Sanità e mutui, via un miliardo di detrazioni

Verso tagli anche ai ministeri e agli enti locali, Di Maio: «Il team mani di forbici» è al lavoro

30/09/2018 ROBERTO GIOVANNINI www,lastampa.it

Il «team mani di forbice» evocato dal vicepremier Luigi Di Maio avrà a disposizione dodici mesi giusti giusti per trovare le voci di spesa da tagliare e restituire l’aumento del deficit e del debito dovuto alla «manovra del Popolo». «Come fanno tante famiglie italiane - ha detto Di Maio - abbiamo chiesto un prestito che restituiremo quando le risorse dei tagli che faremo, ma che andranno a regime nell’anno, rientrano nelle casse dello Stato. Stiamo prendendo un po’ di soldi anche per finanziare due programmi elettorali e per soddisfare due elettorati».

Il guaio è che per far tornare i conti della manovra già oggi bisogna trovare un bel po’ di risorse. Servono fino a 13 miliardi di euro, tra nuove entrate o tagli alla spesa, se si vogliono rispettare le promesse formulate l’altro giorno dal governo giallo-verde. Trovarli in queste due settimane prima del varo della legge di Bilancio è certamente possibile; ma non sarà una passeggiata.

I conti per il 2019 sono noti: la manovra pesa circa 40 miliardi di manovra, contando 12,5 per bloccare l’Iva, 10 per il «reddito» , 7 per quota 100 per le pensioni, 1,5 per i risparmiatori, 1,5 per la flat tax sugli autonomi, 1 per l’Ires, 3,6 di spese indifferibili e 3-4 per il prevedibile maggior onere sul debito. Lo sforamento del deficit garantisce 27 miliardi: ne mancano all’appello 13. E nella lista non è stata inserita l’altrettanto costosa misura della «pensione di cittadinanza», che costerebbe altri 6 miliardi.

Il grosso delle risorse dovranno essere trovate tra i tagli alla spesa. Secondo fonti parlamentari, un discreto lavoro di contenimento della spesa dei ministeri e di riduzione degli acquisti da parte della Pubblica amministrazione sarebbe già stato avviato: da qui potrebbero arrivare risparmi per circa tre miliardi.

Un grande «pozzo» di risorse da recuperare è quello delle cosiddette «tax expenditures», le agevolazioni fiscali a vario titolo concesse. Togliendo quelle «intoccabili», come le detrazioni Irpef per spese di reddito o per familiari a carico, ce ne sono 466 che valgono 54 miliardi l’anno. Alcune in queste settimane sono già state individuate come eliminabili, sia pure facendo arrabbiare chi ne beneficia: parliamo dei bonus fiscali per le fonti energetiche fossili per agricoltori e trasportatori, delle detrazioni per le spese veterinarie e i sussidi per le spese funerarie, le assicurazioni e le cooperative. Possibili novità anche per le agevolazioni alle imprese: potrebbe saltare l’Ace.

Certo è che verificare uno dopo l’altro tutti gli sconti fiscali è un lavoro molto lungo: proprio per questo nonostante le periodiche smentite si continua a parlare di una possibile riduzione dal 19 al 17% dell’aliquota che si può detrarre dall’Irpef (con un tetto massimo) per alcuni oneri. Tra questi, spese mediche e per assistenza, interessi passivi sui mutui, spese universitarie e altro. Una sforbiciata «rozza», ma che darebbe un miliardo di risparmi.

Certamente non potrà essere utilizzato come copertura il gettito «una tantum» della cosiddetta «pace fiscale». Le entrate, stimate in 3,5-5 miliardi di euro del condono tributario sono certamente non ricorrenti. Diverso è il discorso per quanto riguarda il concordato con adesione su cui spinge tantissimo il Carroccio, un meccanismo che permette al contribuente di incontrare e definire «in diretta» con il Fisco le imposte da pagare. A suo tempo anche Giulio Tremonti e Silvio Berlusconi poterono utilizzare questa voce per finanziare spesa corrente. Potrebbero essere una fonte di copertura finanziaria possibile, dicono alcuni osservatori, visto che gli incassi saranno spalmati in più anni, anche i proventi della gara in corso sulla telefonia 5G, che ha già raggiunto i 5,9 miliardi contro i 2,5 messi a bilancio.

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