Postelezioni. Adesso rischia di saltare tutto

L'Italia è troppo grossa per essere salvata come la Grecia

di Domenico Cacopardo www.italiaoggi.it 20.3.2018

Probabilmente, quella di Sergei Skripal, è la «fake new» del primo trimestre del 2018. Aggredito, con la figlia, da un gas nervino che poteva essere mortale, Skripal era una spia in pensione, di scarsa o nulla importanza per i servizi segreti russi e occidentali. Si capirà presto quali interessi abbiano causato questa tempesta nei rapporti tra Regno Unito (con Usa) e Russia. Ma è probabile che l'operazione si iscriva nel libro dei segnali doppi e tripli che si scambiano i servizi di «intelligence». Ma questa rinnovata attenzione all'impero di Putin suggerisce alcune riflessioni sul «Fattore R» (R come Russia) che s'intrecciano con l'attuale momento italiano.

Negli Stati Uniti neoisolazionisti e antieuropei di Trump l'attenzione per la collocazione internazionale dell'Italia s'è ridimensionata. Non dico che non esiste, giacché la penisola presenta diversi «asset» che debbono essere considerati strategici a Washington. E a Parigi e Berlino: ma questo è un altro discorso che affronteremo più avanti.

Del resto, la nuova politica estera di Trump (influenzata di certo dalla ottenuta indipendenza energetica del suo paese) non ha comportato ancora l'abbandono delle aree critiche: Medio Oriente, Afghanistan, Arabia Saudita. Né, a rigor di logica (nel caso del presidente americano più un auspicio che una constatazione), è prevedibile un abbandono. Nel mondo tripolare, nel quale due poli (Russia-Cina) sono più vicini tra di loro che con il terzo (Usa), le aree geografiche sono come le caselle di una scacchiera: debbono essere tenute in conto perché su di esse si potranno dispiegare alfieri, torri, cavalli e pedoni.

Per quanto limitato, l'interesse Usa all'Italia (più che alla Nato nel mondo bilaterale cercato da Trump) permane, salvo il fronte commerciale aperto con l'Unione europea. Perciò, se su questo terreno, scivoloso più per Trump che per il vecchio continente, le cose peggioreranno, si dovrebbe manifestare una rinnovata attenzione per la penisola che, sino a qualche tempo fa, era l'«interprete» più fidata degli interessi americani in Europa.

Guardiamo ora alla Russia. Accantoniamo le voci su appoggi anche finanziari di Putin a Lega (senza dimenticare che una delegazione leghista poco prima delle elezioni s'è recata a Mosca, ha incontrato esponenti di «Edinaja Rossija» - Russia Unita, il partito di Putin - e ha con loro sottoscritto un accordo di collaborazione) e 5Stelle e prendiamo in considerazione l'aggravarsi della tensione col Regno Unito e il permanere di quella con l'Unione europea, visto che anche di recente il meccanismo delle sanzioni è stato confermato.

L'Italia (di Enrico Letta, di Renzi e di Gentiloni) ha mantenuto un atteggiameno «mite» nei confronti di Putin, manifestando (e realizzando nel concreto) un certo miglioramento degli scambi commerciali e una sostanziale «comprensione» della situazione in Crimea-Donbass e del ruolo assunto dalle forze armata ex sovietiche in Medio oriente. Tanto che il «mite» (ma non fesso) governo Gentiloni ha sollecitato un'assunzione di responsabilità russa in Libia (in funzione dei nostri avversari di scacchiere: Francia e Regno Unito).

Ora che due partiti eversori dell'ordine costituito (adesione all'Unione europea e disciplina finanziaria) hanno vinto le elezioni, c'è da aspettarsi un più marcato «appeasement» italiano nei confronti del grande paese dell'Est. Nella nuova situazione, nella quale è ipotizzabile una crescente difficoltà di rapporti tra Roma e Bruxelles (non a caso Macron e Merkel hanno considerato la situazione italiana pericolosa per l'Europa come la Brexit - in realtà lo è molto di più per la stabilità economica, finanziaria e industriale del continente-), potrebbe consolidarsi la tentazione di un avvicinamento politico tra Roma e Mosca, in funzione - proprio- di un'autonomia e di un sovranismo ancora da conquistare.

È questo che ci stiamo giocando. Anzi che Russia, Usa e Unione europea si stanno giocando alle spalle e sopra di noi.

Ed è evidente che l'«establishment» europeo vede come il fumo negli occhi il pacchetto delle misure sbandierate dai partiti che hanno vinto le elezioni promettendone al popolo la realizzazione. Ricordiamo «en passant» che basterebbe realizzare il 25% del reddito di cittadinanza e abolire la Fornero per far saltare il fragilissimo equilibrio dei nostri conti e mettere aggredire la stabilità finanziaria dell'intera comunità. Infatti, l'Italia non è la Grecia che può essere soccorsa dopo la truffa dei dati di bilancio. L'Italia è così grande che non può essere lasciata alla mercé delle forze populiste che si apprestano a conquistare Palazzo Chigi e le altre sedi del potere. Ma che, per le dimensioni del debito, non può essere oggetto di una manovra alla greca.

Lo sa Mattarella? Insomma, la fase nella quale siamo entrati pretenderebbe la cautela e i passi felpati di cui non dispongono né Salvini né Grillo. Lo spettacolo sta per iniziare. Sarà emozionante. Drammatico. Non ce ne vogliamo perdere un attimo (al Fato piacendo): perché il prezzo è molto salato lo stiamo già pagando.

di Domenico Cacopardo www.cacopardo.it

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