“Meglio essere infelici e non fare un ca**o tutta la vita”. Grillo spiega il reddito di cittadinanza

Per il leader del M5s, per "rimettere al centro l'individuo invece che il mercato" bisogna lavorare meno, lavorare in pochi, ma guadagnare di più. La proposta di finanziare l'ozio.

di Redazione | 10 Agosto 2016 ore 16:52

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Lunedì sera, a San Vincenzo, in Toscana, Beppe Grillo, durante il comizio con Alessandro Di Battista, ha spiegato bene il senso di una delle proposte chiave del Movimento 5 stelle: il reddito di cittadinanza, che consisterebbe nel garantire un sussidio a chi è disoccupato, inoccupato, pensionato o a basso reddito fino al raggiungimento della soglia di 780 euro al mese. Perché serve il reddito di cittadinanza? Perché non si può lavuràr così tanto. “Sta andando avanti – ha detto il comico genevose – una rivoluzione che noi non percepiamo perché ci siamo dentro. Siamo a cavallo di due sistemi. Uno (di questi è quello) della globalizzazione di qualsiasi cosa che è imploso su se stesso. Abbiamo il dovere di immaginarci un mondo in un altro modo che non sia quello del lavuràr, del lavuràr, del lavuràr. Oggi ho sentito l’amministratrice delegata di Google (Yahoo, ndr) dire che la vera felicità è lavorare 70-80 ore a settimana. Ma la vera felicità per quel mondo lì gliela lascio! Preferisco essere un infelice e non fare un cazzo tutta la vita. C’è una via di mezzo. Ecco perché noi abbiamo in programma il reddito di cittadinanza. Diamo la possibilità di mettere al centro l’individuo invece che il mercato, il mercato del lavoro!”.

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Dalle parole di Grillo, dunque, emerge con chiarezza che il senso del reddito di cittadinanza è facile da spiegare: non esiste che il salario sia legato alla produttività, bisogna invece lavorare un po’ meno tutti, o anche non lavorare, e guadagnare tutta la vita senza fare un tubo. Non lavorare meglio, lavorare tutti, guadagnare di più. Ma semplicemente lavorare meno, lavorare in pochi, guadagnare di più. Non un reddito di cittadinanza, come lo intendeva Milton Friedman,  dunque, ma un trattamento assistenziale per finanziare l’ozio e non fare più un cazzo per tutta la vita. Sempre meglio che lavuràr.

Categoria Itlia

Commenti

sandro rocchi • un'ora fa

bhe non è che sia proprio questa la spiegazione. Purtroppo l'idea è anche profonda e a suo modo "filosofica", peccato che per attuarla occorra il mitra..

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Paolo Carcano • 2 ore fa

La vera emancipazione è dal lavoro, non del lavoro, il lavoro è una schiavitù volontaria anche quando è ben retribuito perché molto raramente corrisponde alla vocazione professionale. Dopo l'illuminismo newtoniano delle scienze e quello democratico della politica serve oggi un illuminismo del lavoro, che ci affranchi dalle superstizioni fantozziane dell'impiego: tale obiettivo di fuoriuscita dell'Arbeiter dal suo stato di minorità lavorativa è stato già raggiunto dai paesi del Golfo grazie alle proprie risorse naturali che consentono ai cittadini veri e propri di godere delle loro ricchezze senza lavorare ma soltanto investendole in iniziative profittevoli. Ma noi che siamo con scarse risorse e che siamo cattolici, cioè abbiamo in odio l'iper-capitalismo protestante dei tedeschi e degli anglosassoni, non troviamo altra strada per liberarci dal lavoro che ricorrere alle ricette marxiste che promettono a ciascuno secondo le proprie necessità e da ciascuno secondo le proprie capacità, senza nemmeno passare dai turni tripli del compagno Stakanov. Oggi siamo grillini per lo stesso motivo per cui 40 anni fa eravamo comunisti, ovvero perché abbiamo creduto che quell'ideologia fosse una teoria di liberazione dal lavoro, mentre era al contrario una pratica di liberazione attraverso il lavoro, ovvero di passaggio da una schiavitù all'altra, secondo la medesima logica hegeliana che campeggiava sulla porta di Auschwitz: Arbeit macht frei! Il grillismo non ha tali ascendenti filosofici, vola molto più in basso e vede nel virtuale il probabile strumento di liberazione graduale dal lavoro, tuttavia lo sviluppo tecnologico da solo è insufficiente a supplire alle risorse necessarie per la vita, che potremo sperare di recuperare solo quando ogni comunità regionale potrà disporre in pieno del proprio gettito fiscale: questo è il principio di dare a ciascuno il suo, secondo una giustizia distributiva che proprio il marxismo ha da tempo cassato in Italia in nome di una giustizia egualitaria che pretende invece di dare a ciascuno l'altrui, come nella questione antica dei rapporti fra Nord e Sud e di quella nuova fra italiani ed immigrati. Proponiamo allora: reddito di cittadinanza sì, ma solo a chi passa un esame rigoroso di cittadinanza, chi invece non conosce le leggi, la storia e la letteratura italica sia declassato a cittadino di serie B, così non si potrà più dire che studiare non serve a niente.

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silvano de lazzari • 2 ore fa

Grillo lo ha detto più volte: il reddito deve essere slegato dall'attività produttiva. Se gli domandi come lo finanzia, ti risponde che in un modo o nell'altro (quali?) i soldi si trovano. Sono queste le parole che aveva pronunciato durante uno dei suoi tour elettorali. Non c'è che dire: chiarezza d'intenti e di azione. Si salvi chi può!

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guido valota • 3 ore fa

Sai che novità, è esattamente quello che hanno fatto tutti i governi italiani dal 1946 a oggi per i loro elettori, solo che lo dicevano in politichese invece che in itaglianese. Adesso che comandano, anche i grillini esigono la loro parte del malloppo. Comunque con questo programma si beccano l'80% alle prossima politiche, fotografando la proporzione 80/20 esistente in Italia tra i mantenuti e quelli che pagano.

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