Stupisce che Bersani continui a ritenere che Grillo possa essere un interlocutore politico

M5s, protesta senza soluzioni Il Pci non voleva gli emiliani a Roma. Aveva ragione?

 di Domenico Cacopardo www.cacopardo.it ItaliaOggi 30.10.2016

C'è un testo di cui raccomando la lettura a chi non l'avesse mai avuto tra le mani e, soprattutto, ai miei amici della sinistra-sinistra italiana, cioè coloro che sono pronti a sacrificare tutto, compreso il retaggio della Resistenza, sull'altare dell'uccisione politica di Matteo Renzi mediante il «No» al referendum costituzionale.

Si tratta di «Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte», scritto da Carlo Marx nel 1852, a commento (ed epitaffio) dell'evoluzione autoritaria e dittatoriale di un movimento democratico al quale l'erede di Napoleone (il grande) aveva opportunisticamente aderito.

Sostenne, allora, il teorico del materialismo storico che «La Storia si ripete, talora in forma di tragedia, talora in forma di farsa». Così, il dado delle analogie è gettato sul tavolo.

Parliamo da tempo dell'equazione Movimento5Stelle-fascismo e ieri ne ha scritto con il consueto acume Marcelle Padovani su L'Unità. La questione è abbastanza semplice.

L'operazione messa in piedi dal comico Beppe Grillo («la farsa della storia») con l'aiuto di un demone - genere Goebbels - della propaganda attualizzata al web, tale Gianroberto Casaleggio, è stata quella di mettere insieme il mondo degli scontenti e degli esclusi di destra e di sinistra, adottando, però, alcuni degli slogan peggiori della sinistra nazionale, i più distruttivi e destabilizzanti, dal giustizialismo al pauperismo da due soldi al pezzo.

Il colpo di genio, però, è stato costituito dalla cosiddetta democrazia della rete nella quale uno vale uno e ognuno contribuirebbe alle decisioni del movimento. Una bufala. Una mistificazione.. Una impostura.

Già, perché il problema che angustia gli italiani (e i greci) più degli altri riguarda un assioma che la globalizzazione ha imposto a tutti gli essere umani del pianeta: chi non lavora non mangia. La globalizzazione non è una scelta che si può respingere: è una condizione esistenziale impostasi nel secolo breve che getta le sue luci e le sue ombre nel primo secolo del nuovo millennio.

E l'Italia, il Paese parassitario per eccellenza, nel quale lavora circa un terzo dei suoi abitanti (ma i veri produttori sono molto meno), nel quale il pubblico impiego è sovrappagato ma rende nettemente di meno che altrove, nel quale circola ancora l'idea che il lavoro sia un diritto e se non lo trovo per la strada lo Stato mi deve dare dei quattrini (vedi il reddito di cittadinanza), in cui i residui del socialismo reale hanno ancora udienza e producono fenomeni detestabili come l'antagonismo sociale e politico, è il luogo ideale per l'affermarsi della protesta senza soluzioni. È vero che per tanta gente non c'è alcuna possibilità di condurre una vita normale più o meno coerente agli anni '80 e '90: pensate a Luigi Di Maio, studente fallito che la domenica faceva lo steward allo stadio di Napoli: se non fosse comparso all'orizzonte Grillo e non gli avesse dato un posto al sole in Parlamento, vegeterebbe ancora a spese della famiglia nei bar del suo rione.

Di fronte a questo problema non c'è altra soluzione che quella di convincere gli italiani ad adeguarsi al mondo: non potranno mai continuare a essere un'isola di parassitismo e di impiego pubblico con contorno corruttivo, s'intende.

Ora, come possono constatare coloro che sono attenti ai fenomeni dalla politica, questa operazione (5Stelle) ha fatto strada, alla fine strutturandosi sul modello del partito padronale (Grillo e pochi fidi sono proprietari di tutto, nome e simbolo, e beneficiari degli utili prodotti dai blog controllati e gestiti per diritti ereditari dal figlio del Casaleggio di cui sopra). Manca, tuttavia, in quest'area la definizione di un progetto o di un programma (rovesciare il mondo?). Il padrone-capo, Grillo, ha teorizzato che il «No» è la formula di una efficace posizione politica di rifiuto di tutto l'esistente in vista di un rinnovamento i cui contenuti sono indefiniti, giacché se si definissero farebbero emergere il dissenso interno insanabile che comunque già esiste.

Se questa finta democrazia del web, capace di convincere gli allocchi e gli arrabbiati, avrà la ventura di vincere le elezioni (nell'assenza di qualsiasi iniziativa giudiziaria sui vari aspetti anticostituzionali del partito), l'Italia rapidamente degraderà non verso l'inesistenza colpevole genere Raggi, ma verso forme di autoritarismo appoggiate dalla piazza che sarà evocata (ma di recente, la piazza sta riservando delusioni) a ogni piè sospinto.

La situazione è così evidente da far dubitare delle capacità mentali, per esempio, di Pier Luigi Bersani che sostiene l'ipotesi di una futura intesa con Grillo e i grillini.

Uno stolido autolesionismo questo del gerarca emiliano, privato del potere di cui ha disposto per decenni e incapace, nonostante gli studi storico-filosofici, di interpretare la contemporaneità e le esigenze di rinnovamento.

Ricordo solo «en passant» che il vecchio Pci non aveva mai integrato (con incarichi «veri») «compagni» emiliani nella dirigenza nazionale perché li considerava utilizzabili solo per l'intendenza, provveditori cioè delle risorse necessarie al funzionamento del partito.

Ma questa è storia antica.

La questione di oggi è invece rappresentata del ripetersi del piccolo bonapartismo nazionale. Ma il suo grottesco provincialismo non induca nell'errore della sottovalutazione: è pericoloso come l'altro, anzi ben più pericoloso, visto che la temperie nazionale non è di tensione democratica, di difesa dei valori della Costituzione, di adesione al regime liberaldemocratico e all'Occidente.

Nella temperie nazionale, si muovono movimenti protestatari e antagonisti, il cui orizzonte è la contestazione del potere e delle regole della democrazia.

Nel 6° canto del Purgatorio Dante Alighieri scrisse: Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di provincia ma bordello!

La stampa scritta e parlata che, della democrazia, dovrebbe essere il cane da guardia, proprio in Italia, oggi, si astiene dall'approfondire i termini di questo «bordello» e preferisce fare la buttafuori del comico Grillo e dei suoi adepti.

Ps: nonostante tutto l'Italia non ha visto niente di ciò che è successo in Spagna, Portogallo e Grecia (taglio degli stipendi pubblici e delle pensioni). E di questo occorre rendere merito agli sforzi di Letta e di Renzi.

Categoria Italia

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