Grasso, per non sembrare partigiano, cioè più favorevole a un partito, s'è fatto eleggere Padre dei popoli di

Liberi e Uguali, un Pci in burletta No, Grasso si difende dicendo che nessuno, in questi anni, gli ha mai chiesto un copeco, niente

 di Diego Gabutti 10.1.2018 www.italiaoggi.it

Offeso perché il Pd - «pubblicamente», e all'evidente scopo d'infamarlo - gli ha ingiunto, come a un utente moroso dell'azienda telefonica, di mettersi immediatamente in pari con le quote da versare al partito, come pare abbia fatto ogni altro eletto nelle liste democratiche, Pietro Grasso non si difende cacciando finalmente gli 80 mila euro d'arretrati e chiudendola lì.

No, Grasso si difende dicendo che nessuno, in questi anni, gli ha mai chiesto un copeco, niente. E che anzi, in quanto presidente del senato, pensava di dover essere così «al di sopra delle parti» da evitare, per non essere accusato di favoreggiamento e partigianeria, di finanziare un gruppo politico particolare, sia pure il suo.

È probabile che, sempre per sfuggire all'accusa di concorso esterno in finanziamento del Pd, in questi anni Grasso abbia anche evitato d'offrire il caffè agli altri «ragazzi di sinistra», quando gli capitava d'incontrarli alla buvette. «Pietro, non ho spiccioli. Paghi tu la mia brioche?» gli chiede un amico, parlamentare democratico come lui, addentando un croissant. E Grasso, al barista, e ignorando il compagno di partito: «Non conosco questo signore, e non rispondo del suo debito con lei». Stiamo parlando d'un presidente del senato che, per non mostrarsi né sembrare «partigiano», cioè più favorevole a un partito piuttosto che a un altro, s'è fatto eleggere Padre dei popoli di Liberi e Uguali, un Pci in burletta.

Stiamo parlando della seconda carica dello Stato, d'un presidente del senato che, invece di presiedere il senato con l'impassibilità di Buster Keaton, presiede la campagna elettorale della Ditta (be', ci prova, ma sono, senza offesa, esibizioni per lo più penose) allo stesso modo e con gli stessi accenti retorici e melò di Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Gigetto Di Maio. Tutta gente che le quote al proprio partito almeno le paga senza discutere.

Intanto che discute (animandosi come capita un po' a tutti quando si parla di dané) con la Commissione Riscossione Crediti del partito democratico, che insiste a gran voce per avere gli arretrati, mentre lui ribadisce, con aria oltraggiata, che non pensava (e tuttora non pensa) che fossero dovuti, Liberi e Uguali lancia la proposta di cancellare le tasse universitarie, d'ora in avanti gratis per tutti, quote zero, non dovute.

È stato Grasso in persona - l'inquilino moroso di Palazzo Madama, il leader magistrato del gruppuscolo post comunista, un'icona del giustizialismo che Grillo e Associati uno così nemmeno se lo sognano - a presentare la coraggiosa proposta. Subito bocciata da tutte le forze politiche, anche da quelle che incoraggiano, tradizionalmente, la crescita del debito pubblico, la proposta dei liberi e degli uguali, ha sollevato in quella parte del paese che ancora presta orecchio a queste cose uno tsunami di risate.

C'entra poco, anzi niente, che l'abolizione d'abord delle tasse universitarie sia «de destra» o «de sinistra», come dibattono in questi giorni giornaloni e talk show che hanno tempo (e colonne di piombo) da perdere.

C'entra che già così, pagando le tasse universitarie, e pagandole secondo reddito, come capita un po' in tutti i paesi civili, abbiamo un'università che costa cara ma vale poco e combina anche meno (per non parlare del nostro ministero dell'istruzione, che ormai funziona come una sorta di réclame istituzionale al fatto che da noi non c'è nessuna differenza, quanto a «valore del titolo di studio», tra lauree millantate e lauree effettivamente conseguite).

C'entra che le quote si pagano, e che l'ultima cosa di cui l'Italia ha bisogno, in questo fine legislatura da brivido, è un partito (be', un partitino) il cui leader (be', Pietro Grasso) ha un'idea del debito pubblico che somiglia a quella che ha dei suoi debiti personali. Nessuno mi ha mai chiesto niente. Sono il presidente del senato, perbacco, e pensavo d'essere esentato dal versamento per il rispetto dovuto alla mia carica.

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