Tagli alla paga dei politici: non è tutto oro quello che luccica

Se l’indennità è più alta, migliorano i risultati ottenuti dalle amministrazioni. Vale però per i governi locali. Più difficile valutare i deputati. Soprattutto se sono “nominati”.

Vignetta Vincino, Foglio

25.10.16 Fausto Panunzi e Riccardo Puglisi, infovoce

12 Commenti

Le poche ricerche empiriche che mettono a confronto compensi e qualità della classe politica sembrano indicare che se l’indennità è più alta, migliorano i risultati ottenuti dalle amministrazioni. Vale però per i governi locali. Più difficile valutare i deputati. Soprattutto se sono “nominati”.

Indennità e qualità dei politici

Arriva alla discussione in Parlamento la proposta – avanzata dal Movimento 5 Stelle – di ridurre l’indennità di deputati e senatori. In un periodo di crisi prolungata come quello che stiamo vivendo, è normale che l’opinione pubblica presti molta attenzione ai costi della politica: che credibilità può avere una classe politica che chiede sacrifici ai cittadini e si rifiuta di condividerne il peso?

Tuttavia, la questione va indagata più a fondo, soprattutto con il fine di capire se un taglio delle indennità ai parlamentari abbia solo benefici e nessun costo (a parte per le tasche dei deputati e senatori): in particolare, si tratta di analizzare la relazione esistente tra il compenso e la qualità del personale politico – intesa come capacità, livello di istruzione, spirito di servizio verso la cosa pubblica.

Da un lato, compensi ridotti potrebbero scoraggiare la partecipazione di individui con alta abilità, i quali avrebbero la possibilità di guadagnare di più in altri settori e dunque potrebbero preferire di starsene rigorosamente lontani dalla politica. Inoltre, quando c’è la possibilità di essere rieletti, remunerazioni più elevate possono incentivare un comportamento migliore (ad esempio, una maggior presenza in aula).

Secondo questa prospettiva, compensi elevati sono un prezzo necessario per avere una classe politica di buon livello. Dall’altro lato, se pensiamo che l’impegno politico debba anche riflettere una motivazione intrinseca, di spirito di servizio, indennità più elevate, attraendo candidati più opportunisti, potrebbero peggiorare la qualità della classe politica.

La teoria non riesce pertanto a dare risposte definitive sul rapporto tra compensi e qualità della classe politica.

Occorre dunque cercare aiuto dall’analisi empirica.

Gli studi non sono numerosi, ma ci danno qualche risposta. Tommaso Nannicini, attuale sottosegretario alla presidenza del Consiglio, insieme a Stefano Gagliarducci dell’Università di Tor Vergata, ha studiato il problema nel contesto dei sindaci. Il compenso di questi ultimi è legato alla popolazione del comune: quanto maggiore è la popolazione quanto maggiore è il salario. Hanno inoltre la possibilità di essere rieletti una volta e quindi hanno un incentivo, nel primo mandato, ad avere buoni risultati.

 Analizzando i comuni che sono appena sotto i 5mila abitanti e quelli appena sopra (così da beneficiare di un’indennità sistematicamente più elevata), lo studio mostra che remunerazioni più alte attraggono candidati con maggiore livello di istruzione, i quali – se eletti – migliorano l’efficienza della macchina amministrativa, riducendo le tariffe sui servizi e le spese correnti. Altro risultato importante è che il canale decisivo è quello della selezione iniziale dei candidati e non quello dell’incentivo a essere rieletti.

Uno studio di Tim Besley (London School of Economics) sugli stati degli Usa mostra come compensi più elevati abbiano l’effetto di portare all’elezione di governatori con una maggiore congruenza ideologica rispetto ai loro elettori.

Il problema è la legge elettorale

Questi studi sembrano fornire conforto a chi pensa che pagare compensi elevati possa rappresentare un costo sopportabile per tenere alta la qualità del personale politico. Ma in entrambi i casi si considerano elezioni in cui i cittadini scelgono direttamente tra gli individui che si candidano e in cui è facile osservare le caratteristiche e i risultati dei candidati. Non è chiaro come queste “lezioni empiriche” possano essere applicate a un sistema elettorale con liste bloccate. Anche se compensi più elevati fossero capaci di attrarre candidati migliori, quale meccanismo può garantire che siano collocati nelle posizioni più appetibili delle liste, cioè quelle “eleggibili”? Quali sono gli incentivi dei partiti a premiare le competenze invece della fedeltà? Senza contare che valutare la performance di un deputato in una Camera con più di 600 parlamentari è più difficile che valutare quella di un sindaco di un centro con 5mila abitanti.

Ci sorge il sospetto che sia meglio affrontare in maniera prioritaria le questioni relative alla legge elettorale prima di imbarcarci in quella, pur rilevante, dei compensi dei politici.

Categoria Italia

Commenti

Francesco Piras 26/10/2016 alle 12:26 Rispondi

Trovo il vostro articolo fuoriviante nel titolo, debole nei contenuti e sbagliato nelle conclusioni. In estrema sintesi vi suggerisco di inquadrare il problema nell´ottica non di un taglio dei compensi ma di una normalizzazione degli stessi (le parole hanno un preciso significato). Intervenire su compensi evidentemente eccessivi e non allineati ai valori delle piü comuni democrazie occidentali non e´ una questione di forma ma di sostanza in un paese civile e per farlo non bisogna aspettare la riforma elettorale. Le due cose non sono assolutamente legate sebbene entrambe necessarie e urgenti. La retribuzione che si avrebbe con la proposta di legge avanzata dl M5S sarebbe comunque paragonabile a quella di un alto dirigente aziendale abituato a carichi di lavoro e responsabilita´ enormi. In sostanza la retribuzione proposta sarebbe comunque ancora in grado di attirare intelligenze e alte competenze evitando al contempo veloci e facili arricchimenti. Infine, non avendo a supporto dati statistici e pubblicazioni e´ un esercizio sbagliato quello di trasporre studi fatti in contesti e per figure di rappresentanza diverse alle figure parlamentari. Se dobbiamo basarci su valutazioni empiriche, visto il bassissimo livello qualitativo presente in parlamento, e´ chiaro che le alte retribuzioni hanno portato al risultato opposto rispetto a quello da voi ventilato. La scarsa qualita´ attuale costituirebbe un elemento in piu´ per una normalizzazione delle retribuzioni.

giuseppe 26/10/2016 alle 12:26 Rispondi

Il compenso dei parlamentari è equiparato per legge a quello dei magistrati e mi pare più che congruo. E' l'infinita serie di "aggiunte" ad aver gonfiato a dismisura il compenso. Comunque diminuire il compenso ai parlamentari è demagogia, bloccare per anni l'adeguamento di stipendi e pensioni è invece una grande operazione di finanza pubblica. Complimenti davvero....

francesco zucconi 25/10/2016 alle 23:11 Rispondi

Credo che l'unica proposta giusta da approvare sia quella che conduce a legare secondo una proporzionalita` fissata, gli stipendi dei parlamentari, cosi' come quelli dell'alta dirigenza dello Stato, vedi Giudici della Corte Costituzionale etc etc, agli stipendi degli altri statali... Vi e` una distorsione etica, psicologica e funzionale nel non avere, almeno all'interno dello Stato, una logica che, senza negare il merito, mantenga una razionalita` di sistema eticamente sostenibile.

Fabio Cerina 25/10/2016 alle 17:57 Rispondi

Esistono in realtà altri studi che a livello nazionale rilevano una relazione ambigua o addirittura negativa tra paga e qualità dei politici (Fisman et al 2015 JEEA, Braendle 2015 Public Choice, Kotakorpi e Poutvaara 2011 Journal of Public Economics). In questo paper (http://crenos.unica.it/crenos/sites/default/files/WP14-14.pdf) io e Luca Deidda tentiamo di dare una spiegazione del perchè ha senso che la relazione positiva sia solo a livello locale mentre a livello nazionale dipende dalla qualità dei media. La spiegazione ha a che fare con l'incentivo dei partiti a "manipolare" l'informazione. La nostra empirical prediction è che in paesi dove il costo di manipolare l'informazione è sufficientemente basso (i.e. i media sono meno indipendenti) e dove i cittadini sono sufficientemente inconsapevoli (=ignoranti), allora una diminuzione della paga ai parlamentari dovrebbe aumentare la qualità media dei politici eletti.

Beniamino 25/10/2016 alle 17:37 Rispondi

Dispiace vedere che questo sito che si distingueva per obiettività di pubblicazioni, da quando il suo fondatore, persona della quale personalmente ho grande stima, è entrato nella compagine di Governo, ospiti, anche se solo saltuariamente, articoli come questo, che danno l'impressione di essere fatti ad hoc per sostenere l'attuale maggioranza. Personalmente voterò sì al prossimo referendum, anche se non è una grande riforma, qualcosa almeno smuove. Però ritengo semplicemente ipocrita sostenere il sì al referendum perché lo presenta il PD e non sostenere invece che la proposta oggi votata alla Camera sia demagogica perché presentata dal Movimento 5 Stelle. I Parlamentari in Italia hanno privilegi, indennità e vitalizi post mandato ingiustificati se comparati con loro omologhi in altri Stati e con la attuale difficilissima situazione economica del Cittadino medio Italiano. Dovrebbero dare l'esempio e accontentarsi del giusto.

Aldo Mariconda 25/10/2016 alle 16:51 Rispondi

Concordo con Giannini. Mi domando: forse i ns. parlamentari sono migliori di quelli della GB perché nono pagati molto di più? Il problema della qualità e swelezione della classe politica andrebbe affrontato come un pacchetto d'insieme, composto da diversi fattori. Comunque qualità e compenso non sono correlati in un Parlamento di nominati.

Claudio 25/10/2016 alle 15:47 Rispondi

I voti di preferenza sono determinati dalle capacità retoriche del candidato. Perchè date per scontato che ci sia una correlazione tra le capacità persuasive e le competenze? A mio avviso non c'è, come non c'è nel caso della fedeltà al partito. Per cui la vostra conclusione non mi convince.

bob 25/10/2016 alle 13:59 Rispondi

..in un Paese di " accattoni culturali" come il nostro è del tutto inutile fare discorsi simili. Un qualsiasi sindaco dal piccola al grande Comune viene eletto sostenuto da una " combriccola" da un " comitato" che a sua volta è sostenuto da parenti, amici, compari etc . la prima cosa che questi signori fanno appena eletto il Sindaco sostenuto è passare all'incasso non nel reclamare il programma presentato ma il favore personale preteso. E' una cultura civica di fondo che manca e che non si può creare dall'oggi al domani. In questo la Storia ci viene sempre in soccorso come al solito ".,.Franza o Spagna purchè se magna.."...oggi vale molto più di ieri ( ieri intendo 2-3 secoli fa)

Henri Schmit 25/10/2016 alle 13:26 Rispondi

E del tutto fuorviante la misurazione della relazione fra qualità dei rappresentanti (concetto comunque difficilmente definibile) e la loro remunerazione. Mi fa pensare a Banca d'Italia che per capire l'eccesso italiano degli NPL bancari misura serie storiche. Follia o connivenza? La remunerazione dei deputati deve essere "congrua" (qualche migliaio di euro o tre volte tanto cambia poco) ed applicata correttamente (rimborsi spese, collaboratori, finanziamento dei partiti). Il problema è come selezionarli, cioè assicurare quanto possibile che siano prima onesti poi capaci (in questo ordine!) e come renderli responsabili. Per fortuna gli autori menzionano questo aspetto; ma non indicano alcuna soluzione. Grave. L'unica risposta vecchia quanto la democrazia rappresentativa è il rispetto dei principi di libertà (apertura, trasparenza, dibattito) ed uguaglianza (one man, one vote) delle candidature e delle preferenze (primariamente individuali, eventuali liste non devono condizionare le preferenze individuali). Le soluzioni concrete esistono, solo che a nessuno interessa. Basterebbe guardare alcuni dei paesi che sembrano funzionare meglio, Svizzera, Finlandia, Irlanda, tutto sommato anche gli USA, l'UK e la Francia. Il ragionamento per i deputati vale poi per il Senato, e ahimé pure per i consigli regionali e comunali, attualmente eletti con l'antenato del procellum (con o senza preferenze).

Franco A.Grassini 25/10/2016 alle 12:20 Rispondi

mi sembra gli autori trascurino un aspetto: in quasi tutte le democrazie far politica è una professione. Pagarla bene serve ad attrarre i migliori o non i più avidi ? Né va trascurato che quando uno è avido raramente si accontenta del compenso ufficiale

Stefano 25/10/2016 alle 12:19 Rispondi

Sono molto d'accordo. Lasciamo tutto com'è, che è meglio. Visti anche gli egregi risultati! Ma qualche dubbio di intervenire subito mi verrebbe leggendo questo: http://www.repubblica.it/politica/2016/10/24/news/stipendi_dei_parlamentari_confronto_fra_italia_ed_europa-150461196/

Massimo GIANNINI 25/10/2016 alle 11:50 Rispondi

L'esercizio tutto "politico" di mettere a confronto compensi e qualità della classe politica sembra fatto apposta per continuare a non cambiare nulla e giustificare compensi alti peraltro fuori media europea. Bastava fare un confronto internazionale per capire che i nostri parlamentari sono strapagati per quello che fanno, producono e la loro qualità. Se poi si volesse selezionare un indice di produttività del lavoro (magari basato anche su assenze/presenze) allora si scoprirebbe che spesso i parlamentari son pagati per non lavorare (vedasi anche il fenomeno dei tastieristi o rimborsi spese non giustificato) o lavorare male (produzione di leggi incomprensibili).

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