Comuni prigionieri del sindaco

Ecco perché poi non riescono a prevenire le emergenze

 di Domenico Cacopardo, 13.9.2017 da www.italiaoggi.it

Cataclisma, emergenza, ricostruzione, manette. Sono queste le quattro fasi (codificate dall'esperienza) di ogni disastro del passato, senza eccezioni. Il medesimo terremoto del Friuli, considerato oggi un esempio di buona gestione e di eccellenti risultati, vide uno dei vicecommissari di Zamberletti, il tycoon della Protezione civile (un democristiano della vecchia guardia: pulizia morale, buon senso e decisionismo), finire nelle patrie galere per qualche settimana.

Ora, il focus è su Livorno. Ancora una volta si presenta la bipolarità della questione: da un lato l'imprevidenza dello Stato (cioè dell'Amministrazione statale, delle regioni, dei comuni e ora - dopo lo scellerato risultato del referendum - anche le province), dall'altro l'incapacità, o quanto meno le insuperate difficoltà, dei sindaci di affrontare ogni genere di emergenza, si tratti di profughi o di rogge da ripulire.

Partiamo da quest'ultima osservazione. Mentre ancora fervevano le ricerche degli scomparsi, il sindaco di Livorno, Nogarin, in perfetto stile sciacallo-5Stelle (quello stile messo in campo ogni volta che c'è un grave problema, come nel caso di Roma, quando la Raggi&eSuoi attaccarono Ignazio Marino, chiedendone le dimissioni e chiamandolo «Sottomarino» per uno dei tanti eventi alluvionali della capitale), accusava la Protezione civile per avere «toppato» l'emergenza, classificandola come «Arancione» invece che «Rossa».

Ora che s'è saputo che l'«Arancione» comporta iniziative immediate da parte dei sindaci e che il sindaco di Pisa, sul medesimo allarme, ha voluto inviare un sms ai suoi cittadini, dando indicazioni di prudenza e di tutela, Nogarin cambia registro, accusa la Regione e chiede solidarietà istituzionale. Una delle tante storie di piccoli uomini chiamati dal destino e dalle illusioni del popolo a rivestire ruoli ai quali sono inadeguati.

Quanto allo Stato, c'è da dire prima di tutto che, con la riforma (anni 90) che ha riguardato proprio i sindaci, abbiamo avuto non solo la loro elezione diretta, ma anche il conferimento di poteri di vita o di morte sui consigli comunali. Prima, col sistema proporzionale, le giunte (e i sindaci) erano espressione di un incontri di interessi. Di questi incontri facevano spesso parte organizzazioni ambientaliste e di tutela del territorio, talché i programmi delle amministrazioni comunali comprendevano spesso misure restrittive rispetto alla speculazione edilizia e all'abusivismo.

Ora, invece, i sindaci rispondono direttamente al popolo e questo è più spesso incline a perdonare e a comprendere (irregolarità e abusi) salvo poi, in caso di disastro, gettare addosso la croce allo Stato, un'entità astratta e lontana, incapace di ribattere colpo su colpo. Per esempio, dopo il caso di Olbia (che tutti abbiamo dimenticato), i tecnici avevano stabilito la necessità di creare una cassa d'espansione delle acque, in modo da salvaguardare la città: il comune, invece, si oppone, visto che la cassa di espansione renderebbe inutilizzabile a fini edilizi (e speculativi) le aree vincolate.

Per non ricordare l'intervento del governo Monti sulla Protezione civile tutto volto (sull'emozione delle notizie su Bertolaso, un «gran comis» la cui efficienza è sempre più rimpianta) a ridimensionare la Protezione civile, togliendole poteri di intervento, a favore di un flebile coordinamento.

Un tempo, nei corridoi di una grande finanziaria correva il seguente detto: «Chi sa fa. Chi non sa coordina». Ormai, la legislatura è agli sgoccioli e non è immaginabile che qualcuno abbia il coraggio e l'incoscienza di proporre il ridisegno del settore (interventi d'emergenza). Anche perché dopo il fallimento dell'operazione «terremoto Italia Centrale», ci sarebbe da metter mano seriamente al codice degli appalti.

E non è nemmeno detto che dopo le elezioni ci sarà qualcuno che vorrà occuparsi del problema. Almeno sino al prossimo disastro.

L'Italia è questa e va (male) così.

di Domenico Cacopardo www.cacopardo.it

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