Bersani, Pisapia ed Errani: si incontrano ma c'è incomunicabilità.

Non nasce la Cosa rossa Pisapia minaccia di andarsene Contro Errani che elogia D'Alema e Bersani anti-Pd

 di Carlo Valentini 7.10.2017 da www.italiaoggi

Sarebbe piaciuto a Pirandello. Tre personaggi (non sei, ahimè) in cerca d'autore. C'era molta attesa per il dibattito a tre nell'antico magazzino dello zolfo di Ravenna. Tanto che in sala erano in 500, tutti ex, ex Pd, ex Sel, ex Rifondazione. Arrivati entusiasti per celebrare la nascita del nuovo soggetto politico della sinistra, usciti mogi e basiti perché convinti che il parto non ci sarà e il male atavico della sinistra, la frantumazione, ancora una volta vincerà.

Perché Pirandello? Perché i tre, Giuliano Pisapia, Pierluigi Bersani e Vasco Errani (che debuttava in politica come esponente Mdp dopo tre legislature da presidente Pd della Regione Emilia-Romagna e la parentesi di commissario post-terremoto) hanno messo in scena un dialogo del tipo di quello immaginato dal drammaturgo. Con, pure, come nell'opera teatrale citata, il convitato di pietra: Massimo D'Alema.

A bocce ferme, all'indomani dell'iniziativa di Ravenna (promossa da Errani nella sua città) quel che resta nella mente è l'immagine di un labirinto, in cui ognuno si perde: Pisapia che dice a Bersani che non ha senso fondare un nuovo partito e bisogna invece aggregare, magari federare ciò che sta a sinistra del Pd ma non in contrapposizione col Pd quindi, conclude, Mdp faccia presto a decidere che cos'è e che cosa vuol fare, Bersani che risponde che la sinistra deve avere una casa cioè un partito e non ci può essere un movimento liquido, indeterminato quindi Pisapia si decida a prendere in mano le redini di Mdp, poi c'è Errani: «Va bene costruire il campo largo, perché non vogliamo rimanere nella ridotta identitaria e minoritaria, va bene dialogare e non chiudere la porta a nessuno, va bene tutto, ma alla fine bisogna decidere una buona volta dove vogliamo andare e indicare alla nostra gente una strada, perché è questo che la nostra gente ci chiede. Dove volete andare? Cosa volete fare?»

Si dibatte a vuoto. Cala il sipario. La direzione di marcia non c'è. I 500 si guardano smarriti, confusi. Sono delusi sia gli amministratori Mdp, sparsi nella sala, che sono nelle giunte locali col Pd soddisfatti dell'alleanza e si aspettavano il varo di un vasto schieramento di centrosinistra senza litigi e con un ruolo per ciascuno, sia i dalemiani che auspicavano la costruzione di un muro invalicabile verso il partito di Renzi, che però Pisapia non accetta.

Egli infatti ha ribadito di rifuggire dall'idea di un partito strutturato che mal sopporta il Pd e lo spinge all'abbraccio con Denis Verdini.

 L'attacco a Verdini (che sul voto del Def ha annullato la defezione dell'Mpd) è stato l'unico momento di unità della serata. Anche se poi Pisapia affonda il coltello e seppure non lo dice esplicitamente si rivolge a Bersani e chi vuol capire capisca: la strategia anti-Pd farà perdere il centrosinistra e promuoverà proprio quell'accordo di necessità tra Renzi e Silvio Berlusconi che giustamente, secondo l'ex sindaco di Milano, Bersani & Co dipingono come una diavoleria. Se lo si vuole evitare Pisapia propone una ricetta: rinserrare le fila a sinistra, lasciando al loro destino le sirene dalemiane, e andare alle elezioni in parallelo col Pd, salvaguardando l'autonomia del nuovo soggetto politico ma colpendo assieme il centrodestra e i 5stelle.

Perfino su D'Alema c'è disaccordo: Pisapia gli ha chiesto, in pratica, di farsi da parte («faccia un passo di lato»). Errani invece lo definisce «una risorsa» e aggiunge che «è meglio fare passi avanti che passi a lato». «Con lui ho discusso tante volte», dice. «Rivendico la mia origine dalemiana e al di là di tutto una cosa deve essere chiara: D'Alema è una risorsa non un problema». Poi chiosa: «Giuliano, tu sei il nostro leader, ma non avrai deleghe in bianco».

A questo punto Pisapia si arrabbia: «Basta, mi chiedete di ascoltare e di agire, ma io ascolto tutti e cerco di dare un mio contributo. Sono stanco dei richiami, mi metto da parte, faccio un passo indietro, il leader lo puoi fare tu, Vasco». Peggio di così non poteva andare il summit ravennate. E' sorpreso anche il sindaco Pd di Ravenna, Michele De Pascale, in prima fila: «Mdp fa parte della mia coalizione in Comune, non c'è da stupirsi che io sia qui». Come dire: la strada è questa. Ma è davvero difficile capire come andrà a finire.

Questa volta è Pisapia, e non Bersani, a pronunciare la frase ad effetto: «Io sono a favore del matrimonio, anche di quelli gay. Ma in politica preferisco la poligamia». Ovvero, precisa, non mi interessa rinchiudermi in un partito, o si arriva a un'alleanza arancione, come quella che vinse a Milano e che mi elesse sindaco, oppure non mi interessa. Vorrei ricordare che sono stato il primo a battere le destre a Milano dopo 20 anni». E aggiunge: «I nostri avversari sono le destre. Dobbiamo avere la capacita di capire che gli avversarsi sono quelli e riconquistare la fiducia dei grillini delusi e dei giovani. Occorre una grande casa della sinistra, con valori comuni. Un progetto in 7 punti da sottoporre a tutti coloro che vogliono una sinistra unita e senza preclusioni».

Bersani risponde: «Non sgomito per una cosa rossa, ma nessuno pensi di sotterrare il rosso». Poi, vedendo lo sconcerto dei presenti per l'incomunicabilità di chi invece dovrebbe aggregarsi, aggiunge: «Renzi non è un avversario, è uno sfidante». E Vasco Errani: «Sono affezionato ai valori dell' Ulivo. Il mondo e cambiato, ma l'esperienza dell'Ulivo ci ha insegnato che senza valori non si fa politica».

Peccato che, a giudicare da Ravenna, non ci sia più l'uliveto.

Twitter: @cavalent

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