Il Movimento 5 selle si arrende alla Tap

Il governo approva il finanziamento del maxi oleodotto. Così è infuocata la polemica che gli ormai ex militanti grillini anti-Tap rivolgono a Luigi Di Maio & Co, accusati di avere allegramente virato rispetto a quanto promesso in campagna elettorale

di Carlo Valentini 12.7.2018 da www.italiaoggi.it

C'erano una volta i grillini movimentisti, su ogni comitato del No mettevano il cappello. Erano diventati perfino gli sponsor dei No-Tap, cioè coloro che volevano bloccare la costruzione in territorio italiano dell'oleodotto che nel 2020 dovrebbe portare in Europa (e in Italia) il gas dall'Azerbaigian, ex repubblica sovietica ora indipendente.

Adesso i 5stelle sono al governo, le loro bandiere non sventolano più nelle manifestazioni anti-oleodotto e ricevono l'accusa di tradimento. Non è facile passare dalla piazza a Palazzo Chigi. Così è infuocata la polemica che gli ormai ex militanti grillini anti-Tap rivolgono a Luigi Di Maio & Co, accusati di avere allegramente virato rispetto a quanto promesso in campagna elettorale. Ma si sa, in politica, le promesse sono spesso di marinaio

Così il Comitato Ventotene, una delle punte di diamante della contestazione all'oleodotto, si sente tradito e ha scritto un comunicato di fuoco: «I gialloverdi danno il via definitivo alla Tap, il governo ha espresso parere favorevole tramite il proprio rappresentante nel board della Bers, la Banca europea per lo sviluppo che finanzia il gasdotto. Questo parere favorevole ha sbloccato un prestito di 500 milioni di euro al quale si aggiungeranno ulteriori somme ad altro titolo per un totale di 1,2 miliardi solo da questo istituto. Viva il governo gialloverde. Di certo sarà interessante capire come i 5stelle si giustificheranno». Anche su Facebook il commento è assai duro: «Dopo la ratifica del trattato commerciale Eu-Giappone, grazie anche alla firma di Gigino 'o steward e alla conferma di acquisto degli F35, ora si concludono i giochi pure sul Tap. Grazie, governo pentastellato».

I contestatori non se l'aspettavano. Nel Salento (a San Foca) era venuto a dar loro manforte Alessandro Di Battista: «Col M5s al governo blocchiamo questo progetto in 15 giorni». Ma passata la festa gabbato lo santo. Così ora il ministro all'Ambiente, la grillina (e salentina) Barbara Lezzi, afferma che «si deve onorare il trattato ereditato che impegna l'Italia ad agevolare autorizzazioni e ad agire in tutte le forme per non ostacolare l'opera». Certo, aggiunge, dovremo verificare «impatto ambientale, penali, credibilità del nostro Paese, accordi siglati per diminuire il consumo di fonti fossili eccetera. Ma il trattato ratificato cinque anni fa dal parlamento lega mani e piedi del nostro Paese».

Insomma l'oleodotto, che per altro l'Europa ha definito indispensabile e porterà energia anche all'Italia, povera di materie prime, fu voluto (fortunatamente) dai governi precedenti. Così oggi di fronte alla Lega che vuole continuare nella sua costruzione e al M5s che aveva promesso di fermarla, per non bisticciare tra alleati ci si trincera dietro i passati governi. Ponzio Pilato, docet.

La luna di miele tra i No-Tap e il M5stelle è comunque finita. Così come del resto sta terminando in Val di Susa quella con i No-Tav. È difficile conciliare lotta e governo all'interno del movimento. Il rischio, alla fine, è scontentare tutti. Commentano i No-Tap: «Delle due l'una: o in campagna elettorale non conoscevano i contenuti del trattato tanto da spingersi in quelle affermazioni oppure li conoscevano ma la promessa di bloccare l'opera era una tentazione irrinunciabile anche perché faceva prendere voti».

Il gasdotto ha già ottenuto, nel 2014, l'autorizzazione ambientale. Un nuovo screening è stato ora deciso dal ministro all'Ambiente, il generale dei carabinieri in quota grillina, Sergio Costa, che si mostra assai prudente: «Il mio ministero sta verificando l'aspetto della tutela ambientale. Tutto il resto riguarda il governo nel suo insieme». Ma il sì del governo al finanziamento da parte della Bers è in pratica un via libera all'importante opera. Lo sottolinea anche Angelo Colombini, segretario confederale Cisl: «Dopo questa decisione l'auspicio è che si possa sviluppare, con pacatezza e serenità, un confronto».

Il gasdotto Tap (Trans Adriatic Pipeline) è un progetto da 40 miliardi di dollari realizzato da un consorzio internazionale di cui Snam (controllata dalla Cassa depositi e prestiti) ha il 20%. Sarà lungo 878 chilometri di cui 550 in Grecia, 215 in Albania, 105 nel Mare Adriatico e 8 in Italia. Attraverso questo gasdotto transiteranno inizialmente 10 miliardi di metri cubi di gas, che arriverà in Italia dall'Albania attraverso il tunnel sotto l' Adriatico. L'approdo sarà a Melendugno, in provincia di Lecce.

Come spesso succede, dietro le faccende politiche vi sono anche interessi economici. L'Italia ha bisogno di gas e per chi ce lo fornisce è un grande business. Perciò bloccare la Tap e il gas che proviene dall'Azerbaigian è un favore sia alla Russia che agli Stati Uniti. Alla Russia perché la Tap consentirebbe all'Europa di non essere più dipendente esclusivamente (o quasi) dal gas russo, quindi senza Tap la Russia e la sua Gazprom continuerebbero ad essere fornitori-monopolisti, ma pure gli Stati Uniti sarebbero contenti: è pronto un gasdotto alternativo in cui convogliare, e venderci, il gas delle multinazionali Noble Energy ed Exxon. Questo gasdotto partirebbe dal giacimento Leviatan, nelle acque israeliane, raccoglierebbe il gas dei grandi bacini al largo di Cipro e arriverebbe in Italia (e in Europa) attraverso la Grecia.

Quindi attori potenti si muovono attorno alle essenziali forniture di gas di cui abbiamo assoluto bisogno ma sembra che chi vuole bloccare la Tap stia perdendo la partita perché i grillini sono oggi più di governo che di lotta.

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