L’innaturale Renzi

Un paese impigliato nel reticolo dei suoi conservatorismi e dei suoi moralismi che gridano onestà-tà

di Giuliano Ferrara | 20 Giugno 2016 ore 18:47 Foglio

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Adesso si porta la crisi del renzismo e di Renzi. Comprensibile. I ballottaggi per lui non sono stati proprio una manna biblica. L’Italia è ricca di cinismo e strafottenza. Come ha twittato Gaetano Rossini: amano chi promette il cambiamento, non perdonano a chi lo fa. Tuttavia è lecito domandarsi: ma che tipo di logica è quella del renzismo oggi in crisi e che spazio e significato ha in Italia e in Europa? Per venire subito alla sostanza, alla difficoltà, alla crisi. E’ inutile star lì a discettare sul tripolarismo e sulla nascita del populismo trasversale, sulla rottura del patto del Nazareno che era stato fondativo della natura e del ritmo di cambiamento impresso da Renzi al governo con le due riforme istituzionali (elettorale, costituzionale), sulla ripresa lenta e sul logoramento veloce del messaggio rottamatorio e generazionale, sull’esistenza di un pool di giovani amici del capo a Palazzo Chigi senza apprezzabili riscontri di classe dirigente visibile e attiva nelle città e nelle regioni. Tutto questo conta. Ma non è il dunque della faccenda.

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Renzi offre attivismo riformista, errori a parte, a un paese impigliato nel reticolo dei suoi conservatorismi e dei suoi moralismi che gridano onestà-tà-tà, e che saldano i diversi interessi lesi dalle politiche di mercato aperto che, con molta prudenza, con molte riserve, il governo sostanzialmente abbraccia e fa sue. Ha contro di sé un sacco di gente, a parte la solita marmaglia sottoculturale, ideologica, che ha rovesciato, come ha notato Francesco Verderami, l’antiberlusconismo nell’antirenzismo, ora anche con il contributo diretto di quel che resta del centrodestra e delle retoriche grilline, perché ha bisogno del nemico assoluto che unifica. I media sono come sempre il collante della reazione al fenomeno nuovo, il tratto distintivo e baldante della finta autonomia dal potere (a parte, naturalmente, gli eccessi di zelo di qualche servitore, e le ambiguità opportunistiche di qualche gruppo editoriale).

Il tutto è innaturale, anche nel contesto europeo. In Francia il piccolo-mitterrandiano Hollande ci ha provato, passando dall’ortodossia al governo virtualmente liberale Valls-Macron, ma non si schioda dal 13 per cento di approvazione nei sondaggi ed è investito dalla resistenza sociale e dai casseur. In Inghilterra il Labour ha rinunciato a disegni di governo e riforma, e recita le sue filastrocche leftist con Corbyn. In Spagna il Psoe gareggia con Podemos e rischia perfino di finire sotto nelle elezioni politiche generali, e anche lì il vecchio bipolarismo è un ricordo. In Germania la socialdemocrazia si ripara sotto le vaste ali di Frau Merkel, finché dura, con risultati di autocancellazione strategica. In Grecia è da tempo che la sinistra ha cambiato cavallo, e Siryza governa il disastro con maggiore o minore pragmatismo, sotto la ferula del Fondo monetario e della Commissione di Bruxelles. Solo in Italia è ancora aperto, e vedremo come andrà con il referendum istituzionale, l’orizzonte di un partito di centrosinistra alla guida del governo con una cultura di riferimento e una strategia di riforme aperte alla globalizzazione. Innaturale e perciò interessante, appunto.

Categoria Italia

COMMENTI

Carlo 11 • 3 ore fa

"Amano chi promette il cambiamento, non perdonano a chi lo fa". Grande verita' e ci siamo. Roma e' qui pronta alla dimostrazione. A volte perdere e' una mezza vittoria.

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Moreno Lupi • 3 ore fa

Al direttore - Il solito godibile Giuliano Ferrara. Cinismo e strafottenza, giusto. Ci hanno permesso di sopravvivere dalla fine del "Civis romanus sum", ma non sono gli strumenti adatti per sopravvivere nel mondo della globalizzazione. Al di là delle Alpi e del Mare nostrum , non funzionano. Continuare ad usarli per le lotte interne di potere, diventa autolesionismo. Poetiamo: le mie fonti d’informazione mi fanno sapere che al Comitato Centrale dei 5S hanno valutato i risultati dei ballottaggi. Stanno discutendo, poiché tutto sommato, hanno raccolto voti da destra a sinistra, dal sotto e dal sopra, non convenga puntare sull’Italicum: “O a Napoli in carrozza o nel bosco a far carbone”. Nell'ottobre brillano le stelle. Già, la paura che possano giocare quella carta, sarà l’unico motivo per apportarvi variazioni. La più accettabile da tutti, M5S escluso, è quella di ripristinare il premio di maggioranza alla coalizione che abbia raggiunto almeno il 40%. Facciamo il 43? Si ritorna ad un Ulivo bipartisan? Nel 2008 il Cdx raggiunse il 46,31%. Non bastò. Appunto: cinismo e strafottenza. In alternativa un Mattarellum addomesticato, il vantaggio sarebbe che quel sistema non prevede ballottaggi. Beh, intanto portiamo pazienza e sorbiamoci il teatrino degli approfondimenti. Per quanto udito finora, nessuno si schioda dal suo “particulare”.

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