Nelle ultime elezioni si è vista l'invidia agire politicamente

Un Paese ammalato di antirenzismo. Paradossalmente si continua a parlare (male) di Matteo Renzi, nel mezzo di una crisi politica per la mancanza maggioranza parlamentare

di Goffredo Pistelli 15.3.2018 www.italiaoggi.it

Un Paese ammalato di antirenzismo. Paradossalmente si continua a parlare (male) di Matteo Renzi, nel mezzo di una crisi politica per la mancanza maggioranza parlamentare. La sua sconfitta, di più, il suo declino, riempiono l'orizzonte di numerosi commentatori, politologi, editorialisti che affollano i talk show o il dibattito sui social. L'innesco grillino di molte speranze nelle fasce più deboli come per il reddito di cittadinanza? La sostenibilità di un programma leghista con l'eliminazione della legge Fornero? No, sono Renzi e i renziani, a occupare l'interesse degli addetti ai lavori. Sono le sorti del famigerato Giglio magico, i mancati autodafé dei suoi membri, il numero dei neoeletti che ne facciano parte, a calamitarne l'interesse.

Fenomeno che dura da giorni e che non dà segni di voler scemare d'intensità. Contagioso. Una specie di ordalia intellettuale, che coinvolge personaggi rispettabilissimi. Una giornalista di livello, come Antonella Rampino de La Stampa, commentando su Twitter una foto della direzione Pd, scrive che si vede «ultima a destra, la scarpa sadomaso di Boschi». Eppure, anni fa, abbandonò indignata una trasmissione tv per aver ricevuto da Guido Crosetto una battuta sessista.

Uno studioso di vaglia, come Gianfranco Pasquino, definisce «eversiva» la linea del Pd, indisponibile ad alleanze con Lega e M5s. Intervento così iperbolico da spingere Aldo Grasso a scriverla grossa sul Corriere: «Faceva prima a dire che Renzi gli sta sulle palle. Non è linguaggio accademico ma così avrebbe evitato di sembrare un D'Alema qualunque».

Qualche giorno prima, sullo stesso giornale, anche lo scrittore Claudio Magris, uno che non è uso chiosare la politica politicante, aveva sentito il bisogno di dire la sua. «Colpisce, soprattutto in certe trasmissioni televisive», scriveva, «l'accanimento non solo e non tanto politico, come è giusto e legittimo, ma vischiosamente personale nei confronti di Renzi. Politologi e giornalisti», aggiungeva, «si improvvisano psicologi e psicoanalisti, vogliono penetrare l'inconscio e le interiora del leader oggi sconfitto, ne diagnosticano complessi e nevrosi, quasi appropriandosi del mestiere e del potere del medico, specie quello dell'analisi dell'anima». E proprio uno psicoanalista, Giacomo Contri, forse il più grande in Italia, dà la spiegazione: «Nelle recenti elezioni italiane ho visto l'invidia agire politicamente secondo la sua essenza (la volontà che tutti falliscano, per poi piangere sul fallimento)». Scritta a commento delle regionali di giugno 2015, le prime perdute da Renzi, offre una chiave di lettura formidabile per l'oggi.

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