Aste giudiziarie

Chi offre di più per il voto di Unicost sulla procura di Milano? Show delle correnti al Csm

di Redazione | 16 Aprile 2016 ore 06:18 Foglio

Roma. Lo spettacolo al Csm è impietoso, e Unicost, un tempo correntona centrista della magistratura organizzata, dà l’impressione d’aver messo all’asta il proprio determinante voto per la nomina del prossimo procuratore della Repubblica di Milano: chi offre di più? Il degrado spartitorio tra le correnti, opaco e non più motivato nemmeno da idee e da programmi importanti e seri, ha forse raggiunto lo zenit. Riassumiamo brevemente la faccenda. Dal 16 novembre 2015 la procura di Milano, forse l’ufficio giudiziario più importante d’Italia, è senza guida. Sono passati sette mesi da quando Edmondo Bruti Liberati ha lasciato il suo ufficio di procuratore della Repubblica. Finalmente, giovedì pomeriggio, la quinta commissione del Csm, quella che si occupa del conferimento degli uffici direttivi, ha espresso un primo voto: Francesco Greco ha ricevuto tre voti, uno lo ha ricevuto Alberto Nobili e uno lo ha ricevuto Giovanni Melillo. Tutti i consiglieri della commissione, laici e togati, hanno espresso la loro preferenza, tranne uno: il consigliere di Unicost, Massimo Forciniti, che, per ragioni inspiegabili, si è astenuto. E insomma, in attesa del plenum, che si terrà forse a maggio, tutte le altre correnti, tutte le lobby organizzate, adesso dovranno bussare da Unicost, la cui decisione può ribaltare gli equilibri: toc toc, che cosa volete in cambio del vostro voto al nostro candidato? Con quali e quanti altri uffici meno prestigiosi si può scambiare un voto per eleggere il procuratore della Repubblica di Milano?

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E forse mai prima d’oggi, per un incarico così importante, e nel contesto di una decisione che andava presa rapidamente e seriamente per il bene stesso della procura e della città, si era assistito a un così palese, smaccato, mercatino della preferenza. E dire che l’intero procedimento di selezione dei candidati era stato accompagnato, nel Csm, da una compunta e seriosa logica della trasparenza e del merito – le audizioni in commissione – tutto un meccanismo che a questo punto assume però un sapore beffardo. In sette mesi, tra curricula, audizioni, chiacchiere, pareri e relazioni, davvero Unicost non si è fatta un’idea di chi sia il candidato migliore? O forse, piuttosto, la verità è che non importa affatto chi sia il migliore, ma quello che conta sono gli scambi tra le correnti? Io ti do mezzo chilo di procuratori della Repubblica in provincia più tre etti di presidenti di sezione, e tu mi dai un procuratore della Repubblica a Milano.

Nuove regole sulle intercettazioni

 

Una mezza buona notizia è che il vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini, ha già avviato nella Settima commissione un lavoro di definizione delle linee guida sul delicato tema delle intercettazioni telefoniche. “L’obiettivo”, ha spiegato, “è quello di valorizzare le positive e innovative misure organizzative adottate dai procuratori Pignatone, Spataro e Colangelo”, cioè i procuratori di Roma, Torino e Napoli, “portandole a sintesi ed eventualmente integrandole con i contributi della commissione consiliare e dell’intero Csm”. E l’argine riguarda dunque la diffusione di informazioni personali non penalmente rilevanti. Ma è una “mezza” buona notizia, si diceva. A nessuno sfugge infatti, tantomeno a Legnini, che per effetto della legge 106 del 2006 l’autonomia d’azione del procuratore della Repubblica, nel suo ufficio giudiziario, è pressoché totale. E che insomma il Csm non ha nessuno strumento diretto che possa rendere vincolanti le sue circolari. Certo, il Csm può sanzionare il magistrato, indirettamente, in sede di valutazione professionale (o in sede di nomina direttiva). Ma niente di più. E comunque, come dimostra il caso di Milano, i criteri sono tutt’altri. Ci si può allora affidare alla sensibilità del singolo procuratore? Torino, Roma e Napoli farebbero ben sperare. Ma già la generica e striminzita circolare sulle intercettazioni approvata dalla procura di Firenze dimostra come le autolimitazioni possano diventare poco più che uno specchietto per le allodole. E allora? Solo la legge può. Il Parlamento ha approvato un ddl delega, il governo per ora l’ha messo nel cassetto. Ma chissà.

Categoria Giustizia

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