Riforme senza alcun costrutto

E quella degli appalti che è un costoso buco nell'acqua

di Domenico Cacopard, 17.2.2018 www.italiaoggi.it

Siamo dunque alla penultima boa. L'ultima, per esperienza, si incontra dieci giorni prima della consultazione elettorale, cioè 22 febbraio. Mancano sei giorni. Oggi, c'è il passaggio dal regime di liberi sondaggi al regime della non pubblicabilità dei sondaggi che, sin qui e come sempre, sono stati uno strumento di campagna elettorale. Poiché l'elettore ha il vizio di andare in soccorso del vincitore, un qualsiasi trend positivo indicato dalle ditte che si occupano, appunto, di sondaggi, ha un effetto moltiplicatore. Sembra difficile, ma è un risultato naturale, già studiato e definito in letteratura tecnica, che chi nei rilevamenti è depresso accentua la propria depressione e chi invece è esaltato si esalta ancora di più.

Il «silenzio-sondaggi», quindi, almeno nel Belpaese è uno strumento utile per lasciare ai concorrenti in campo (senza più gli «aiutini» o gli «ostacoli» dei sondaggisti) il tempo e il modo di rinnovare la propria comunicazione, passando dalle promesse mirabolanti a ragionamenti convincenti. Almeno in teoria, visto che l'irrefrenabile voglia di stupire continuerà a spingere i tre su cui s'è focalizzata la comunicazione (in ordine alfabetico: Berlusconi, Renzi e Salvini) a spararle grosse. Perciò, oggi possiamo fare un piccolo bilancio di ciò che è accaduto in questa campagna. Utile a capire la situazione odierna, meno significativo per il 4 marzo.

La prima constatazione è che Matteo Renzi s'è autoaffondato. Tre anni circa di governo, dopo l'exploit delle Europee, fondati su una comunicazione mirabolante, sempre esaltata dai magnifici risultati e progressivi del suo governo, l'hanno svuotato di credibilità. Basti pensare ad alcuni fallimenti mai riconosciuti da Renzi e dal Pd, e che tuttavia gli italiani constatano giorno per giorno per l'accentuarsi dell'inefficienza di una pubblica amministrazione già inefficiente. Pensiamo al fallimento delle gestione delle infrastrutture di Graziano Delrio, sul Mose, ov'è mancata la doverosa «due diligence» per stabilire il delta tra il pagato dallo Stato e lo speso dal Consorzio Venezia Nuova (un delta del quale s'è alimentata la corruzione del sistema), sugli appalti, con una nuova legge (il codice) che non ha eliminato la discrezionalità degli appaltanti ma ha reso più farraginosi e insuperabili gli ostacoli formali alla realizzazione delle opere (domandare all'Anci, l'associazione dei comuni per avere il dato sui soldi non spesi in opere pubbliche a causa delle storture del codice), e, infine, su varie opacità, prima fra tutte quelle autostradali.

Pensiamo al fallimento totale e irrimediabile delle cosiddette riforme Madia, tutte di tipo formale, incapace di incidere sui due punti cruciali dell'organizzazione dello Stato: produttività e responsabilità. Una riforma, questa dell'amministrazione, affidata a giuristi, non a gente competente di O&M (Organizzazione&Metodi), cioè studiosa dei flussi e della loro razionalizzazione. Tutte cose estranee alla cultura e alle capacità della ministra. Che tuttavia è stata destinataria degli elogi di Renzi (che, all'evidenza, non capisce nulla della materia) e beneficiaria di una candidatura blindata.

Anche sulle banche una posizione debole che induce a ritenere chissà quali verità si celino dietro i provvedimenti assunti e la mancata tutela della persona che s'era più esposta nella riforma costituzionale, conducendola (al netto dei pesanti condizionamenti parlamentari) a un risultato positivo, Maria Elena Boschi. Come un Di Maio qualsiasi, Renzi, almeno dal punto di vista comunicazionale l'ha mollata in pasto ai professionisti del moralismo senza morale che, purtroppo, infestano il Paese.

Perciò, se non ci sarà un cambio di passo nelle prossime due settimane, difficilmente il Pd sfuggirà a una débacle elettorale, il cui aspetto più positivo, in fin dei conti, sarebbe la rimozione del pugile suonato (Renzi) dal ring. Ricordandoci bene che, nella storia del pugilato, non è stato raro il caso in cui il pugile suonato ha trovato miracolosamente la forza per rialzarsi e sferrare all'avversario il colpo del ko. Quanto agli altri, ragioni di spazio mi inducono a rinviare a martedì. Mi premeva scrivere del Pd e di Renzi, proprio perché sono stati protagonisti dell'ultima significativa stagione riformista, buttata poi al vento per gli errori politici e caratteriali e per, diciamolo, le insufficienze culturali proprio di Matteo Renzi.

Un'occasione persa, in mondo che di occasioni ne offre pochissime.

www.cacopardo.it

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