Gli scontri tra governo e Autostrade prima di Genova

Gli attriti tra Cinque Stelle e i Benetton risalgono a luglio, quando il ministro dei Trasporti Danilo Toninelli ha congelato tre grandi opere, tra cui la Gronda nel capoluogo ligure

FRANCESCO PACIFICO, 18.8.2018 da www.lettera43.it

Non si sono mai amati, ma la guerra tra i Cinquestelle e i Benetton non è iniziata a Genova, dopo il crollo del Ponte Morandi (qui le principali cose da sapere) e la morte (finora) di 43 persone. Tutto sarebbe iniziato nei primi giorni di luglio, quando il ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, avrebbe comunicato all'amministratore delegato di Autostrade per l'Italia, Giovanni Castellucci (qui i contenuti della conferenza stampa del 18 agosto) di congelare l'avanzamento di tre opere nel mirino da anni dei pentastellati: il Passante di Bologna, la Tirrenica Livorno-Civitavecchia e la Gronda di Genova. Cioè la stessa bretella della quale si parla in questi giorni e che - ideata nel 2001 e autorizzata nel 2017 - avrebbe aiutato non poco ad alleggerire il traffico dei pendolati e pesante sull'A10 e sullo stesso ponte Morandi. A quanto si sa Castellucci non avrebbe gradito la richiesta. E avrebbe fatto sapere a Toninelli che quelle opere sono state non soltanto autorizzate, ma sono previste nella convenzione con Aspi firmata con l'Anas nel 2006. Cioè la stessa che oggi il governo Conte vuole revocare. Una risposta non gradita al responsabile del Mit, che di lì a pochi giorni avrebbe annunciato di voler rivedere tutto il piano opere approvato dal precedente esecutivo.

LA FRAGILE TREGUA CERCATA DA PALENZONA

Per la cronaca le parti, cioè il Mit e Autostrade, hanno ripreso a parlasi attraverso i loro pontieri, siglando una tregua per tutta l'estate, per poi arrivare a una mediazione dopo le vacanze. In quest'ottica si sarebbe molto speso Fabrizio Palenzona, potentissimo presidente di Aiscat (l'associazione dei concessionari autostradali), molto vicino alla famiglia Benetton e soprattutto in rapporti tesi con Castellucci. Ma a questo punto lo scenario cambia, l'obiettivo diventa la convenzione, e da Ponzano fanno intendere che più che una revoca tout court (che da sola gli permetterebbe di incassare fino a 20 miliardi come risarcimento) temono che la pressione dell'opinione pubblica possa costringere a dover ricontrattare l'atto di concessione. Negli ambienti di governo avrebbero già messo nel mirino il famigerato allegato E - quello che garantisce una remunerazione standard sugli investimenti del 7,15 per cento da recuperare poi sui pedaggi - e la formula di calcolo degli aumenti tariffari, che per come fu stabilita permette ai Benetton un paracadute in caso di calo degli automobilisti. Qualcosa di simile - anche se con modi e toni diversi - l'avevano ipotizzato anche i governi del Pd. Che nella scorsa legislatura estesero le convenzioni a tutti i gestori autostradali fino al 2042, chiedendo in cambio più investimenti, uno sconto del 20 per cento per i pendolari, ma anche l'apertura a livello europeo di un tavolo per ricalcolare le tariffe.

Intanto le opere finite nel mirino di Toninelli sono da tempo oggetto di polemiche e di proteste. Il Passante di Bologna, di fatto, è stata la prima grande opera bloccata dal nuovo corso giallo-verde. Toninelli ha lanciato la proposta di costruire una più semplice e nuova tangenziale, unificando il tratto urbano dell'A14 e della tangenziale esistente. Secondo gli amministratori del centro felsineo quest'ipotesi non è sufficiente per contenere il traffico dell'area metropolitana. Mentre Autostrada lamenta i ritardi burocratici, nonostante abbia già in pancia circa 1,8 miliardi da spendere. La Tirrenica, al centro delle ire degli ambientalisti e diventata negli anni un altro cavallo di battaglia dei Cinquestelle, è ripartita in scala ridotta soltanto alla fine dell'anno scorso, ma è rientrata nel maxi finanziamento da 10 miliardi deliberato lo scorso anno dopo l'allungamento delle concessioni con Aspi, per la parte di collegamento tra Livorno e Civitavecchia. Nello stesso pacchetto poi c'è anche la parte iniziale dei 4,2 miliardi di euro per costruire la Gronda di Genova. Quella che è stata progettata nel 2001, sbloccata alla fine dell'anno e secondo i Pentastellati non serviva perché il ponte Morandi sarebbe restato in piedi ancora per anni e anni

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