Fra M5s e la Lega, le differenze sono antropologiche

Posizioni diverse, una statalista-assistenzialista e una pragmatico-borghese nel decreto “dignità”; e soluzioni diverse sul destino dell’Ilva e di Alitalia e sull’immigrazione, ma anche sui temi della temi della famiglia e il rispetto della legge. Più difficili da superare senza perdere voti

di Domenico Cacopardo, 31.7.2018 da www.italiaoggi.it

Sono trascorsi due mesi dal giuramento del governo Salvini-Di Maio ed è tempo di valutarne la performance. Non si può, peraltro, prescindere dalla presenza ingombrante e, talora, devastante del comico genovese, Beppe Grillo che, come una sorta di super-ayatollah, dà indicazioni strategiche (e anche puntuali) agli adepti del suo movimento. In particolare, occorre riflettere sul cosiddetto superamento della democrazia parlamentare (anche il giovane Casaleggio è su questa linea) a favore di una sorta di democrazia diretta tramite web, che dovrebbe integrarsi con un'assemblea di estratti a sorte.

Il male del Parlamento attuale consiste nella scarsa partecipazione elettorale («ipse dixit») e nei criteri di scelta o di nomina degli attuali deputati e senatori. Il rimedio sembra peggiore del male: la democrazia del web, testata dalle continue consultazioni 5Stelle, offre ridicoli numeri di partecipazione; ai nominati si possono opporre persone scelte con il criterio delle primarie, piuttosto che le farlocche parlamentarie grilline. Va ricordato, in proposito, che tutta la nomenklatura-casta grillina è frutto di nomina da parte dei due dioscuri (autonominatisi capi) Grillo&Casaleggio dotati di poteri di vita e di morte sulle strutture del movimento.

E non bisogna tralasciare nella valutazione del «Grillo-pensiero», il suggerimento di trasformare l'Ilva di Taranto in un parco-giochi e di procedere sulla strada di una decrescita (infelice) mediante una reale deindustrializzazione. Posizioni inquietanti perché, al di là del tran-tran governativo, incidono sensibilmente sulle posizioni dei «nominati» nel governo e dell'informe massa di seguaci, allertabili via web.

E, venendo al governo, emergono asprezze verbali e modalità politiche indigeribili. Va ricordato che il vicepresidente del consiglio, ministro del lavoro e delle politiche sociali, ministro dello sviluppo economico e «capo» del partito Luigi Di Maio ha definito «miserabili» i parlamentari del Pd che avevano depositato un emendamento contrario all'aumento dell'indennizzo da licenziamento previsto dal «jobs act». Un aumento, voluto da Di Maio, che scoraggerà le imprese ad assumere e si sostanzierà in un danno irreversibile per i lavoratori. Ecco, la parola «miserabili» connota un modo di far polemica politica incompatibile con il rispetto dovuto a tutti, opposizioni e maggioranze. Al di là del non trascurabile ricorso all'infamante insulto verbale(storia vecchia che risale alle prime esibizioni di Grillo), resta la constatazione che il decreto cosiddetto «dignità» è un coacervo di norme tutte anti-impresa che avranno un effetto devastante sugli investimenti e sull'occupazione (effetti che già si sono evidenziati).

Toninelli, ministro delle infrastrutture che attribuisce a se stesso il merito del treno veloce Torino-Milano-Perugia (in funzione da ben prima del suo insediamento a Porta Pia e del nuovo accordo Regione Umbria-Fs sul trasporto regionale (fuori dal perimetro delle sue competenze, in quanto finanziato dalla regione), si diletta ad annunciare decisioni devastanti per lo sviluppo del Paese e per le finanze dello Stato: in particolare sulla linea ad alta capacità Lione-Torino (che leverebbe dalle strada alcune centinaia di migliaia di mezzi pesanti), sull'Alta velocità Brescia-Padova e su tutto ciò che significa modernizzazione e progresso della Nazione.

In fondo, ciò che emerge è l'iniziativa 5Stelle in materia economico-sociale e una sorta di passività di retroguardia della Lega. Una sorta di tentativo di contenimento, piuttosto che uno «show-down» nel quale proprio i grillini avrebbero da perdere di più.

Rimane la primazia di Salvini nella delicata (e popolare) questione degli immigrati, con arrivi azzerati e apertura di altre rotte. Qui il consenso è cresciuto a vista d'occhio ed è diventato parte sostanziale dell'apprezzamento descritto dai sondaggi.

Non c'è dubbio, peraltro, che nel fondo si identificano e si confrontano due concezioni: uno statalismo ideologico che vorrebbe piegare i numeri alle idee e che non intende scommettere sul futuro.

Un sovranismo che, nonostante tutto, pensa di rimettere in moto l'Italia seguendo le ricette che hanno avuto successo (probabilmente effimero) negli Stati Uniti. E due interessi: quello del Nord operoso e produttivo. Quello del Sud improduttivo e parassitario, ben interpretato da 5Stelle.

Prima ci sarà un chiarimento, meglio sarà per tutti. E per la Lega che non può entrare in contraddizione con i forti, riconoscibili interessi della parte attiva del Paese, quella che si concentra in Val Padana.

Non può passare un «atteggiamento passivo nei confronti del presente» (la rinuncia al progresso, di cui è esempio indelebile la cancellazione da parte dell'Amministrazione capitolina di un'opera di Libeskind, il grande architetto polacco le cui realizzazioni creano ovunque flusso di visitatori) un «diritto a un domani migliore senza doverselo conquistare» (con sacrifici, sforzi e lavoro). Parole di Sergio Marchionne, giuste e attuali.

Questo è il bivio. Oggi e domani. Dopo sarà tardi.

www.cacopardo.it

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