«Caro Caldarola, anche a destra ci definiamo socialisti»

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I fratelli Stefania e Bobo Craxi.

16 Agosto 2016, Lettera43

Gentile direttore,

ho letto senza grandi sorprese la riflessione di Peppino Caldarola “La falsa idea degli ex Psi di destra: dirsi socialisti” e, ancora una volta, ho ritrovato tra le righe il vecchio vizio di certa sinistra sempre intenta a voler rilasciare patenti di legittimità a chicchessia senza mai interrogarsi sulle proprie.

Gli errori dovrebbero indurre alla saggezza.

Ma se non si giunge a questa condizione, nonostante la moltitudine di sbagli che accompagnano l’epopea degli eredi delle Frattocchie, vi è qualcosa di perverso su cui consiglierei di indagare.

Il mantra dei socialisti buoni e giusti che stanno a sinistra e di quelli brutti e cattivi che stanno a destra ha accompagnato tutto il corso della Seconda Repubblica senza generare una sana e produttiva riflessione, avviata in casa socialista già ai tempi di Rimini 1982, su cosa sia e su quali valori e interessi debba rappresentare una moderna sinistra di governo.

Che questa incapacità e che l’assenza di una seria pratica revisionista all’interno della sinistra post-comunista abbia provocato nocumento alla stessa è sotto gli occhi di tutti.

Se pertanto sul piano puramente filosofico la riflessione di Caldarola può essere considerata pregnante, le sue affermazioni cozzano con la storia e con la realtà.

Non c’è dubbio che la tradizione del socialismo riformista e democratico sia la miglior esperienza, seppur minoritaria, che la sinistra italiana nel suo complesso abbia conosciuto.

Ma quella cultura, la cultura di Nenni e Turati, fu maggioritaria nel Psi solo con quel Craxi con cui una sinistra vecchia e nuova non ha inteso e non intende fare in pieno i conti.

Perpetuare il tentativo maldestro di voler rilegare la sua parabola come parte marginale nella storia del socialismo italiano e non comprendere, o peggio, sminuire le ragioni per cui la stragrande maggioranza di un popolo ha inteso guardare a un’area politica diversa nasconde tanta malafede oppure disturbi della memoria.

Considerare la vicenda umana e politica di tanti socialisti che hanno inteso reagire ribellandosi innanzi a una ingiustizia, allo scempio del diritto e della ragione, all’uso politico della giustizia, alla magistratura militante e al giustizialismo di maniera come un semplice cambio di casacca ha poi del grottesco.

Non si tratta né di alibi né di vittimismi. È la verità dei fatti.

Com’è un fatto che la sinistra post “mani pulite” ha espulso il socialismo riformista e democratico dal suo orizzonte per abbracciare tutt’altra non-cultura.

Ovviamente, nessuno dei padri socialisti aveva simpatie per la destra del tempo. Ma di certo non ne avrebbero avute per questa sinistra di oggi senza storia e senza futuro.

Io, come Brunetta o Parisi, al pari di tanti altri, continueremo a chiamarci orgogliosamente socialisti e a rivendicare, a giusta ragione, una storia che non appartiene e che non vuole questa sinistra.

Lo faremo con con buona pace di chi, attardandosi in elucubrazioni mentali, ancora una volta non comprende la lezione di Craxi e la cultura del riformismo socialista, per cui il confronto è su fatti e idee e non su bandiere e divise.

Stefania Craxi

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