LeU è troppo debole per risposarsi col Pd

La raccolta di antirenziani storici e di complemento, pur avviata da oltre due mesi, non approda all'auspicata conclusione.

di Marco Bertoncini, 15.5.2018 www.italiaoggi.it

La raccolta di antirenziani storici e di complemento, pur avviata da oltre due mesi, non approda all'auspicata conclusione. Non si riesce a privare Matteo Renzi del seguito negli organi del Pd (frutto della vittoria congressuale) e nei gruppi parlamentari (conquistato dall'inserimento di propri seguaci nelle liste). Nonostante talune operazioni mediatiche (come le paginate de la Repubblica) che davano come imminente o perfino acquisito il rovesciamento del potere interno al Pd, Renzi è grado di condizionare l'assemblea di sabato prossimo.

Certo, la duplice sconfitta referendaria ed elettorale gli ha provocato una discesa verticale nelle simpatie. Sue incertezze sulla strategia e sulla tattica medesima non l'avvantaggiano: perfino il cerchio magico appare di quando in quando traversato da dubbi, discordanze, minacce di fratture.

La debolezza di Maurizio Martina è esplosa per il buon esito dell'intervento renziano per togliere respiro ai precipitosi spasimanti del matrimonio con i grillini: non è servita al reggente la copertura quirinalizia. Non sembra, quindi, che egli possa oggi affermarsi, specie per la sua richiesta di un anno di attesa per ricomporre la politica del Pd. Si prenda la prospettiva di accordarsi con LeU. Non ha molto senso lanciare un simile progetto, proprio mentre Liberi e Uguali sono angosciati da dissidi interni. Ne è toccato lo scarsamente apprezzato Pietro Grasso, a disagio da capo politico ancor più di quanto fosse fuori posto ai vertici di palazzo Madama. Soffrono gli scissionisti demoprogressisti, spesso in dissidio con i resti di Si e Sel, i quali a loro volta litigano confermando le peggiori tradizioni frantumatorie della sinistra estrema.

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