Alessandra Ghisleri: il Pd continua a perdere. In campagna elettorale centrali banche ed Unione europea

Con questi numeri il centrodestra unito, a maggior ragione col contributo di Fratelli d’Italia, può ambire a essere forza maggioritaria e a esprimere il nome del prossimo premier

di Gianluca Veneziani 26 Novembre 2017 www.liberoquotidiano.it

Ora ci sono persone, idee e numeri a dare consistenza al sogno forzista. E c’è anche un laboratorio a fare da fucina, capace di mettere insieme le risorse migliori in vista di un progetto per il Paese. Ieri, all’interno di #IdeeItalia. La voce del Paese, la tre giorni organizzata a Milano dall’on.le Mariastella Gelmini, coordinatrice lombarda di Forza Italia, si sono concentrate le voci di amministratori locali e rappresentanti delle associazioni di categoria, le figure più vicine ai territori e ai problemi reali del Paese, e quindi forse le più indicate per suggerire soluzioni pratiche.

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Ma non solo: sono stati messi in mostra numeri che testimoniano sia la disillusione dei cittadini verso alcune istituzioni che la loro sete di partecipazione politica in attesa di essere corrisposta da personalità e programmi credibili. E, all’interno di quest’ambito, proprio la formazione forzista pare trovare nuovo appeal.

La sondaggista Alessandra Ghisleri, direttrice di Euromedia Research, ha fornito a proposito dati significativi. 56 italiani su 100 non hanno fiducia nell’Ue, ben 72 su 100 diffidano delle banche, credendo non abbiano sostenuto le imprese. Anche le leggi vigenti su lavoro e pensioni trovano l’opposizione degli italiani: 72 cittadini su 100 ritengono che il Jobs Act sia da modificare o da eliminare, e addirittura 82 su 100 sono convinti che la legge Fornero sia da cambiare o cassare.

Ai nostri taccuini la stessa Ghisleri ci fa capire come questo sentimento si traduca in consenso politico. «Forza Italia e Lega», ci dice, «al momento oscillano tra il 15 e il 16%. Sono pressoché appaiate, partono in condizioni di parità. Nell’ultimo anno ciascuna di loro ha guadagnato 2-3 punti percentuali. Viceversa il Pd ha perso all’incirca 5 punti, passando dal 30% a una forbice tra il 24 e il 26. I voti di chi sosteneva il Pd sono confluiti nel non-voto, perché molti elettori sono rimasti delusi dopo la scissione a sinistra. Il M5S invece è rimasto pressoché stabile, muovendosi tra il 27 e il 29%».

Con questi numeri il centrodestra unito, a maggior ragione col contributo di Fratelli d’Italia, può ambire a essere forza maggioritaria e a esprimere il nome del prossimo premier.

Ne è convinto ad esempio Giovanni Toti, governatore della Liguria, sicuro che Berlusconi possa essere il nuovo presidente del Consiglio, a prescindere da ciò che deciderà la Corte di Strasburgo. «Non è detto che si debba essere parlamentare per poter diventare primo ministro», afferma. «In ogni caso, se la Corte dirà sì alla sua candidabilità, farà un atto di giustizia non solo verso Berlusconi ma verso la democrazia». Sulla stessa lunghezza d’onda la Gelmini, secondo cui «anche se Strasburgo non dovesse restituire agibilità politica a Berlusconi, la sua leadership non ne risentirebbe, perché il presidente sarà comunque in campo per il centrodestra». E l’avviso pare rivolto a Salvini, che dovrà giocarsela alle urne, anche con un Cav eventualmente incandidabile.

Prima dei nomi, vengono le proposte perché, come avvisa il capogruppo di Forza Italia al Senato Paolo Romani, «con questa tre giorni il nostro partito ha deciso di ascoltare anziché parlare, accogliendo i suggerimenti del mondo del lavoro e della società civile». Quindi le orecchie sono ben aperte su temi come autonomia regionale e macroregione, sui quali Toti ad esempio sogna un ruolo da protagonista anche per la Liguria. E rivolte ai nodi irrisolti del sistema Italia, denunciati da Confindustria, Confcommercio, Confartigianato, Confagricoltura, Confapi e le altre sigle coinvolte ieri al tavolo. E qui emergono i mali cronici: i consumi che faticano a ripartire, il mancato taglio del cuneo fiscale, la spending review troppo blanda, la burocrazia che rende impossibile ogni semplificazione.

Risolverli richiede un lavoro lunghissimo. Ma, se il Paese ora è morto, magari dopo la tre giorni potrebbe cominciare a risorgere.

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