Centrodestra, il ritorno sulla scena di Giulio Tremonti

I contatti con Parisi. Gli intrecci con le mosse di Maroni. E i malumori leghisti. Tremonti tesse la sua tela. Torna l'asse del Nord nel nome del federalismo?

di Alessandro Da Rold | 23 Agosto 2016 Lettera43

C'è uno spettro che si aggira attorno al nuovo centrodestra che sta plasmando Stefano Parisi, incaricato da Silvio Berlusconi di rivoluzionare Forza Italia e trovare un accordo con la Lega di Matteo Salvini e Roberto Maroni.

Si chiama Giulio Tremonti, il senatore di Gal nonchè ex ministro dell'Economia e membro della commissione permanente sul federalismo, che in questa estate ha rilasciato diverse interviste, senza mai attaccare il governo di Matteo Renzi ma contestando la riforma costituzionale.

SECCO NO AL REFERENDUM. Tremonti ha già annunciato di votare no al referendum, ha avuto diversi screzi con il presidente del Consiglio sulla politica europea, ma allo stesso tempo continua a rimanere in disparte senza troppo apparire.

Eppure negli ultimi mesi ha spesso presenziato a incontri con gli altri protagonisti del centrodestra. E rimane un economista conosciuto e stimato in Italia ma soprattutto all'estero.

Per questo motivo, in tempi in cui la finanza internazionale inizia a rumoreggiare in vista del referendum sulle riforme, sono in tanti in quell'area a chiedergli consigli su come muoversi a livello di diplomazie economiche europee.

IL PRANZO CON LUPI E PARISI. Tremonti c'è, nonostante i cattivi rapporti con Renato Brunetta, il capogruppo degli azzurri a Montecitorio.

Prima delle Amministrative di Milano, al ristorante la Rosa Nera in via Solferino il professore si è seduto intorno al tavolo con l'ex leader della Lega Umberto Bossi, l'ex ministro ai Trasporti Maurizio Lupi, il senatore Gabriele Albertini e il candidato poi sconfitto Parisi.

L'occasione è stata ricordata da Bossi in una recente chiacchierata con l'agenzia Adnkronos, dove il vecchio capo leghista ha ribadito la sua fiducia nell'uomo scelto da Berlusconi per quanto riguarda Forza Italia, sottolineando però che l'importante saranno i programmi in vista di possibili alleanze con la Lega, un partito diviso tra Maroni e Salvini, sempre più ai ferri corti.

E il punto di accordo potrebbe essere un ritorno alla battaglia per il federalismo fiscale.

Nessuno strappo tra Maroni e Salvini, per ora

Il governatore lombardo non vuole strappi al momento.

Nè sembra volerne 'l'altro Matteo' che continua a rimandare possibili fratture.

Di sicuro Maroni intende nei prossimi mesi rafforzare la propria corrente interna al movimento padano, aspettare l'esito del referendum costituzionale, guardare cosa bolle in pentola nel centrodestra ben sapendo che il congresso a dicembre per sostituire il segretario del Carroccio slitterà.

CONGRESSO VERSO LO SLITTAMENTO. Ormai è sicuro che Salvini rimarrà ancora in sella alla segreteria nel 2017, anche per meglio affrontare lo scoglio del referendum, evitando così spaccature.

Ma il malumore avanza. Perché al netto delle smentite su attriti o divergenze di vedute con il segretario federale («C'è sempre stata una Lega di lotta e una di governo», ha spiegato al Corriere della Sera), Maroni al pari di Tremonti si sta muovendo molto in questa estate, a pochi giorni di distanza dall'incontro tra Parisi e Berlusconi per fare il punto sulla situazione di Forza Italia.

E quello che filtra tra gli uomini di via Bellerio è che l'ex ministro dell'Interno sta sempre pù lavorando per rafforzarsi fuori - diversi sono stati i contatti con uomini della compagine azzurra in questi ultimi tempi - e dentro a un Carroccio che compatto (al momento) continua a dare credito a Salvini.

IL PROGETTO POLITICO CHE NON C'È. Eppure il tempo passa. E di novità da Salvini non ne arrivano.

A luglio aveva annunciato che avrebbe lanciato un nuovo progetto politico il 15 agosto a Ponte di Legno, ma non è successo nulla.

C'è chi si aspettava una nuova realtà politica o la rottamazione di Noi con Salvini, uscita malconcia alle ultime Amministrative, con miseri risultati al di là del Po.

L'unica cosa eclatante del leader leghista riportata dai quotidiani è stata la maglia della polizia portata sul palco insieme con Paolo Del Debbio, ma Salvini ha fatto pure riferimento al federalismo fiscale.

In questo spazio si muove Maroni, forte di un ottima intesa con Berlusconi e Parisi. Al momento il governatore lombardo, al pari di Bossi, continua a dare credito all'ex candidato sindaco di Milano uscito sconfitto dalla competizione elettorale con Beppe Sala. Aspetta le sue mosse e cerca spesso di smarcarsi dai toni più accesi di Salvini.

Lo ha fatto anche sul presidente della Repubblica Sergio Mattarella, criticato dal leader leghista ma elogiato dallo stesso Maroni.

APPUNTAMENTO A PONTIDA. A metà settembre sarà Pontida, come spesso è accaduto in passato, il termometro della situazione interna al Carroccio.

Maroni ha annunciato che ci sarà. E su almeno su due cose sia lui che Salvini continuano a essere d'accordo: votare no al referendum che potrebbe far cadere il governo di Renzi e rilanciare il federalismo.

Sarà la strategia del centrodestra, quello che deciderà di fare Berlusconi con il segretario del Partito Democratico a tracciare il solco delle scelte politiche della Lega?

Di certo la questione non passa solo dai corridoi di via Bellerio, ma soprattutto da quelli di Arcore, dove Giovanni Toti e Mariastella Gelmini continuano a premere per un accordo con Salvini da parte di Berlusconi, mentre la nuova reggenza formata da Gianni Letta e Fedele Confalonieri rema contro.

In mezzo ora si è riposizionato Tremonti.

Sta tornando l'asse del Nord di berlusconiana memoria nel nome del federalismo fiscale?

Twitter @ARoldering

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