L'apocalittico Tremonti confonde la recessione con la depressione

Le lettere al direttore Claudio Cerasa del 15 agosto 2017

15 Agosto 2017 alle 06:14 da www.ilfoglio.it

1-Al direttore - Trump scarica i suprematisti, ma se becca Marchionne…

Giuseppe De Filippi

2-Al direttore – Vedo che sul Corriere della Sera di lunedì, l’onorevole Giulio Tremonti non ha il vostro stesso ottimismo. Tremonti dice che una prossima crisi è imminente. Dice che la ripresa che stiamo vedendo oggi è solo una bolla. Dice che “dal 2007 a oggi le cause della crisi sono ancora tutte lì”. Caro Cerasa, e se avesse ragione lui?

Marco Martone

Tremonti è un pensatore fine e intelligente ma è un pensatore troppo apocalittico e spesso cade in un errore in cui in tanti cadiamo: cercare di dimostrare che il mondo va verso una direzione mentre tutti i segnali indicano che la direzione che il mondo ha preso (e anche l’Italia, vedi i dati sulla produzione industriale di luglio) è quella opposta. Tremonti ha ragione a ricordare che quando si chiuderà l’ombrello di Draghi, il QE, l’Italia dovrà dimostrare di aver messo abbastanza fieno in casina e probabilmente l’ex ministro dell’Economia rimprovera alla Bce di aver aperto il suo ombrello troppo tardi, non in tempo cioè per salvare il governo Berlusconi. Tremonti però dovrebbe ammettere due cose. La prima è che quella che lui ha sempre descritto come una grande depressione, la crisi cominciata nel 2009, in realtà è stata una grande recessione, una pausa fisiologica di un mercato che ha sempre i suoi alti e i suoi bassi. La seconda cosa che Tremonti dovrebbe ammettere è che in questo momento ci sono due paesi che hanno scelto di adottare una linea di sovranismo tremontiano. Una linea cioè che prevede una cesura con l’attuale fase della globalizzazione. Un paese è l’America. Un altro è la Gran Bretagna. Entrambi i paesi, oggi, stanno mostrando alcune difficoltà e tutti gli indicatori economici lasciano pensare che le difficoltà aumenteranno nel tempo, soprattutto per la Gran Bretagna. Purtroppo per Tremonti, la globalizzazione funziona meglio del previsto, e quando l’ex ministro dell’Economia vuole siamo pronti a sfidarlo a duello.

3-Al direttore - Se è vero che gli americani sono anticipatori di fenomeni e subculture che poi si diffondono nel resto del mondo le aggressioni suprematiste e razziste di Charlottesville segnalano che – come ha sempre sostenuto Il Foglio – è precario e facilmente valicabile il confine tra populismo e fascismo in carne ed ossa, stessa simbologia e violenza. Ciò premesso, la decisione di abbattere la statua equestre del generale Robert Lee – dopo 150 anni dalla fine della Guerra di secessione - a me pare stupida ed antistorica. In fondo era un valoroso che ha combattuto per una causa che riteneva giusta, dalla stessa parte dello Stato della Virginia.



Giuliano Cazzola

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