La denatalità è un fenomeno inevitabile e anche culturale

L'Istat ci conferma che le nascite in Italia continuano a scendere, più che altrove in Europa. Nel 2015 i bebé furono 486 mila, 478 mila nel 2016. Aveva ragione Gramsci

 di Gianfranco Morra , ItaliaOggi 12.3.2017

L'Istat ci conferma che le nascite in Italia continuano a scendere, più che altrove in Europa. Nel 2015 i bebé furono 486 mila, 478 mila nel 2016. Figli sempre meno (1,34 per donna) e sempre più tardi (età media 31,7). Ciò comporta un invecchiamento della popolazione, anche perché la speranza di vita si è ancora allungata: 80,6 anni per gli uomini, 85,1 per il «sesso debole». Tredici milioni e 500 mila di italiani hanno più di 65 anni. L'età media degli italiani è di 44,9 anni. A contenere questo calo delle nascite e questa diminuzione della popolazione (dovuta anche alle crescente emigrazione di giovani dall'Italia) ci aiutano i migranti.

Sono cifre, non lamentele. Se la denatalità cresce, ci sono delle cause, che, almeno in parte, potrebbero essere rimosse. La disoccupazione giovanile ne è la principale. L'immissione della donna nelle attività lavorative nasce non solo dalla legittima volontà della donna di realizzarsi fuori casa, ma ancor più dal bisogno di incrementare il magro bilancio familiare. Con ciò la donna non perde l'attività di madre e casalinga, si trova ad averne due.

Ma vi sono anche cause ideologiche. La nostra cultura è narcisista ed edonista. Anche la donna rivendica spazi di libertà e di realizzazione culturale e sociale, siamo in Europa, non in Islam. Contemporaneamente alle statistiche sulla denatalità sono state rese pubbliche quelle sulla «arretratezza» dell'Italia, che in Europa ha meno donne lavoratrici e manager. E antifecondativi e aborti, difficili da conciliare con la natalità, sono considerati conquiste sociali. Niente da obiettare, ma si tratta di attività e prevenzioni che non facilitano certo la maternità.

Nessuno può pensare a un ritorno alla società esaltata da Lutero con i famosi tre kappa (figli, chiesa e cucina: Kinder, Kirche, Küche), nella quale la donna era madre a getto continuo e usciva di casa solo la domenica per andare alla messa, qualche passo dietro al marito. Ma oggi di certo i figli sono anche un ostacolo alla libertà della donna ed è inevitabile che molte pensino di averne meno, meglio ancora nessuno.

Aveva ragione Gramsci: «La crisi moderna consiste nel fatto che il vecchio muore e il nuovo non può nascere: in questo interregno si verificano i fenomeni morbosi più svariati» (Quaderni, 3, 34). La vecchia famiglia, paternale e con ruoli distinti, a modo suo funzionava. Il «progresso» l'ha cancellata e nessuno potrà né vuole resuscitarla. Ma di certo una nuova struttura familiare e sociale che funzioni rispetto ai mutamenti epocali è ancora da inventare. Perché allora stupirsi della denatalità?

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