Che ci facevano quattrocento sindaci nella parata militare ai Fori Imperiali?

La sfilata militare infatti, in ogni paese del mondo, celebra una “parte” del Paese, la parte militare

 di Pierluigi Magnaschi Italia oggi 3.6.2016

Che ci facevano 400 sindaci nella parata militare del 2 giugno, in occasione della Festa della Repubblica, a Roma, in via dei Fori Imperiali? «Rappresentano il paese», ha detto sussiegosamente il ministro della Difesa, Roberta Pinotti che, come ha dimostrato anche in questo caso, preferisce rimanere nel vago, shakerando disinvoltamente i concetti, e ricavandone un fritto misto che, alla fine, non ha né capo né coda. Ma, in una parata militare, che ci sta a fare il Paese (si suppone l'intero Paese)? La sfilata militare infatti, in ogni paese del mondo, celebra una “parte” del Paese, la parte militare, appunto, che, non a caso, rende omaggio, sfilando, alle massime autorità istituzionali del Paese stesso. Le forze armate, nella parata militare, non solo rendono omaggio alle autorità dello Stato ma esibiscono anche i muscoli (tecnologici, ormai) a eventuali aggressori (un tempo erano solo dei Paesi; adesso sono anche forze terroristiche) facendo loro sapere che esse sono addestrate per far fronte a ogni evenienza, non certo auspicata, ma purtroppo sempre possibile. La sfilata militare inoltre costituisce il pubblico riconoscimento di una componente dello Stato che ci deve essere ma che tutti auspichiamo non debba mai essere utilizzata. Ma, proprio per questo, ha bisogno (almeno una volta all'anno) di essere pubblicamente e solennemente riconosciuta dagli italiani come forza possente e silente, oltre che utile alla Comunità nazionale e di cui l'opinione pubblica, alla quale è esibita, deve essere orgogliosa.

Se si volevano far sfilare 400 sindaci, com'è poi avvenuto, la «parata militare» doveva essere chiamata, per essere chiari, «sfilata repubblicana». Ma se quella che ieri mattina la Rai ci ha scodellato nei nostri salotti non era una sfilata militare ma un sfilata repubblicana, allora, perché sono stati fatti sfilare solo i sindaci, come se solo loro rappresentassero l'intero Paese? A partecipare alla sfilata repubblicana, se di questo si trattava, avrebbero avuto infatti avuto diritto di partecipare anche i rettori delle università, i rappresentanti degli ordini professionali (dai commercialisti ai medici, per non parlare degli avvocati e degli ingegneri). E chi avrebbe potuto avere il coraggio di depennare dalla sfilata repubblicana, i sindacati, gli operai e gli studenti e le organizzazioni dei produttori (dalla Confindustria alla Coldiretti)?

Nell'aver voluto mischiare la parata militare con la sfilata comunale (perché chiamarla repubblicana o civile sarebbe stato comunque troppo) si è conseguito un risultato ridicolo anche perché i sindaci, essendo stati messi in testa al «corteo» (va bene, detto così?), avanzavano confusamente, con un portamento rassegnato o sfacciato (non certo volitivo), messi com'erano a capo di una manifestazione marziale, fatta di passi ritmati, bande, fanfare, grugniti di motori al minimo e scalpiccii di cavalli, alla quale erano chiaramente estranei, immiseriti nel loro abiti civili e nei loro passi stracicasti, davanti ai militari che invece si sono lungamente preparati per esibirsi in quest'occasione, avendone anche l'età oltre che il physique dû role, per non sfigurare.

Ma il percorso che ha portato a questo fritto misto indecoroso (che ridicolizza, insieme, le Forze armate e le municipalità) non è cominciato con la Pinotti. Viene da lontano. Primo, per reazione al militarismo aggressivo del fascismo anche se, subito dopo la Liberazione, le armi erano già state giustamente lodate e ritenute di nuovo utili in mano ai partigiani che infatti, alla fine della guerra, hanno sfilato con le armi in pugno, guardandosi bene dal consentire di sfilare, con loro, i sindaci (o, in genere, quella che si dice essere la società civile). L'altro motivo di disprezzo organizzato e sistematico della Forze armate, esploso in forma virulenta dopo il 1948, era in omaggio alla smilitarizzazione del Paese voluta dal Pci che vedeva, nelle forze armate italiane inquadrate nella Nato, un ostacolo rispetto ai disegni egemonici espressi dall'Urss e dai paesi del Patto di Varsavia ai quali il Pci era alleato e robustamente finanziato.

La Costituzione italiana (art. 11) parla però chiaro. Rifiuta la guerra di aggressione ma prevede la possibilità della guerra di difesa nei confronti di eventuali aggressori. Se la Costituzione rifiutasse per principio la possibilità di una guerra, anche se di difesa, vorrebbe dire che le Forze armate sono abusive e quindi, non solo non dovrebbero essere fatte sfilare per il 2 giugno, ma dovrebbero anche essere sciolte con un provvedimento d'urgenza. Ma le cose non stanno così. La Svizzera, tanto per fare un caso pertinente al riguardo, è un paese, non solo pacifico ma anche pacifista, che non fa una guerra da secoli, né la minaccia a nessuno, ma che, per difendersi, nel caso qualcuno volesse aggredirla, dispone di forze che sono armate fino ai denti e che, proprio per questo e per la loro capillarizzazione in tutte le valli, dissuasero persino Hitler (che pure ce ne aveva voglia) dall' invaderla quando la Germania aveva occupato tutti i paesi europei da essa raggiungibili.

La smilitarizzazione della parata militare è avvenuta gradualmente. Con la scusa che i Fori imperiali attraversano una zona archeologica delicata (ma, se si voleva, la sfilata la si poteva fare anche in un altro posto) furono gradualmente tolti dalla manifestazione militare, prima i missili, poi i carri armati, poi i cannoni e i mezzi da sbarco, quindi le autoblindo. Si attuò (con il compiacimento del Pci e il pieno disinteresse del pentapartito) un graduale e perciò non visibile processo di spoliazione della filata militare considerata indecente agli occhi di forze politiche che, nel frattempo, anche grazie al crollo del muro di Berlino, erano cambiate ma che non erano in grado (o non avevano voglia) di sospendere la deriva che progressivamente smilitarizzava non solo la sfilata militare ma anche gli stessi militari, sollevandoli, ad esempio, dall'obbligo di portare la divisa fuori dalla caserme. Essi erano, in tal modo, resi invisibili anche alla società civile, quando invece in altri paesi, non certo bellicosi, la sola presenza sulle strade di militari in divisa (anche se non in servizio) viene considerata, di per se stessa, un elemento che aumenta la sicurezza.

 

I nostri militari, mentre perdevano i segni della loro forza (sono ormai come dei cardinali in canottiera), venivano anche progressivamente inquinati, nella sfilata militare nazionale, dalla partecipazione di altre rappresentanze che, con le forze armate, c'entrano un tubo. Come, ad esempio, i vigili urbani, le guardie forestali , quelle carcerarie e via dicendo. La ciliegina adesso è rappresentata dai sindaci che, con la loro partecipazione, hanno sancito la fine della parata militare che ci si augura, a questo punto, sia abolita, in omaggio alla chiarezza.

 

Il passo successivo potrebbe essere quello di mandare i sindaci in Libia. Potrebbe essere un'idea per la Pinotti che, oltre tutto, su questo tema, si è dimostrata indecisa a tutto, annunciando, prima la nostra partecipazione indicando anche il numero e la tipologia di soldati che sarebbero stati impiegati, poi negandola, poi ancora dicendo che potrebbe essere fatta, ma... Con i sindaci in Libia, l'operazione non sarebbe né bellica e nemmeno di keep peacing. Ma solo di peace. Eterna.

Pierluigi Magnaschi

Categoria Italia

Solo gli utenti registrati possono commentare gli articoli

Per accedere all'area riservata