Serve prosperità, non assistenzialismo

La povertà non sarà mai un rimedio. I poveri lo sanno, Grillo no

di Redazione 30 Dicembre 2016 alle 06:00 Foglio

C’è una profonda differenza tra l’elogio della povertà predicato da Papa Francesco e l’indicazione della povertà come soluzione dei problemi avanzata da Beppe Grillo. Francesco sogna una chiesa povera, ma incita a soccorrere i poveri perché non siano più costretti in quella condizione. Grillo invece, per una volta in coerenza con la sua ideologia della “decrescita felice”, la indica come una prospettiva egualitaria e salvifica.

Non è una novità: la critica di John Kenneth Galbraith alla “società opulenta”, le polemiche contro il consumismo, l’elaborazione di Enrico Berlinguer sull’austerità come motore di un passaggio dai consumi privati ai beni pubblici che rappresentava un “elemento di socialismo”, sono precedenti rilevanti e culturalmente più consistenti. Quello che può stupire non è il periodico ritorno della reazione di Gerolamo Savonarola alla stagione magnifica di Lorenzo. E’ piuttosto l’accoglienza apparentemente entusiastica di questi messaggi da parte di una società che mentre applaude al pauperismo protesta per l’impoverimento (o l’arricchimento inferiore alle attese e ai ritmi del passato).

La povertà non è e non sarà mai considerata un rimedio dai poveri.

Quella di cui si parla è un’immagine della povertà simile a quella che l’Arcadia dava della pastorizia, lontanissima dalla condizione reale e miserevole dei pastori di allora (e in gran parte di oggi).

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Quasi 17,5 milioni di persone in Italia in gravi condizioni di esclusione sociale, con grosse differenza tra nord e sud. Gli obiettivi europei sono lontani

Quello che spinge a dare consenso ai cantori della povertà è, piuttosto, la rabbia contro classi dirigenti che non sono state in grado di assicurare la prosperità.

Resta il fatto che la povertà non è davvero un obiettivo ragionevole, ma solo un paradosso e una aberrazione logica ed estetica, come quella che portò a riempire i palazzi nobiliari di dipinti “pittoreschi” in cui campeggiavano le immagini dei miserabili. L’unica risposta seria a questa tendenza che si fa ideologia è un’azione che concretamente combatta la povertà e l’impoverimento (che sono fenomeni differenziati che richiedono specifiche terapie) contrastandone le cause, il che è arduo ma indispensabile, invece di limitarsi a lenirne gli effetti con un assistenzialismo sempre meno sostenibile.

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