Infanzia rubata. In Italia sono sempre di più i bambini e gli adolescenti che si prostituiscono

Ci sono casi legati al degrado, dove le famiglie spingono i più piccoli a vendersi. Altre volte è la povertà “valoriale” degli adolescenti e l’interesse insano per denaro e beni di consumo. Senza dimenticare i minori stranieri sfruttati dalla criminalità. A prostituirsi anche tanti maschi

di Marco Sarti 21 Luglio 2016 - 09:22

«Nel nostro Paese, in condizioni e per motivi diversi, si prostituiscono minori sia italiani che immigrati, rom e stranieri non accompagnati, tanto maschi quanto femmine». La presidente della bicamerale per l’infanzia e l’adolescenza Michela Vittoria Brambilla lancia l’allarme. Dopo due anni di lavori e diciotto audizioni, la commissione ha approvato all’unanimità il documento conclusivo dell’indagine conoscitiva sul fenomeno. Il risultato è drammatico. La prostituzione di bambini e adolescenti è in netta crescita. Ci sono giovani costretti a prostituirsi dalla famiglia, alle prese con situazioni di povertà e degrado. Ma anche ragazzine che vendono il proprio corpo per poter acquistare «capi firmati e smartphone di ultima generazione». Senza dimenticare le tante vittime della tratta, minori arrivati in Italia seguendo i flussi migratori e sfruttati dalle organizzazioni criminali.

Impossibile avanzare numeri precisi. Dopo il lungo lavoro anche la commissione si arrende all’evidenza. «Appare assai difficoltoso avere delle stime realmente aderenti all’entità del fenomeno - si legge nell’indagine - Infatti, la prostituzione e lo sfruttamento sessuale minorile avvengono generalmente in una dimensione di occultamento e di difficile visibilità». È dello stesso avviso la nuova garante per l’Infanzia Filomena Albano, intervenuta pochi giorni fa alla presentazione del documento. «Il non emerso è consistente, ecco perché vanno incentivate segnalazioni e denunce». Bambine, adolescenti, ma anche ragazzi. La commissione punta l’accento su un aspetto ancora sottovalutato, quello della prostituzione maschile. Una realtà sempre più presente nel nostro Paese, con particolari caratteristiche. «Rivolta a clienti italiani uomini, essa è esercitata da adolescenti o neo maggiorenni provenienti soprattutto dall’Europa dell’Est, in particolare dalla Romania e dalla Moldova, e in misura inferiore dal Maghreb».

La prostituzione minorile è un fenomeno complesso. E spesso si presenta attraverso tipologie lontanissime tra loro. I parlamentari individuano tre diverse realtà. Anzitutto c’è la prostituzione che nasce nella povertà. «Contesti familiari gravemente disagiati, in special modo sotto il profilo economico, ove spesso è la stessa famiglia ad instradare il minore verso la prostituzione». Altre volte è la povertà “valoriale” delle famiglie a generare queste vicende. Realtà anche solide, dal punto di vista finanziario. Borghesi e insospettabili. «Famiglie che finiscono per il veicolare messaggi distorti legati per lo più all’apparire, contribuendo alla normalizzazione di alcune condotte dei minori caratterizzate da un interesse insano nei confronti del denaro». Qui nascono le percezioni deformate dello scambio tra prestazioni sessuali e beni di consumo. Ed è proprio in relazione a questi casi che più frequentemente si sviluppano i fenomeni di sexting e della prostituzione minorile legata alla rete e ai social network. Insomma, relativamente ai minori italiani, il fenomeno della prostituzione riguarda due realtà molto lontane. Da un lato in famiglie con difficoltà economiche e luoghi di degradati e abbandonati. Tanto che ormai ci sono minorenni indotti a prostituirsi dalle loro famiglie in cambio della spesa. «Dall’altra parte - scrive la commissione - vi sono coinvolte famiglie più o meno benestanti, con minorenni che si prostituiscono per poter accedere a beni voluttuari, di lusso e/o superflui (capi firmati, smartphone di ultima generazione, e così via)». Ma c’è anche un terzo tipo di prostituzione minorile, che riguarda principalmente i bambini e gli adolescenti stranieri. È quella legata ai flussi migratori, specie dall’Europa dell’Est e dai paesi africani, ma interessa «anche rom, sinti e caminanti, che finiscono con l’essere vittime di circuiti di sfruttamento da parte di organizzazioni criminali».

La commissione bicamerale ha svolto anche una ricognizione territoriale. Ogni parte d’Italia ha le sue specificità. E così il procuratore aggiunto presso il tribunale di Roma, Maria Monteleone, ascoltata in audizione ha raccontato che nel Lazio si è registrato un importante incremento delle notizie di reato in tema di prostituzione minorile. «In particolare - si legge nel documento - nel 2010 sono stati iscritti 35 nuovi procedimenti penali; nel 2011 ne sono stati iscritti 53; nel 2012 c’è stato un calo a 31 iscrizioni e, successivamente, nel 2013 vi è stata una significativa impennata essendone stati iscritti ben 62». Una crescita continua, che ha portato a 191 casi solo nel 2014. «Il dato significativo è che tra il 2012 e il 2014 vi è stato un incremento nella iscrizione di nuove notizie di reato pari al 516 per cento». Dal Lazio alla Lombardia. Il presidente del Tribunale per i minorenni di Milano Mario Zevola ha spiegato in audizione come il fenomeno sia profondamente sommerso, difficilmente inquadrabile, almeno in termini di entità. «In Lombardia il fenomeno emerso riguarda in particolari giovani ragazze straniere provenienti in prevalenza dalla Nigeria, dalla Romania o dall’Albania, oggetto di tratta e il più delle volte ridotte in schiavitù». Gustavo Sergio, presidente del Tribunale per i minorenni di Napoli, ha illustrato alla commissione la situazione campana. Per quanto riguarda la prostituzione minorile “da tratta”, in questo territorio il fenomeno riguarderebbe principalmente adolescenti della fascia d’età 16-17 anni. «La prostituzione da povertà, che riguarda italiani e stranieri, coinvolge anche soggetti minorenni. Secondo l’ufficio minori della Polizia Municipale di Napoli, nell’arco di un anno sono stati segnalati solo una decina di ragazzi che si prostituivano, soprattutto di nazionalità rom/rumena, rari i casi di magrebini o sub-sahariani».

Di fronte al fenomeno generale, la commissione indica alcune linee di intervento. Sottolineando la necessità di adottare “una strategia integrata”. È necessario un vero e proprio patto tra i vari soggetti istituzionali coinvolti a vario titolo, come racconta Donella Mattesini, una delle relatrici. È la presidente Michela Vittoria Brambilla a spiegare, durante la presentazione dell’indagine, la strada da perseguire. «Abbiamo il dovere di mettere in campo azioni forti sul fronte della prevenzione, della formazione, del sostegno alle vittime e alle loro famiglie, della protezione dei minori intesa nel senso più ampio come “restituzione” di opportunità di vita negate ai soggetti più deboli».

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