La seconda Bolognina ha il volto di Minniti

Sui temi di sicurezza e immigrazione il ministro può essere portatore di una svolta storica all'interno del Pd. Il partito ne prenda atto. Ed eviti che questa nuova vision venga isolata o annacquata.

CARLO PANELLA, LETTERA43, 19.1.2017

 La svolta di cultura politica che Marco Minniti sta sviluppando dentro il Pd e la sinistra con la sua gestione del tema rovente della sicurezza e dell’immigrazione ha la rilevanza - e non esagero - di una nuova Bolognina. Allora, era il 12 novembre 1989, il segretario Achille Occhetto annunciò nella sezione del Pci di quel quartiere di Bologna «la necessità di non continuare su vecchie strade ma inventarne di nuove per unificare le forze di progresso». In altre parole, la scelta di abbandonare nome e strutture del Partito Comunista e di tentare nuove strade, nuove “forme partito”. E nuovi nomi. La cesura con un settantennio esatto del più grande partito comunista dell’Occidente venne formalizzata nel 1991 col XX congresso del Pci, che cessò di essere tale a Rimini.

ALIENO AL TEATRINO DELLA POLITICA. Oggi Minniti fugge volutamente dalla ribalta delle dichiarazioni verbali, è estraneo, alieno, quasi allergico al “teatrino della politica”. Procede in silenzio per acta, ma impone con la sua azione di governo della sicurezza una svolta altrettanto epocale al partito e alla sinistra nel suo complesso. La sua parola d’ordine è secca, facile da comprendere e piena di implicazioni politiche e anche ideologiche: “La sicurezza è di sinistra”. La classica bandiera della destra liberale, strumentalmente agitata oggi in tutta Europa dai populismi, viene così incamerata, fatta propria da una nuova “sinistra di governo”.

UNA ROTTURA CON LA SINISTRA DI GOVERNO.A prima vista questa, pur spiazzante, pare un affermazione generica, ma in realtà rompe bruscamente con una lunghissima fase nella quale la sinistra post-comunista, diventata (anche grazie alla svolta della Bolognina) partito di governo, ha trattato, anzi, ha maltrattato il tema della sicurezza, e quindi dell’immigrazione, inclusa quella irregolare, con gli occhi e quindi le proposte della “solidarietà”. Dagli Anni 90 in poi è egemone nell’Ulivo e in tutte le forme che prende l’ex Pci il mito della società multiculturale, a cui si deve tendere, che si deve costruire e innervare con vari provvedimenti legislativi e soprattutto amministrativi. Il tutto accompagnato da una ben strana fascinazione nei confronti dell’Islam politico, incluso quello dell’alveo dei Fratelli Musulmani.

Migranti: Cie cambieranno nome

È questo l’orizzonte culturale di palese derivazione catto-comunista della forte componente del Pds-Ds-Pd che ha il suo più noto esponente in Livia Turco (che pure varò, assieme a Giorgio Napolitano, i Cie) e che trova infine il suo simbolo in carne ed ossa in Cécile Kyenge e nel suo dicastero dell’Integrazione nel governo Letta. La sostanza di questa vision (ben diversa da quella di un Napolitano, alla quale fa riferimento invece Minniti) è presto detta: negare, non vedere, sminuire le palesi, stridenti conseguenze sul piano della sicurezza, come su quello sociale e culturale, della presenza di ormai 5 milioni di immigrati regolari e clandestini nelle città e nei paesi italiani, e investire centinaia di milioni (approssimativamente più di 1 miliardo di euro) in fumosi progetti di integrazione.

IL MITO DELLA SOCIETÀ MULTICULTURALE.Progetti che palesemente non funzionano ma garantiscono reddito a un vero e proprio strato sociale di italiani che sull’integrazione ormai vive. Un fenomeno non alieno da forme di parassitismo, che non caso ha dato vita a quelle “cooperative” che gestiscono immigrati richiedenti asilo come irregolari. Il miraggio di questa sinistra di governo è sempre quello della mitica “società multiculturale”. Ne consegue, ad esempio, una netta e drastica opposizione di questa componente della sinistra alla politica dei “respingimenti” degli immigrati clandestini e irregolari attuata tra il 2008 e il 2012 dall'allora ministro dell’Interno Roberto Maroni.

GLI ERRORI DI COFFERATI.Sergio Cofferati, sindaco di Bologna dal 2004 al 2009, sperimentò sulla sua pelle la forza diffusa di questa componente che potremmo definire coerentemente “lassista” anche sul terreno dell’ordine pubblico, scontrandosi con la sua stessa maggioranza consiliare e coi componenti determinanti del Pd bolognese. Tutti i suoi interventi e le sue decisioni tesi a far rispettare la legalità e a depotenziare comportamenti sociali devianti furono contestati con tale virulenza da spingere l’ex segretario della Cgil a rinunciare a candidarsi per un secondo mandato da sindaco. Altri esempi si poterebbero fare a dimostrazione della minoranza assoluta della componente Pd e della sinistra che considera prioritario il rispetto della legalità, così come della sottovalutazione della politica “multiculturale” maggioritaria nei dem e nei loro governi.

Le tensioni sociali provocate da un inserimento caotico degli immigrati regolari portano acqua al mulino delle forze populiste

Il risultato di questo lassismo è disastroso sul piano politico: le tensioni sociali provocate da un inserimento caotico degli immigrati regolari, sommate a quelle dell’azione altrettanto destabilizzante – e sovente criminogena - degli irregolari, portano acqua al mulino delle forze populiste. Matteo Salvini, Giorgia Meloni e lo stesso Beppe Grillo (non a caso durissimo nei confronti degli immigrati regolari) moltiplicano i consensi. L’opaca gestione del ministero dell’Interno di Angelino Alfano, efficiente nel salvare vite nel Canale di Sicilia ma disastrosa nel gestire la presenza degli oltre 100 mila immigrati irregolari, non richiedenti asilo, moltiplica la forza del populismo.

NO ALLE GIRAVOLTE REPRESSIVE. Minniti, prima come Autorità delegata ai Servizi e oggi all’Interno, non si accoda alle poco convincenti giravolte repressive di un François Hollande (il Muro di Calais, il blocco di Ventimiglia), in affanno di consensi e concorrenziale con Marine Le Pen, e men che meno alle politiche oltranziste anti-immigrati dell’ungherese Viktor Orban e dell’olandese Geert Wilders. Semplicemente e fermamente impone alla macchina ministeriale il rispetto della legalità repubblicana.

MANO DI FERRO IN GUANTO DI VELLUTO. Da qui la decisione di aprire decine di centri di raccolta ed espulsione degli immigrati irregolari non richiedenti asilo, la proposta al parlamento (in accordo col Guardasigilli Andrea Orlando) di abolire il secondo grado di giudizio per l’esame delle richieste d’asilo, la decisione di organizzare (con nuovi accordi bilaterali con i Paesi di provenienza e con una forte presenza italiana nella Libia degli scafisti) un massiccio piano di espulsione, nell’ordine delle decine di migliaia, di immigrati regolari. Mano di ferro in guanto di velluto, Minniti dichiara: «La legge mi indica che devo effettuare queste espulsioni e io applico la legge».

LE MOLENBEEK ITALIANE.Non solo, dichiara che presto sottoporrà alla discussione parlamentare nuovi provvedimenti legislativi per incentivare quella integrazione degli immigrati regolari che è caotica nelle tante “Molenbeek italiane” (Porta Palazzo di Torino, Settimo Torinese, viale Sarpi a Milano, il centro storico di Genova, ecc). Il lessico e il vago programma della “multiculturalità”, che ha prodotto tanto caos, vengono ribaltati in un’ottica che garantisce agli italiani “la sicurezza”.

La sinistra law and order messa in campo da Minniti continua a trovare forti resistenze dentro il Pd

Naturalmente, questa seconda “Bolognina”, questa nuova maturazione culturale della sinistra law and order messa in campo da Minniti, nel pieno, assoluto rispetto della legalità costituzionale, senza verbalismi, continua a trovare forti resistenze dentro il Pd. Se ne fa interprete, non a caso, Sumaya Abdel Qader, esponente dell’Islam politico e proveniente all’alveo culturale dei Fratelli Musulmani, che il “veltroniano” Pierfranceso Majorino ha imposto quale consigliere comunale a Milano. Candidatura nei cui confronti Emanuele Fiano, responsabile della Sicurezza della segreteria del Pd e in piena sintonia con Minniti, ha inutilmente espresso ferme riserve.

LE CRITICHE DI ABDEL QADER.Con un articolo pubblicato il 5 gennaio scorso sull'Huffington Post, Sumaya Abdel Qader critica la decisione di Minniti di rifondare i Cie e di procedere alle espulsioni: «E se questi soldi e quelli che vengono spesi ogni anno per far "funzionare" i Cie (circa 200 in Europa) venissero usati per accogliere in modo decoroso, regolarizzare e inserire le persone senza regolari documenti? Cosa ci spaventa e ci trattiene nell'intraprendere questa strada o sperimentane di nuove?». Dunque, non espulsioni, ma addirittura utilizzo dei fondi relativi per la integrazione degli irregolari, dei clandestini, degli immigrati economici nel nome del multiculturalismo. Una posizione che si inserisce in pieno nella tradizione della Chiesa e di papa Francesco ed è fortissima nella sinistra e nel Pd.

UNA SVOLTA STORICA. Si vedrà presto quale forza di penetrazione avrà la linea di Minniti, come verrà accolta dal Pd e dal parlamento, nel quale Fiano, con altri, opera a supporto delle strategie del ministro. Resta l’interesse estremo per una risposta al populismo, spesso xenofobo, elaborata oggi “da sinistra”, da un Minniti che ha percorso tutta la sua carriera politica e il suo cursus honorum nella tradizione che affonda le radici nel Pci, sempre occupandosi di quelli che nell’Urss venivano definiti “ministeri della Forza”. Certo è che per la prima volta assistiamo a un percorso simile fuori dell’alveo della destra o del popolarismo europeo (anche Angela Merkel sta cercando consensi marcando l’accento sulla sicurezza interna). Una dinamica di cui sarebbe bene che una più ampia componente del Pd prendesse atto, impedendo che la nuova vision di Minniti venga isolata. O annacquata.

Categoria Italia

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