Tra i grillini, la prima a copiare il programma degli avversari è stata la sindaca Raggi.

E ora Di Maio. Dietro l'onestà finta, tanti plagi veri. alla sindaca grillina stava a cuore soprattutto la «visione biocentrica, opposta all'antropocentrismo»

di Tino Oldani, 14.2.2018 www.italiaoggi.it

Tra i grillini, la prima a copiare il programma politico degli avversari è stata Virginia Raggi, sindaco di Roma. Era il 1° agosto 2016: dovendo esporre il programma della sua giunta davanti al consiglio comunale, giunta al punto 4 («Tutela dei diritti degli animali e biodiversità»), la Raggi disse: «Roma Capitale è portatrice di una visione biocentrica che si oppone all'antropocentrismo specista, che nella cultura occidentale ha trovato la sua massima espressione».

La città, in quei giorni, era sommersa da montagne di rifiuti, le strade piene di buche, le maggiori aziende municipalizzate, Ama, trasporti in testa, vicine al collasso. Ma alla sindaca grillina stava a cuore soprattutto la «visione biocentrica, opposta all'antropocentrismo». Curioso, no? Era forse l'inizio di quel salto culturale che i 5 stelle avevano sbandierato in campagna elettorale, come premessa di una amministrazione più efficiente a Roma?

Tra gli scettici, si distinse un abile «smanettone», Tommaso Martelli, ex candidato al consiglio comunale con la Lista Marchini, che provò a inserire alcuni brani del discorso della Raggi su Google. Risultato: diversi paragrafi di quel discorso erano stati copiati da documenti già presenti sul web, in tutto o in parte, attingendo anche a quelli degli avversari politici dei grillini. Compresa la «visione biocentrica», copiata da un vecchio documento della Federazione dei Verdi, il partito di Pecoraro Scanio, che affermava: «Siamo portatori di una visione del mondo biocentrica, che si oppone all'antropocentrismo che nella cultura occidentali ha trovato la sua massima espressione. Oggi, alla difesa di questi diritti, si aggiunge la lotta con lo specismo». Tutto uguale, parola per parola, tranne «specismo», che diventò «specista» in bocca alla Raggi.

Lo stesso metodo, a quanto pare, è stato usato dai 5stelle di Luigi Di Maio per la stesura del programma elettorale 2018. A scoprirlo è stato Il Post.it, quotidiano online, che ha individuato numerosi casi di plagio in ben 11 sui 20 capitoli di cui è composto il programma grillino. La denuncia ha fatto notizia per un giorno, ed è poi sparita dai giornaloni e dai tg, la cui attenzione è stata calamitata dai falsi versamenti dei deputati grillini al fondo per i prestiti alle piccole imprese, alimentato con una parte delle loro indennità. Una vicenda scandalosa, che svela una volta di più come dietro lo slogan grillino «onestà-onestà» ci sia solo la presunzione di una diversità politica inesistente, ovvero i furbetti della diaria parlamentare, che per fottere il loro stesso partito hanno truccato i bonifici online. Inaccettabile.

Altrettanto inaccettabile è che i 5 stelle tentino di fottere gli elettori con un programma costruito con i plagi letterari, vale a dire facendo copia-incolla di interi brani da altri documenti, senza dichiararlo. Una prassi vergognosa, che sconfina nel ridicolo quando i brani copiati sono non solo articoli di giornali e riviste, oppure documenti parlamentari scritti dai funzionari delle Camere, ma compaiono addirittura nei documenti ufficiali degli avversari politici (Pd e Verdi su tutti), e perfino in quelli di società come la Telecom.

Certo, confrontare il programma grillino con i testi plagiati, richiede tempo e pazienza. Ma ne vale la pena. Solo così si ha la certezza di come l'intero programma dei 5stelle sia frutto di plagi e menzogne. La prima balla è che questo programma è «il primo e unico basato sulla partecipazione e sulla democrazia diretta online grazie al sistema operativo Rousseau». Per pura curiosità, ho dato un'occhiata ai plagi contenuti nel capitolo «Sviluppo economico». Il testo a pagina 11, sulla presenza diffusa delle società partecipate pubbliche, è copiato da un dossier del servizio studi della camera. L'analisi del gruppo Eni, a pagina 13, è copiato da un'interrogazione del senatore Giorgio Roilo del Pd. La tesi dell'inquinamento come forma di spreco (pagina 17) è copiato da uno studio della Bocconi firmato da Fabio Iraldo e Irene Bruschi. Altre parti sono copia-incolla di testi trovati su varie fonti: Okpedia, un intervento di Maria Teresa Salvemini al Cnel, un documento della Commissione europea, e così via.

Il plagio più ridicolo riguarda però il rifiuto del pil (prodotto interno lordo) come valido indicatore economico. Un fautore convinto di questa tesi è l'economista Lorenzo Fioramonti, 39 anni, titolare di una cattedra Jean Monnet a Pretoria (Sudafrica), considerato un fiore all'occhiello dai 5stelle, che l'hanno candidato alla Camera e indicato come uno degli autori del loro programma. Breve inciso: le cattedre Jean Monnet vengono assegnate dall'Unione europea a quei docenti che si impegnano a divulgare in altri continenti i principi e i valori dell'Europa unita. La cattedra di Fioramonti è l'unica intitolata a Jean Monnet in Africa. Suona tuttavia strano che a ricoprirla sia un economista che reputa il pil un indicatore economico sbagliato e superato, quando esso è alla base di norme Ue tuttora vincolanti (Maastricht e Fiscal compact) per i PpNon solo. Chi si aspettava che il programma dei grillini si basasse su uno dei saggi scritti da Fioramonti per contestare la validità del pil, resterà forse deluso quando scoprirà che questa parte del programma (pagina 47) è stata copiata pari pari da un articolo di Jean-Paul Fitoussi pubblicato sul National Geographic il 10 novembre 2010. È probabile che Fioramonti consideri Fitoussi un maestro. Ma Fitoussi è stato informato del plagio?

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