Cosa ha detto Luigi Di Maio ad Harvard su Nato, Trump e Afghanistan

Incontro a porta chiuse, quindici studenti italiani di Harvard e MIT, l’Ash Center

Matteo Laruffa, Visiting  articolo da Formiche.net 4.5.2017

Poco dopo l’incontro a porte chiuse fra il vicepresidente della Camera dei Deputati Luigi Di Maio e un gruppo selezionato di quindici studenti italiani di Harvard e MIT, l’Ash Center – il maggiore centro studio sulla democrazia della Harvard Kennedy School – ha ospitato un colloquio sul Movimento 5 Stelle e Rousseau, la piattaforma di democrazia diretta ideata dai grillini. Si tratta quindi non di una “lezione”, come i media italiani hanno ripetuto più volte, ma di un dibattito. L’interesse accademico per il Movimento 5 Stelle è chiaramente molto alto oggi e qui in America si guarda alla politica europea con tanta curiosità.

Il Dean accademico, il professor Anhor Fung, ha dato il benvenuto a Di Maio, presentandolo come possibile prossimo presidente del consiglio italiano, e lasciando trasparire quella che è opinione comune qui negli States: il M5S come espressione di una politica populista, non distante da tanti partiti anti-elite come Front National, Podemos o delle forze politiche che hanno reso possibile Brexit e Trump. Fung non ha neanche nascosto di aver ricevuto numerose lamentele per quest’incontro, ma ha anche precisato che Harvard è aperta ad ascoltare chiunque – indipendentemente dalle differenti visioni politiche – e ha ribadito l’interesse per un fenomeno politico unico che ha fatto dell’apertura al web uno dei suoi cardini.

Di Maio ha preso la parola, leggendo un discorso in inglese, e ha raccontato in breve l’esperienza del Movimento 5 Stelle, usando una narrativa che si distacca dalla retorica grillina tradizionale e ben più vicina a un modello di comunicazione istituzionale, più puntuale che provocatorio. La storia del Movimento 5 Stelle, come da blog sia diventato una forza politica italiana capace di competere con il PD, è stata raccontata dando enfasi a: l’esperienza di democrazia diretta, l’assenza di finanziamento pubblico, un codice etico, un approccio bottom-up alla politica e alle politiche.

Il tono del discorso è stato quello di mostrare con pacato orgoglio i risultati della scommessa politica di Grillo e Casaleggio, ma anche di presentare una nuova fase della azione politica dei Cinque Stelle alla ricerca di nuovi talenti e di direzioni da seguire nel medio e lungo periodo per il Paese, senza tralasciare le lotte politiche dei primi anni o i messaggi ricorrenti dei grillini: no alleanze con la vecchia politica di un sistema corrotto. Il tono del suo discorso è stato “quasi presidenziale” e i messaggi di fondo sono stati più vicini a una campagna elettorale di vecchio stampo basata su speranza, energia, futuro.

Per Di Maio, il Movimento 5 Stelle ha catalizzato la speranza in progettualità, mentre in altri Paesi, simili forze potenzialmente pericolose per la stabilità di una democrazia, hanno causato solo odio. I Cinque Stelle quindi non sarebbero populisti, ma fondamentalmente post-ideologici, perché alla ideologia del passato, che esiste ancora nella campagna di Le Pen e in Podemos, contrappongono i valori di legalità, democrazia e partecipazione.

Nel descrivere Rousseau – nuovo caso di quella progettualità politica “made in 5 Stelle” come ha detto Fung – Di Maio ha parlato del tentativo di coniugare un approccio dal basso e l’intervento di “esperti accademici” che dovrebbero supportare e affinare le proposte dei cittadini, come per Lavoro 2025, studio prodotto dai 5 Stelle sulla trasformazione del mercato del lavoro in Italia nei prossimi 7-8 anni.

Le domande dal pubblico sono state abbastanza dirette a mostrare i lati critici del Movimento 5 Stelle: euro, problema delle competenze e esperienze dei suoi membri, ecc. Molti hanno espresso preoccupazione per il riferimento a un’Italia che potrebbe uscire dall’euro ed è significativo che una domanda dal pubblico si sia conclusa con l’auspicio che un Di Maio presidente non voglia passare alla storia per esser un Cameron italiano.

Anche dopo i commenti di uno studente che in protesta ha voluto apostrofare come “fascismo” il movimento 5 Stelle, Di Maio ha risposto a tutto, dimostrando molta fermezza su alcuni punti che sembrerebbero essenziali per la politica dei 5 Stelle. Così ad esempio non ha esitato a rispondere a uno studente della Kennedy School e membro delle forze armate USA, dicendo di non condividere le parole di Trump sull’aumento della spesa militare, che anche l’Italia dovrebbe sostenere nella NATO, o sul voler cambiare la politica estera negli interventi in territori del Medio oriente, come Afghanistan, da dove dovremmo ritirarci subito secondo il leader dei 5 stelle.

Ma il messaggio che più è ritornato nelle domande del pubblico, fatto da studenti, professori italiani e stranieri, è stato: sono fattibili o no le proposte dei 5 stelle? Nel modello a 5 stelle, non si corre il rischio di dare ascolto alla pancia, senza un ruolo per pensiero e strategia? Una domanda risalta tra tutte e sembra esser condivisa da quasi ogni italiano che qui vive e studia qui, dedicandosi alla ricerca nei migliori atenei del mondo: il Movimento ha capacità e competenze per governare?

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