Renzi si dimette da segretario del Pd: “Dobbiamo scrivere una pagina nuova”

Dopo il flop elettorale il segretario fa un passo indietro e chiede non un reggente “scelto dal caminetto” ma un candidato scelto con le primarie

CARLO BERTINI 05/03/2018 alle ore 18:41 www.lastampa.it

Matteo Renzi lascia la guida del Pd. Si presenta nel tardo pomeriggio al Nazareno, dopo numerosi rinvii per commentare il risultato delle Politiche. Rivendica con orgoglio le cose fatte in questi anni («Restituiamo le chiavi di casa, con una casa in ordine tenuta bene, su il Pil, l’export, i posti di lavoro»). «Non faremo accordi, ma opposizione», chiarisce. «Mi sento garante di un percorso politico e culturale. Abbiamo detto no a un governo con gli estremisti. Non abbiamo cambiato idea in 48 ore. Ci sono almeno tre elementi che ci separano da Salvini e Di Maio: l’anti europeismo, l’antipolitica e l’odio verbale che ha caratterizzato la loro campagna. Fate il Governo senza di noi».

Punta il dito contro l’ingovernabilità uscita dalle urne al termine di una campagna elettorale che definisce «piena di bugie», anche da parte di chi ha vinto le elezioni, facendo risalire tutto al risultato del Referendum costituzionale. «Abbiamo riconosciuto con chiarezza che si tratta di una sconfitta netta che ci impone di aprire una pagina nuova all’interno del Partito Democratico». Individua l’errore principale nel non essere andati alle urne in «una delle due finestre del 2017, in cui si sarebbe potuta imporre una campagna sull’agenda europea». L’altro errore è stato essere stati in campagna elettorale «fin troppo tecnici, non abbiamo mostrato l’anima delle cose fatte e da fare».

Per la sostituzione di alla guida del partito sarà convocata l’assemblea Nazionale. Sarà ancora lui a gestire per il partito la fase delle consultazioni. Poi chiede ai suoi non un reggente «scelto dal caminetto» ma un candidato scelto con le primarie. «Non c’è nessuna fuga. Terminata la fase dell’insediamento del Parlamento e della formazione del governo, io farò un lavoro che mi affascina: il senatore semplice, il senatore di Firenze, Scandicci, Insigna e Impruneta».

Renzi è circondato da pochi fedelissimi: Guerini, Orfini, Lotti, Bonifazi. A un certo punto arriva da Bolzano una raffreddata Maria Elena Boschi, tra i pochi big a vantare la vittoria nel collegio grazie al sostegno massiccio della Svp, che si infila in ascensore ammettendo che sì, per il Pd «è stata una sconfitta netta». Nella sala ingombra di telecamere, presenti anche tanti cronisti stranieri, nessun esponente del partito a dare spiegazioni, a commentare una débâcle sotto gli occhi di tutti. Intanto, al piano di sotto, stanno cercando di calcolare chi ce l’ha fatta e chi no a essere eletto in base nel listino proporzionale.

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