Renzi è in una posizione rischiosa ma la minoranza Pd è allo sbando

Con la decisione di aprire un tavolo di trattative interno al partito per proporre una riforma della legge elettorale, Matteo Renzi ha ottenuto lo scopo di dividere la minoranza

 di Sergio Soave ItaliaOggi, 26.10.2016

Con la decisione di aprire un tavolo di trattative interno al partito per proporre una riforma della legge elettorale, Matteo Renzi ha ottenuto lo scopo di dividere la minoranza. Mentre Gianni Cuperlo punta a raggiungere un accordo, che preluderebbe a un sostegno al sì al referendum, Pierluigi Bersani, che oramai è impegnato per il no, vorrebbe veder fallire il tentativo, per addossarne a Renzi la responsabilità. Per la verità, l'effetto elettorale di questa schermaglia di vertice sarà pressoché nullo, ma il gioco che è in corso guarda a quel che può accadere dopo il 4 dicembre. Sia in caso di vittoria che di sconfitta, dopo il referendum si aprirà una fase di profonda tensione nel Pd, si arriverà a una resa dei conti assai aspra tra la maggioranza e quella parte della minoranza che ha spinto per il no.

Bersani pensa che, dopo la sconfitta, Renzi dovrà cedere la guida del partito, mentre Cuperlo ritiene che la rivolta della base contro i dissidenti porterà il premier a conservare e rafforzare la presa sul partito. Lo stesso avverrebbe in caso di successo: a quel punto ci sarebbe una vendetta sanguinosa nei confronti dei dissenzienti, e Cuperlo punta in quel caso a rappresentare una minoranza accattabile.

D'altra parte se, dopo una sconfitta referendaria, Sergio Mattarella decidesse di affidare il compito di riformare la legge elettorale a un esponente «super partes», cioè con ogni probabilità al presidente del Senato, Grasso, nel Pd si accuserebbe la minoranza interna di aver fatto perdere al partito il ruolo di guida del governo. Se questa è la posta in gioco, il merito della riforma dell'italicum passa in secondo piano. Peraltro una proposta del Pd non sarebbe autosufficiente, quindi, alla fine, si deciderà sulla base delle alleanze possibili su questo tema, con Forza Italia o con i 5 stelle.

Renzi si trova in una situazione assai rischiosa, ma la minoranza Pd è allo sbando. Se vince nel referendum contro il partito sarà messa sotto accusa all'interno, se perde dovrà comunque subire una ritorsione della maggioranza. D'altra parte, vada come vada il referendum, il fronte del si appare abbastanza omogeneo e in grado di elaborare una tattica anche in caso di sconfitta, mentre le varie componenti del no sono tra loro nettamente incompatibili e anche se vincessero, come dicono i sondaggi, non sarebbero in grado di dare uno sbocco politico e parlamentare alla loro vittoria.

Paradossalmente il «partito della nazione» forgiato nello scontro referendario, può reggere alla confitta, mentre il partito del no non trarrebbe dalla vittoria una spinta sufficiente a diventare un'alternativa credibile.

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