Il Pd, un partito senza maggioranza né opposizione

Un leader incapace di riconoscere i suoi errori. Una minoranza che preferisce astenersi. Così la direzione non è servita a nulla. E i problemi rimangono.

PEPPINO CALDAROLA, Lettera43 20.12.2016

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Il Partito democratico è quello strano partito che rovescia i proverbi meteorologici. Così il 18 dicembre: tanto tuonò che “non” piovve. Fino a poche ore prima c’erano nuvolacce sull’Ergife, minacce di scissioni di maggioranza o di minoranza, rese dei conti, tragedie di vario tipo. È finita con la minoranza che è uscita per non votare contro, e con la maggioranza, inferiore al 50%, che si è votata la relazione di Renzi. Senza Giachetti con l’insulto a Speranza, non ci sarebbe stata cronaca. Tutto bene se le cose si fossero risolte. Invece il giorno dopo si ricomincia da capo con le accuse reciproche, le voci di scissione, le finte autocritiche.

LA PIÙ FINTA DELLE AUTOCRITICHE. Quella di Renzi passerà agli annali della politica-politicante come la più finta delle autocritiche. La sua struttura era organizzata così. Una sola frase forte: «Ho perso, anzi ho straperso». Poi l’elenco delle ragioni della vittoria che avrebbe meritato con l’elenco, tipico di tutti i governi, delle cose fatte bene. E come tutti i governi il tema è stato: «Non abbiamo comunicato bene», malgrado Jim Messina e Filippo Sensi. Per dar l’idea di voler approfondire, Renzi ha studiato il dossier elettorale e ha concluso che al Sud il voto è mancato perché, malgrado il fiume di soldi da lui indirizzati, la gente non è stata protagonista e il Pd si è affidato alla vecchia classe dirigente locale, cioè De Luca. La sconfitta presso le giovani generazioni è stata, invece, una incomprensione dei coetanei, ragazzacci distratti. Insomma non ci siamo capiti. Poi il web, la disinformatia, anche della stampa internazionale, e qualche buona battuta sui 5 Stelle.

RENZI GUARDA AL "SÌ" IGNORANDO IL "NO". Per ripartire Renzi guarda al "Sì", lì c’è il suo partito, in tutto il "Sì", anche nel mio "Sì" e in quello di Enrico Rossi, di Enrico Letta, di Cuperlo, di Massimo Cacciari, di Fabrizio Barca. Non faccio l’elenco delle insufficienze dell’analisi renziana. Provo a mettere in fila due o tre cose. Nell’analisi manca il "No". Sembra che il "No" abbia vinto per caso o all’insaputa di Renzi, eppure capire perché il 60% del Paese ti odia è uno sforzo analitico che andava fatto. I soldi al Sud e la classe dirigente: qui serviva un approfondimento (posso dare a Renzi un elenco di bravi intellettuali o manager impegnati sul Mezzogiorno che sanno le cose che lui non), altrimenti sono solo «chiacchiere e tabacchiere di legno che il Banco di Napoli non impegna».

Renzi, hai 40 anni, sei più giovane di D’Alema ma sei già vecchio per i giovani veri

I giovani? Non sono suoi coetanei. Diciamola tutta: hai 40 anni, sei più giovane di D’Alema ma sei già vecchio per i giovani veri. Puoi cercare di capire perché loro non ti hanno votato e non ti voterebbero? Se solo Renzi e i suoi osannanti fan si ponessero queste domande saremmo già avanti. Ma nei partiti personali va cambiato il popolo non il leader che per sua natura è eccezionale, anzi , come Renzi ha detto di se stesso, «andrà a trovare uno per uno i suoi sostenitori facendo il talent scout». Meglio Mara Maionchi.

DALLA MINORANZA GIUSTO QUALCHE MUGUGNO. La minoranza, quella riconosciuta come tale perché quella di Enrico Rossi è in costruzione, è altrettanto buffa. Ci si sarebbe aspettati una contro-analisi, proposte serie e ficcanti, invece c’è stato il dignitoso Guglielmo Epifani mandato in avanscoperta, qualche mugugno all’insulto di Giachetti (che prima di Renzi era una persona gentile), e via nella penombra. Come volete che questo Pd possa contrastare Grillo ancorchè con le pezze in quel posto e la destra che se sarà capace di unirsi è già maggioranza nel Paese? La cosa buffa è la motivazione che Renzi ha dato del rifiuto di anticipare il congresso. Non vuole, ha detto, drammatizzare lo scontro. Vuol dire che smetterà di attaccare la minoranza e questa smetterà di attaccare lui? La verità è che se il Pd non discute e non dà la parola ai suoi iscritti o sostenitori la battaglia per la candidatura a premier finirà ancora una volta per premiare Renzi. E se lui parlerà al Paese come ieri ha parlato al suo partito, per il Pd il governo sarà un caro ricordo.−

Categoria Italia

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Paolo Dell'oste • 19 ore fa

Non passa giorno che non possa godere delle perle di saggezza di Caldarola. E non passa giorno che io, masochisticamente, non senta la voglia di rispondergli per dirgli di smettere. Non sopportavo il "servile encomio" che praticava prima del referendum e non sopporto il "codardo oltraggio" che ha preso a praticare dopo il 4 dicembre. Caldarola lei ha un'età, si prenda un lungo riposo; lasci spazio a chi ha qualcosa di utile da dire alla sinistra italiana e alla politica in generale. O se proprio non ce la fa scriva sull'Unità dove troverà sodali degni. A cominciare da Staino che ha buttato decenni di onorata carriera per inseguire il Pifferaio magico. Poi c'è Rondolino... Vabbè dài non voglio infierire. Facciamo così: resti su Lettera43 ma cambi argomento! lasci perdere le lusinghe del potere di turno, lasci perdere la Sinistra alla quale non appartiene più da tempo e si eserciti su argomenti sui quali ha un pò di esperienza. Grazie.

 

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