Lasciate la Berlinguer al suo posto: un cognome non porta voti

Bersani e D'Alema vogliono lanciare Bianca. Ma rischiano di replicare un errore già commesso dalla sinistra con Giovanni. Perché non puntare sul povero Speranza?

PEPPINO CALDAROLA, Linkiesta, 17.1.2017

Gli poteva capitare di peggio nella vita, ma nascere Speranza, Speranza Roberto, nel Pd deve essere un tormento senza pari. Il giovane dirigente lucano ha rapidamente scalato il vertice del suo partito fino a diventare capogruppo parlamentare salvo dimettersi, per serietà e coerenza, da quell’incarico in polemica con Matteo Renzi. In altri partiti un gesto così forte sarebbe stato l’avvio di una indiscutibile carriera o di un rovinoso declino (“ma che diavolo ha fatto?”). Per Speranza né l’una né l’altra cosa.

SPERANZA RESTA IN ATTESA. Il mite uomo politico della regione più mite del Paese si è messo pazientemente in attesa di diventare, nientepopodimeno, che il capo della sinistra interna contro Renzi. Non era una idea campata per aria. Matteo Orfini, scegliendo il certo per l’incerto, aveva sepolto il suo passato anti-renziano e soprattutto il servile dalemismo per diventare il guardiano dell’ex premier. Maurizio Martina, ministro dell’Agricoltura, ha una buona immagine come ministro ma poco significativa come capo politico. Resta e restava Andrea Orlando, in segreteria con molti segretari (cioè tutti), con una parlata “farfugliosa” ma una bella anima di sinistra.

UN GIOVANE SEMPRE SU PISTA.Però il giovane Speranza aveva dalla sua i due big, un tempo capaci di fare e disfare. Aveva Massimo D’Alema, che lo aveva scoperto nel suo girovagare per il Mezzogiorno, ma soprattutto Pier Luigi Bersani che, quando riesce a sfuggire alle grinfie di Miguel Gotor, pensa alla politica. Speranza così si è attestato nel ruolo di candidato a segretario e/o premier del Pd. Peccato per i sondaggi poco favorevoli, peccato per il crescere di altre candidature (tipo Enrico Rossi dalla Toscana), ma Il giovane Roberto è sempre sembrato su pista.

Mesi fa da quella pista lo tolsero con brutalità sia D’Alema sia Bersani indicando la necessità di scegliere un “papa straniero”. Al fondo, pensavano i due big, c’è il fatto che Speranza non sfonda e poi è giovane , può stare fermo un giro. Speranza lucanamente non protestò, se fosse stato pugliese avrebbe fato un casino. E vide il lavorio di D’Alema verso Michele Emiliano, l’incontro da incubo fra due persone che si disistimano in modo pazzesco ma sono unite dagli stessi nemici. Speranza, zitto là, vedeva e taceva, senza protestare, un po’ Carlo d’Inghilterra all’Aglianico.

TORNA L'OPZIONE BIANCA BERLINGUER. Il 17 gennaio su Libero Elisa Calessi, giovane cronista parlamentare di buone fonti, torna a scrivere che il vero candidato di Bersani, e di D’Alema, è invece sempre lei, la zarina di Rai 3, la donna dal cognome che parla al cuore, l’antipatica di successo. Ed ecco che si riparla di Bianca Berlinguer, prezzemolina che viene fuori per tutte le cariche televisive, per tutte le sindacature di Roma, ora per il premierato o la direzione del Pd, domani per il Quirinale essendo il Vaticano precluso alle donne. Bianca ha una buona carriera giornalistica, mai un colpo d’ala, ma una vivacità aggressiva nel condurre interviste televisive. Non è Lucia Annunziata, vero animale di razza del giornalismo, che esprime, spesso confusamente, idee sempre geniali, né è la perfettissima Lilli Gruber. M a rispetto a loro si chiama Berlinguer.

SIGNORA ETERNAMENTE IN CARRIERA. I suoi dante causa politici si sono fatti questo film: sono convinti che il nome Berlinguer porti molti voti. Con questa idea in testa stanno preparando la rovina di quel cognome glorioso e di quella signora eternamente in carriera. Ci sarebbe un piccolo precedente che dovrebbe dissuaderli. Dopo la sconfitta elettorale del 2001, quando già si sentiva aria di girotondi e Nanni Moretti si stava innervosendo, la sinistra Ds, fondamentalmente contaria a D’Alema, che aveva scelto come segretario Piero Fassino e non il predestinato Bersani, si riunì in quello che fu chiamato il Correntone e che oggi Renzi avrebbe battezzato “accozzaglia”.

Quel Correntone vedeva bei nomi: Walter Veltroni, Sergio Cofferati, Antonio Bassolino, eccetera eccetera. E forse su suggerimento di Veltroni medesimo pensò di scomodare quella straordinaria persona che era Giovanni Berlinguer per valersi delle sue competenze, della sua eleganza, ma soprattutto del suo cognome. Vinse Fassino. E ho detto tutto. Ora la storia si dovrebbe ripetere con Bianca, mentre la memoria di Enrico si allontana nel tempo e per fortuna appartiene anche ai non comunisti.

QUELLE SALE PIENE DI NOSTALGIA. La signora Berlinguer – io la conosco appena , “non ho il piacere”, avrebbero detto i vecchi signori del Sud – ha sicuramente qualità, la sua carriera è frutto di lavoro e competizioni vinte, tuttavia non appare la candidata che muove le folle. Solo l’idea astratta che D’Alema e Bersani hanno del popolo comunista può far venire loro in mente che ci siano folle di elettori che per punire Renzi alzino la bandiera dell’ultima Berlinguer. Non fatevi ingannare dalle sale piene di nostalgia. Asciugate le lacrime, ognuno torna a pensare al futuro. E per finire direi al caro Speranza che se un giorno, in un soprassalto di orgoglio, darà una rottamata in testa a quei due nessuno lo criticherà.

Categoria italia

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