Ius soli, dibattito ideologico: gli immigrati aspirano a tornare in patria

Nella stragrande maggioranza restano nel nostro Paese per una ventina di anni, poi ripartono. Le prove di questa tendenza esistono. Basta volerle osservare.

CARLO PANELLA, 20.7.2017  da www.lettera43.it

Il dibattito rovente sullo Ius soli ha un aspetto talmente ideologico da risultare demenziale. Si basa infatti sull’assunto che gli immigrati regolari restino in Italia per tutta la vita. Ma così non è, assolutamente. Gli immigrati nella stragrande maggioranza ruotano, restano nel nostro Paese per una quindicina, una ventina di anni, poi, accumulato un minimo di capitale, tornano in patria.

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LA DINAMICA DELL'IMMIGRAZIONE ODIERNA. Il presidente dell’Inps Tito Boeri ha recentemente rivelato che ammontano a ben 12 miliardi i contributi Inps versati dagli immigrati ma non da loro esigibili perché hanno cessato il rapporto di lavoro, quindi la legittimità del loro essere “regolari”. Più precisamente a oggi vi sono 3 miliardi di contributi pensionistici non riscossi da 200 mila immigrati, ma l’Inps calcola 12 miliardi di “montante contributivo” che non darà luogo a pensioni che riguarda altre centinaia di migliaia di immigrati. La ragione di questo fenomeno è semplice ed evidente: centinaia di migliaia di immigrati in Italia sono ritornati in patria

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STATISTICHE NUMERICHE, NON PERSONALI. La ragione per la quale questa consistente rotazione degli immigrati non è rilevata in Italia è semplice quanto significativa: le nostre rilevazioni statistiche sono numeriche e non personali. Istat, Charitas, Inail, eccetera registrano infatti solo i numeri complessivi della presenza di immigrati nel nostro Paese, non il percorso individuale, nominativo. I milioni di immigrati che transitano, anche per lunghi periodi, nel nostro Paese per poi uscirne –che determinano tra l’altro i 12 miliardi di contributi Inps non esigibili- non vengono, semplicemente rilevati da nessuno strumento statistico. La radicale imprecisione delle nostre rilevazioni statistiche è tale che in occasione del Censimento del 2012 “scomparvero” addirittura 800 mila immigrati (sui 4.500.000 stimati ne emersero solo 3.700.00

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L’unica inchiesta governativa sul tema conferma la volontà della maggioranza degli immigrati di non integrarsi e di ritornare in patria una volta acquisite certe condizioni

 

Inoltre, il 23% dei nostri immigrati proviene dalla Romania, quindi da un Paese Ue e quindi non ha necessità di permesso di soggiorno (altra fonte di rilevazioni statistiche). In Germania, Paese con una dinamica migratoria identica a quella italiana (post bellica, non legata a passato coloniale, europeo-mediterranea, eccetera), invece, la rilevazione statistica è nominativa e dà questo quadro: un approfondito studio compiuto dalla Fondazione Konrad Adenauer rivela dunque che nell’arco di i 55 anni, dal 1952 al 2007, su base statistica precisissima, in Germania si sono rilevati 36,5 milioni di ingressi di immigrati ma anche ben 26.5 milioni di ritorni in patria di immigrati. Una dinamica, il dato è fondamentale, che vede una permanenza media nel Paese di 17 anni.

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POLITICHE DA RIVEDERE E RIADATTARE. Va ovviamente verificato – questa è la mia proposta - ma è ben probabile che in Italia si abbia una dinamica “rotatoria” simile. La rilevanza politica di questo dato strutturale dell’immigrazione “a rotazione” in Italia è evidente, e non solo perché relativizza quel senso di assedio e preoccupazione che ha tanta parte nelle stesse motivazioni di voto e nell’ascesa del populismo. Se è vero – ed è vero - che gli immigrati “ruotano” in larga parte e non tendono alla stabile permanenza, tutte, assolutamente tutte, le politiche di integrazione e di immigrazione vanno riviste e riadattate. Così come va relativizzata tutta la problematica dello Ius soli che si basa, appunto, sull’ipotesi che le famiglie dei neo nati restino per tutta la vita del figlio in Italia. Peraltro, l’unica inchiesta governativa sul tema conferma ampiamente la volontà soggettiva della maggioranza degli immigrati di non integrarsi e di ritornare in patria una volta acquisite certe condizioni.

LA RICERCA SOCIALE DEL 2007. Nel maggio 2007 il ministro dell’Interno Giuliano Amato commissionò alla Makno una “ricerca sociale sull’immigrazione” che conferma appieno la nostra tesi: solo il 26,3% degli immigrati vuole vivere in Italia tutta la vita; il 50,1 % degli immigrati vuole tornare in patria, quando guadagnato abbastanza, quando sarà anziano, quando e se le condizioni in patria migliorano; la controprova si ha nelle statistiche che riguardano la richiesta di cittadinanza italiana; solo il 23% ha interesse potenziale a chiederla per “essere più integrato in Italia”, solo il 10,1% “per poter votare” mentre il restante ha motivazioni strumentali; tra gli immigrati che non sono interessati alla cittadinanza il 53,1% sostiene “non starò in Italia per sempre”; il 48,1% ritiene che “prima o poi tornerò al mio paese” e il 37,4% vuole “conservare la mia cittadinanza (erano possibili 3 risposte). Infine, alcuni dati impressionanti: solo il 19.1% degli immigrati ritiene che il governo italiano dovrebbe porsi l’obbiettivo del “maggiore inserimento possibile degli immigrati; addirittura il 47,4% sostiene che l’obbiettivo del governo debba essere “la convivenza pacifica mantenendo le rispettive culture”.

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