TORINO, ABBIAMO UNA BANCA! - VISTO CHE 11 ANNI FA IL BUON FASSINO DA SEGRETARIO DEL PD LO CHIEDEVE A CONSORTE

SE IL PARTITO AVESSE CONQUISTATO BNL CON UNIPOL, ADESSO CHI HA BATTUTO FASSINO SI VUOL PRENDERE LA COMPAGNIA DI SANPAOLO E QUINDI INTESA E PURE LA FONDAZIONE CRT E QUINDI UNICREDIT

Andrea Montanari per Milano Finanza, Dagospia 21.6.2016

Prendendo le chiavi della città di Torino non si assume solo potere politico, ma anche economico e finanziario. Lo sa bene il neo-sindaco Chiara Appendino: mettere il cappello sulla fondazione significa aver un ruolo di peso in Intesa Sanpaolo, la prima banca del Paese. Ma il Comune può intervenire anche su Cassa Torino e quindi su Unicredit e Iren... - -

Prendendo le chiavi della città di Torino non si assume solo potere politico, ma anche economico e finanziario. Lo sa bene il neo-sindaco Chiara Appendino del Movimento 5 Stelle, eletto al ballottaggio sconfiggendo il primo cittadino uscente, Piero Fassino, del Pd. Perché il Comune ha influenza significativa sui destini, e soprattutto sui vertici, non solo delle controllate quali la società di trasporti Gtt o la società che gestisce l’aeroporto di Caselle, Sagat.

Ma consente al primo cittadino di entrare nella stanza dei bottoni delle due principali banche italiane, Intesa Sanpaolo  e Unicredit . Perché l’ente locale ha un peso rilevante in termini di nomine nella Compagnia di Sanpaolo  e nella Fondazione Crt.

E se quest’ultima ha visto calare nel tempo la proprio quota in Unicredit  dal 14,5% del 2000 all’attuale 2,5%, la Compagnia di Sanpaolo  è il primo azionista di Intesa  con il 9,3%. Una partecipazione che rappresenta il 59,7% del portafoglio (7,7 miliardi) dell’ente presieduto da Francesco Profumo.

Ed è per questa ragione che la 31enne imprenditrice, laureata all’Università Bocconi di Milano, figlia di Domenico Appendino, vicepresidente esecutivo di Prima Industrie  (fa riferimento a Gianfranco Carbonato, presidente di Confindustria Piemonte), ha voluto subito mettere in chiaro quale sarà la sua visione in merito alla fondazione.

«Non ho condiviso l’assetto delle nomine fatte nelle ultime settimane dal mio predecessore. Per questo nel regolamento della città di Torino introdurremo, come prevede il nostro programma, il semestre bianco in base al quale negli ultimi sei mesi del suo governo il sindaco non potrà fare nomine», ha detto sibillina la Appendino che non ha condiviso neppure la scelta fatto dalla Compagnia di Sanpaolo  di incrementare di 400 mila euro i fondi stanziati a favore dei vertici. Nomine, in particolare quelle del presidente Profumo (l’ex ministro era in precedenza il numero 1 della multiutility Iren) che già durante la campagna elettorale aveva schierarsi tutti gli sfidanti contro Fassino e la nomina-lampo.

A dimostrazione che il tema è caldo, ieri è arrivata la replica della Compagnia che ha precisato come solo quattro dei 17 componenti del consiglio generale vengano indicati da istituzioni politiche elettive. In particolare, il Comune di Torino indica due consiglieri. E tradizionalmente, anche se non vi sono riferimenti nello statuto, il presidente è stato scelto tra i membri designati dall’ente pubblico locale. Mentre sul tema dello stanziamento dei 400 mila euro, la Fondazione è stata netta: «L’ipotesi di accantonamento nel budget è stata formulata per promuovere l’attivazione di organi tecnici e comitati scientifici».

Da questo scambio di battute che ruotato attorno al futuro del presidente Profumo e sugli assetti dell’ente, ruotano indirettamente su quelli di Intesa , si capisce che il movimento pentastellato di Beppe Grillo guarda con interesse al campo bancario e finanziario. Anche perché come detto il Comune di Torino ha la facoltà di indicare anche alcuni dei membri del consiglio d’indirizzo dell’altro ente, la Fondazione Crt presieduta da Antonio Maria Marocco socio di quella Unicredit che è in attesa di conoscere il nome del nuovo amministratore delegato.

Tra l’altro, per uno strano incrocio del destino, era stato lo stesso Fassino, all’epoca dei fatti (2004-2005) segretario del Pd, a finire al centro di una telefonata, intercettata e poi pubblicata da Il Giornale il 31 dicembre del 2005, nella quale, in merito al tentativo di acquisto di Bnl da parte di Unipol , chiedeva al top manager del gruppo assicurativo di Bologna, Giovanni Consorte, «allora siamo padroni di una banca?».

Ma restando sempre a Piazza Affari, la Appendino oltre che sulla Centrale del Latte di Torino (il Comune ha il 20% della Finanziaria che controlla il 51% del gruppo quotato), terzo player del settore dopo Parmalat  e Granarolo dopo la fusione con la Centrale del latte di Firenze, Livorno e Pistoia (Mukki), potrebbe intervenire su Iren, partecipata al 35,96% pariteticamente al Comune di Genova attraverso la holding Fsu. E proprio ieri la multiutility ha perso il 5,2% in borsa, anche per lo stacco cedola (al municipio torinese ha fruttato circa 16 milioni d’incasso).

La Appendino ieri dopo una iniziale presa di posizione sulla società («non ho condiviso quelle nomine», ha detto in riferimento anche al presidente Paolo Peveraro il cui mandato scadrà nella primavera del 2019) ha corretto il tiro specificando che «la nomina di una società quotata avviene attraverso l’assemblea dei soci e quindi è svincolata da un atto amministrativo in capo al sindaco. Tra l’altro nel caso di Iren, c’è un patto di sindacato che riunisce i 74 comuni azionisti che designa congiuntamente i consiglieri e propone la nomina del presidente.

Categoria Italia

Solo gli utenti registrati possono commentare gli articoli

Per accedere all'area riservata