Testacoda gialloverde sulla Libia, tutti ai piedi di Serraj

Discontinuità chi? Il governo promette aiuto al premier di Tripoli. Differenze tra il piano Salvini e quello Minniti

di Daniele Raineri 19 Giugno 2018    www.ilfoglio.it (abbonamento e in edicola)

Roma. Comincia a vedersi il piano più generale di Matteo Salvini contro i migranti, naturalmente coinvolge i governi africani e presenta similitudini (molte) e differenze (un paio, principali) con il piano del suo predecessore Marco Minniti. Il piano Minniti poteva essere riassunto in tre grandi punti.

Uno, puntava a diminuire il numero degli arrivi in Italia bloccando la maggior parte delle partenze dalla costa libica grazie ad accordi con i “sindaci” locali e con il governo di Tripoli: le comunità libiche si impegnavano a schierarsi attivamente contro i trafficanti.

Due, prevedeva di bloccare la rotta terrestre dei migranti che passa dal confine tra Niger e Libia, molto più a sud, grazie alla presenza di un contingente di soldati italiani che doveva partire a febbraio per il Niger e agire di concerto con i soldati francesi, americani e tedeschi che sono nel paese. In pratica il flusso doveva spegnersi oppure finire sotto controllo molto prima del tentativo di attraversare il mare con i barconi.

Tre, prevedeva infine l’intervento delle Nazioni Unite per sorvegliare le condizioni nei campi libici in cui sono bloccate decine di migliaia di migranti – le loro condizioni erano diventate un punto di controversia molto acceso.

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Il piano Salvini ricalca alcune parti di quello Minniti: vuole confermare gli accordi con i “sindaci” libici, vuole trattare con il governo di Tripoli per ottenere collaborazione nel bloccare le partenze dei gommoni e vuole mandare un contingente militare per bloccare la rotta terrestre dei migranti. Ci sono però almeno due differenze d’impostazione principali. La prima è il blocco dei porti italiani, di cui molto si è parlato in questi giorni. La seconda è che il contingente militare italiano dovrebbe andare nella zona di Ghat, sul confine tra Libia e Algeria e vicino al confine con il Niger. Non è molto lontano da dove avrebbe dovuto posizionarsi la missione del governo precedente, ma sarebbe sul lato libico del confine.

Sebbene quella sia una zona conosciuta bene dai servizi segreti italiani, è pur sempre un pezzo di Libia e non di Niger e potrebbe essere più esposto agli attacchi dei gruppi jihadisti (incluso lo Stato islamico) e più isolato rispetto alle altre basi straniere nella zona, che sono in Niger e Mali, non al confine tra Libia e Algeria. Salvini inoltre parla in un’intervista al Messaggero di ieri di un intervento in Libia “con la Nato” a favore del leader libico Fayez al Serraj, che governa Tripoli e dintorni grazie a un accordo intricato con le milizie locali. Cita eventuali campi di raccolta nei paesi africani (Libia, Nigeria, Costa d’Avorio, Egitto e Tunisia) ma senza specificare di più e non menziona mai le Nazioni Unite.

  

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