Governo. Che ci fa dai grillini Antonino Di Matteo?

Non è possibile che un magistra to impegnato sul fronte antimafia abbia partecipato al convegno messo ion piedi da Casaleggio ad Ivrea

di Domenico Cacopardo, 12.4.2018 www.italiaoggi.it

«Non è possibile», mi sono detto, leggendo della partecipazione del dottor Antonino Di Matteo, sostituto procuratore, applicato alla Procura nazionale antimafia, all'evento organizzato a Ivrea da Davide Casaleggio. Non è possibile che un magistrato, così duramente impegnato sul fronte antimafia, pubblico ministero in procedimenti giudiziari difficili e di grande impatto emotivo, abbia partecipato al convegno messo in piedi da uno dei discutibili capi di un movimento qualificatosi per la scelta di una «forma-partito» lontana mille miglia dalla Costituzione e dai principi di libertà. Per tante ragioni di opportunità: la più importante riguarda la terzietà di un'autorità giudiziaria che deve essere come la virtù della moglie di Cesare. Indubitabile e indubitata. Nel caso di Di Matteo, la cui «vis» morale e giuridica contro la criminalità e per la difesa dell'ordine legale della nazione è ben ampiamente nota, questa terzietà non è certamente in discussione.

Ciò che è in discussione è l'uso che della sua appassionata relazione può fare il partito politico connesso a Davide Casaleggio e alla sua manifestazione «culturale». Di questa presenza, i 5Stelle possono gloriarsi mentre della legalità repubblicana sono i primi e più rilevanti avversari. L'ho scritto mille volte, e lo ripeto anche oggi: nel Movimento 5 stelle, il potere è riservato, non da una libera scelta degli associati, ma da un'autoinvestitura a Beppe Grillo e a Davide Casaleggio, gestore, quest'ultimo, del blog Rousseau, l'unico strumento di comunicazione di cui disponga il «sistema». La cui linea politica dipende dalla comunicazione e di essa è tributaria obbligata.

Un autoritarismo autoreferenziale, cui si aggiungono l'obbligo incondizionato e senza termini di usare come unico strumento di relazione politica interna ed esterna proprio Rousseau; il patto estorsivo per il quale chi non obbedisce agli ordini dovrebbe pagare la somma di 10 mila euro; la mancanza di garanzie sulla privacy del voto; l'assenza di informazioni certificate sulle scelte dei simpatizzanti iscritti al blog. Basterebbe molto meno per suggerire a chiunque occupi un posto di responsabilità nello stato di tenersene alla larga.

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