Destra e sinistra vengono sepolte nell'elezione del sindaco a Milano

C'è chi lo capisce e chi ancora non ci riesce. Nelle elezioni, i cittadini guardano all'uomo, dei partiti non vogliono sentir parlare.

 di Gianfranco Morra Italia Oggi 7.5.2016

C'è chi lo capisce e chi ancora non ci riesce. Nelle elezioni, i cittadini guardano all'uomo, dei partiti non vogliono sentir parlare. Destra e sinistra sono entrate nella Hall of Fame, in giro non si vedono più. Il premier Renzi, segretario del partito della sinistra, governa spesso con categorie della destra: meritocrazia, assunzioni a termine, fine dei contratti nazionali di lavoro, abolizione art. 18, scuola competitiva. Il pluridecorato, in campi diversi, Berlusconi, un tempo riscopritore della destra, non di rado strizza l'occhietto, insieme con Dudù e Francesca, ai luoghi comuni della sinistra: nozze gay, antindustralismo sulle trivelle.

Per fortuna c'è un luogo dove delle mitologie del vecchio mondo politico ci si sta liberando. E non a caso si tratta della più efficiente e produttiva città d'Italia. A Milano i conflitti politici e la lotta tra destra e sinistra sono stati accesi per un secolo dai partiti di massa: socialisti e popolari, il fascismo (nato a Milano, in piazza San Sepolcro), la Lega Nord e il M5S, che a Milano aveva la Mente.

Cose passate, come mostra la campagna per le elezioni comunali. Dove emerge il confronto tra due candidati, che certo dovranno ottenere i voti dei partiti, ma dei quali nessuno è un militante. I loro modelli non sono i politici Greppi o Bucalossi o Tognoli. Sono piuttosto gli ultimi due sindaci, Moratti e Pisapia, targati Fi e Sel ma piuttosto indipendenti. Come lo sono, ancora di più, a «sinistra» Giuseppe Sala (preferito alla politica Balzani) e a «destra» Stefano Parisi.

Dei quali stupisce la forte somiglianza del curriculum. Entrambi non hanno fatto direttamente politica, hanno sempre operato come manager di successo e come dirigenti del Comune di Milano. Due personalità che vengono definite «moderate», una definizione giusta se fotografa la mancanza di eccessi ideologici, senza escludere però l'efficienza e la decisionalità.

Ma un sindaco manager è un bene? Non è detto, ma neppure escluso. Ce lo mostra la graduatoria sul consenso ai sindaci delle grandi città italiane (ai primi due posti uomini appoggiati dal centrodestra, renziani i tre successivi). Primo è Perrone (Lecce), docente e politico; come Nardella (Firenze), al quinto posto. Secondo è un imprenditore, Brugnaro (Venezia), seguono due politici totali, Ricci (Pesaro) e Fassino (Torino). Con ogni probabilità Milano, capitale economica del Paese, avrà un sindaco con le sue radici nel mondo imprenditoriale. Dovrà inventarsi un mestiere difficile per tutti. Che richiede preparazione amministrativa ed esperienza operativa, ma anche capacità di farsi capire e apprezzare dalla opinione pubblica. Quale che sia, se sarà stata una scelta giusta, avremo modo di vederlo.

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