Fondi sequestrati alla Lega, Giovanni Guzzetta: "Perché la sentenza lede i diritti costituzionali dei partiti"

Far ricadere su tutti gli associati di quel partito (non solo i dirigenti, ma anche i singoli iscritti, anche quello iscrittosi successivamente ai fatti)".

9 Luglio 2018 www.liberoquotidiano.it

"La vicenda del sequestro preventivo dei fondi della Lega pone alcune questioni che un costituzionalista non può ignorare". Giovanni Guzzetta, professore di Diritto costituzionale all'Università degli studi di Roma Tor Vergata, interviene sul Tempo e lancia un allarme sulle conseguenze che la sentenza sul Carroccio possono avere sul nostro sistema. Guzzetta ha dei "forti dubbi sulla disciplina legislativa che è alla base di quella decisione, giusta o sbagliata che la si voglia ritenere" e spiega che dagli "anni duemila si è affermato nel nostro ordinamento un orientamento legislativo" volto a sancire "una responsabilità degli enti e associazioni per reati commessi dai propri dirigenti. Il principio, astrattamente condivisibile, è che l'ente che si avvantaggia dei proventi dei reati dei propri responsabili, e che colposamente non è riuscito a impedire, debba rispondere anch'esso". Il che significa che possono essere applicati "gli istituti del diritto penale, tra cui la confisca, e in via cautelare (fino all'accertamento definitivo delle responsabilità) il sequestro preventivo".

Il problema, spiega il costituzionalista è che "l'applicazione di quei principi produce l'effetto di equiparare un partito politico a qualsiasi azienda che commetta reati economici". Una equiparazione "molto problematica". Perché ci sono "altri principi costituzionali che tutelano degli altri interessi, altrettanto importanti. Anzi, mentre la valutazione se sanzionare o no con la repressione penale non è normalmente una scelta obbligata, ma discrezionalmente rimessa al legislatore, ci sono dei principi che invece devono obbligatoriamente essere protetti. E tra questi rientra certamente quello del diritto costituzionale di ogni cittadino di associarsi per costituire partiti e «concorrere a determinare la politica nazionale»".

Insomma, "qui non si tratta cioè di punire i singoli autori del reato («la responsabilità penale è personale»), ciò che è ovvio, o di colpire i vantaggi economici direttamente conseguenti al reato ma di far ricadere, sproporzionatamente, le conseguenze di quegli atti, di fatto, su tutti gli associati di quel partito (non solo i dirigenti, ma anche i singoli iscritti, anche quello iscrittosi successivamente ai fatti)".

Solo gli utenti registrati possono commentare gli articoli

Per accedere all'area riservata