropria sovrapposizione tra la realtà e la dimensione virtuale, producono un’innegabile assuefazione emotiva con conseguente annullamento di ogni forma di pietas (…) e calpestano la presunzione costituzionale di non colpevolezza creando dei veri e propri mostri mediatici, vanificano il principio di pari dignità di ogni persona, solennemente affermato dall’articolo due della Costituzione”. Si potrebbe dire che nulla di tutto questo, in nome di una complicata pax giudiziaria, verrà denunciato dal governo, convinto che non vi sia più “una questione giustizia”.

Ma il dato più interessante è forse un altro. Lo Voi e Cassano, come si sa, sono stati scelti dal nuovo Csm alla guida della procura di Palermo e della Corte di appello di Firenze. E la domanda allora non può che essere naturale: e se la vera riforma della Giustizia fosse non quella annunciata ogni settimana dal ministero della Giustizia ma quella fatta dal Csm attraverso il lento e progressivo processo di nomine nelle procure? Il partito della nazione, sul tema giustizia, al governo spesso balbetta. Ma quando si parla di nomine l’impressione è che attraverso il Csm Renzi stia provando a costruire un altro Pdn, forse persino più efficace del partito: semplicemente la procura della nazione.  

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