L’antiberlusconismo spregevole ha prodotto il populismo di oggi

Breve ripasso di un ventennio mica male per l’Italia. Per smascherare i colpevoli di una presa di potere a furor di popolo

di Giuliano Ferrara 6.6. 2018  www.ilfoglio.it (in abbonamento e edicola)

Quando prese il potere, Berlusconi era un Cavaliere del lavoro milanese, con tenuta viscontea in Brianza, molto ricco, forse il più ricco, parlava con tocco magico del paese che amava a tutti gli italiani, poi prendeva un sacco di voti da Funari tra le mortadelle e gli “avanti Di Pietro!”, prometteva i miracoli del lavoro, un milione di posti, e del taglio fiscale, meno tasse per tutti, rilanciava il tema nella forma-sonata della libertà, il suo nazionalismo era giocoso, calcistico, tifoso, Forza Italia!, i suoi compagnons de route si chiamavano Letta, Confalonieri, Dell’Utri, Giuliano Ferrara, Previti, Squillante, una barca di socialisti già craxiani sfiniti dagli assalti, molti democristiani di bella fattura ma semiclandestini ormai, un’armata di giornalisti drop out, compagni di scuola, gente d’azienda varia, imprenditori talentuosi e sorridenti alla vita futura, qualche raro sindacalista riformista che la pagherà cara, derrate di publitalioti bene in carne con qualche publidiota, e naturalmente una folla variopinta di ruffiani, questo succede sempre. Mondo e mercati erano in maturazione verso esiti progressivi e abbondanti della società aperta e globalizzata, Clinton aveva preso il potere da due anni, la Silicon Valley cominciava a fare le faville che appiccheranno il grande incendio produttivistico della fine dei Novanta con la prima ondata delle nuove tecnologie dispiegate, le burocrazie e gli enti intermedi facevano le loro solite scommesse, l’establishment bancario e industriale ne diffidava, lo aveva deriso e combattuto quando rompeva il monopolio dell’informazione di stato e il protocollo di Mediobanca, ma diffidava fino a un certo punto (“se vince lui vinciamo tutti, se perde perde solo lui” è la famosa frase cinica dell’avvocato Agnelli). I suoi testimonial popolari erano Mike Bongiorno e Raimondo Vianello, il suo pegno un’impresa dei sogni costruita da un impresario di sogni, con i fondali color confetto e Beautiful e tutto il resto. I suoi veri nemici erano magistrati ex mani pulite con Borrelli alla testa, e il pool schierato a falange nonostante le avance e le ambiguità del mediocre eroe Tonino, un nucleo del partito ex comunista, i costituzionalisti di sempre, i bellettristi del buon gusto, e quella che Cossiga, simpatizzante diffidente anche lui, chiamava “la nota lobby” di Scalfari e De Benedetti, roba forte. Il Cav. certo era anche un impunito, la sua fortuna era stata meritatamente guadagnata in un’Italia semilegale per tutti, non solo per i partiti che dominavano la scena negli anni Ottanta. Di soperchierie in punto di diritto ne ha fatte, ma mai abbastanza per compensare la grande soperchieria del rigetto costituzionalistico e antifascista e della character assassination del parvenu di massimo talento e di buoni voti popolari.

L’antiberlusconismo fu un fenomeno cupo, una rivolta degli spodestati dal populismo dolce e democratico del grande illusionista e gaffeur, tutta condotta nel segno dell’ideologia e della propaganda, solo i terzisti nicchiavano ma con molte cautele, l’Italia che piaceva e voleva piacere si mise di cattivo umore, di animo nero, e si lanciò contro quest’anguilla scintillante chiamata Caimano da un formidabile scrittore visionario e pazzo, il professor Franco Cordero, il tutto durò due decenni, gli diedero mazzate micidiali con l’assistenza speciale di una masnada di giornalisti esteri disinformati e radical chic (ciao Tom), a cui poi toccarono in forma di nemesi il buon Arnold Schwarzenegger e Donald Trump; ricevettero risposte spesso all’altezza, il Cav. tra disastri e ricostruzioni salvò la roba e la libertà italiana, che non è poco, ma più di tanto non poteva fare, perché era un genio sbandieratore, all’opposizione al governo e in campagna elettorale, ma naturalmente non sapeva far politica, guidare una coalizione di governo, sistemare le cose nel suo movimento delle origini. Quel movimento era fatto di buona plastica, era un magnifico set che ha cambiato in meglio la nostra percezione della politica e della vita, poi fu spacciato per mafia nelle leggende metropolitane della Repubblica delle procure, che Dell’Utri sconta in carcere per la sua intollerabile disgrazia capace di trasformare in reato penale grave amicizie palermitane discutibili, disinvoltura, operatività manageriale in terra sconsacrata. E il famoso partito diventava anno dopo anno un banale partito personale di yesman. Il culmine della cupezza si ebbe quando gli fu penalmente rimproverato un divorzio triste, una via d’uscita allegra, da gran puttaniere di prima classe, sempre gentile e generoso con le sue odalische, e di fronte a pedinamenti loschi, intercettazioni da bordello giuridico, processi alla “furbizia orientale” della belle dame sans merci, e alla fine fu costretto a far votare alle Camere una mozione in favore della “nipote di Mubarak”, alla quale noi demi-vierge del berlusconismo ci sottraemmo ma che adesso, col senno di poi, sottoscriverei di corsa.

L’antiberlusconismo fu una spregevole adunata continua dell’Italia perbenista, generò in progressione l’anticasta e il populismo incazzato, e finì nel governo del vaffa e della democrazia diretta via Srl di oggi. E’ stato uno stalking assassino, un modo di delegittimare le istituzioni prendendo per buona la favola di un loro sequestro a Villa Certosa, quando è ormai chiaro chi e perché e in che mondo nuovo e con quali competenze e con quali camerati e con quale vocabolario scuro scuro ma antineri ha preso il potere a furor di popolo. Lo stalking è durato vent’anni e passa. Ricominciamo? Direi di no, o come si dice adesso gentilmente, anche no.

Commenti

p.ascari

06 Giugno 2018 - 10:10

mistificazione pura, per due semplici motivi: 1) il populismo (continuiamo a chiamarlo così, anche se è moto riduttivo) sta prendendo piede anche in paesi nei quali Berlusconi lo conoscono per il bunga bunga e basta lì. Trump, la Brexit, Austria, Orban, movimenti filoputiniani ecc, non sono certo il frutto dell'antiberlusconismo di Nanni Moretti. Andiamo Ferrara. 2) l'ultima persona che si può chiamre fuori dalla nascita dei populismi è Berlusconi, che è un populista antelitteram. Lui era l'uomo nuovo che veniva dalla classe produttiva contro i poteri forti, i politici di Roma. Il primo partito "antipolitico" della storia di Italai è FI. Continua a mancare, su questo giornale, e per evidenti ragioni, una analisi critica del berlusconismo. Tutto sommato, è come chiedere a Diliberto di fare un'analisi critica del comunismo.

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06 Giugno 2018 - 09:09

Amen (cazzi amarissimi, però).

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RispondiGianniR

06 Giugno 2018 - 09:09

Bene Ferrara, megli tardi che mai. Pero' li chiami con nome e cognome per favore: l'antiberlusconismo del PD (Ulivo, PDS, Ds ecc.)

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Rispondicarlo.trinchi

06 Giugno 2018 - 08:08

Il grande merito di Berlusconi fu abbattere la macchina da guerra comunista di Occhetto. Poi il resto, tutto il resto un mea culpa e incapacità di formare uno stato liberale che poteva avvenire solo con un capo partito fortissimo come LUI era. Oggi raccoglie i frutti della sua incapacità politico amministr. Salvini è una sua creatura a cui ha dato linfa e spazzi. La destra non c’è più e la pantomima di questi 90 giorni di governo ce lo dimostrano. Gli accordi con il populista li abbiamo visti tutti, lo sfascio della destra miserevole è sotto gli occhi di tutti, Salvini sdoganato nel governo populista, la Meloni una melassa per tutte le versioni, e FI una pena di vorrei esserci ma non posso con una opposizione vigliacca e peggio del peggio. Questa è la realtà dei fatti. A questo governo ci hanno portato, Renzi incluso, un governo che è tutto ed il contrario di tutto. Il triste è che qualunque cosa faccian e dicano va bene ed il silenzio nazionale è assordante. Questo è, oggi, il paese.

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Rispondigiantrombetta

06 Giugno 2018 - 08:08

Analisi molto bella e vera, cui mi permetto di aggiungere una personalissima riflessone: la guerra cinica e spietata contro il Cav. non fu che la coda di quella non meno cinica e spietata condotta vittoriosamente dalla potentissima armata mediatico giudiziaria contro Bettino Craxi, che ti fece scrivere, caro Giuliano, che il riformismo italiano fosse stato sepolto per sempre ad Hammamet. Molto bello, acuto ed arguto il richiamo ad un Cossiga simpatizzante diffidente. Cui perdonami di aggiungere Coletti e Vertone, tanto per non far nomi., e pure il carissimo Francesco Forte. Manca solo il capitolo dell’antiberlusconismo lvelenoso è letale di molti alleati del Cav. In campagna elettorale e poi addirittura al governo o al vertice delle istituzioni. La vittoria dei 5 Stelle ha molti padri. Non a caso da ultimo Renzi, che per molti versi del Cav. forse voleva, di certo poteva, essere il giovin erede. Gianfranco Trombetta

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