“Trump ha bisogno dell’Italia per far guerra all’Europa”

“Trump non è contro l’Unione europea in sé ma lo è per come viene governata al giorno d’oggi dalla Germania”, ci dice Enjeti

OTT 29, 2018 ALESSANDRA BOCCHI www.occhidellaguerra.it

Washington DC) A Washington DC c’è aria di cambiamento verso l’Italia. Le elezioni di aprile, con la vittoria di Lega e Movimento 5 Stelle, hanno portato al potere il primo governo populista in Europa. Senza contare la vittoria contro l’establishment di Donald Trump.

I due Paesi ora hanno governi fortemente identitari. Ma non solo. L’America e l’Italia condividono gli stessi interessi nel risolvere problemi come l’immigrazione incontrollata ed l’egemonia di Bruxelles. Su altri temi, però, come la politica estera nel Medio Oriente, i due Paesi faticano ancora a trovarsi dalla stessa parte.

Siamo andati nella capitale a parlare con giornalisti e analisti di orientamento trumpiano per capire cosa pensa la presidenza americana del nuovo governo italiano.

“Il presidente Donald Trump stima molto il nuovo governo italiano, specialmente per avere fermato l’immigrazione”, ci racconta Saagar Enjeti, il corrispondente della Casa bianca per The Daily Caller, uno dei media conservatori più grandi del Paese.

Enjeti dice che durante la visita del premier Giuseppe Conte alle Casa bianca ha notato una particolare “affinità” tra i due leader. Trump ha espresso la sua ammirazione verso la posizione del ministro dell’interno Matteo Salvini nel chiudere i porti italiani alle Ong che trasportavano migranti.

Il tema dell’immigrazione è stato fondamentale anche in America per la campagna elettorale di Trump. La popolazione americana sta cambiando rapidamente e la popolazione di origine europea rappresenta il 62% delle persone, mentre qualche anno fa l’85%. E Trump ha un particolare interesse a quello che sta accadendo in Europa.

“C’è un’affinità culturale tra l’America e l’Europa perché Trump è di origine europea, ma c’è anche un interesse strategico per via del fatto che la sicurezza in Europa è a repentaglio per colpa del terrorismo importato dagli immigrati”, dice Daniel McCarthy, uno scrittore americano ed ex-direttore del The American Conservative, un giornale intellettuale alternativo.

Un altro tema sulla quale i due Paesi condividono interessi è quello dell’Unione europea, in particolare verso il controllo che la Germania ha su di essa. “Trump non è contro l’Unione europea in sé ma lo è per come viene governata al giorno d’oggi dalla Germania”, ci dice Enjeti. “Il rapporto tra questa Casa bianca e la Cancelliera tedesca Angela Merkel è molto conflittuale,” ci dice anche Mills.

Trump era a favore della Brexit durante la sua campagna elettorale e ha cercato di mettere dei dazi sull’Unione europea in modo tale da danneggiare soprattutto l’industria tedesca. Anche l’Italia ha dei conflitti economici con Bruxelles all’interno della moneta unica, che si sono manifestati particolarmente con il nuovo governo giallo-verde. Non a caso, l’America potrebbe comprare i bond (titoli di stato) italiani per aiutare a tenere in piedi il nostro sistema bancario.

Ma non sono tutte rose e fiori. I due Paesi infatti faticano ad allinearsi sulla politica estera, anche se questo non sembra avere alterato i rapporti tra i due Stati, anche perché sarebbe l’establishment repubblicano, e non Trump, a volere continuare la politica americana in Medio oriente degli ultimi vent’anni.

Fino ad oggi, infatti, un ruolo fondamentale nella politica estera americana è stato ricoperto dai neoconservatori, che hanno spinto per fare guerra in Afghanistan, in Iraq, in Libia e in Siria. Durante la sua campagna elettorale, Trump aveva promesso la fine di queste guerre, rimettendo al centro gli Stati Uniti: “America first”. Una promessa simile a quella del leader della Lega Matteo Salvini con lo slogan “Prima gli Italiani”. Entrambi si sono opposti agli interventi militari in Iraq, in Libia e in Siria e all’ostilità verso la Russia.

Detto questo, da quando è diventato presidente, Trump ha bombardato la Siria sotto il controllo del presidente Bashar al Assad due volte, e ha preso una posizione ancora più dura con le sanzioni contro l’Iran.

“Non è un segreto che c’è una guerra interna tra l’establishment repubblicano e la linea del presidente. L’establishment è fortemente contro la Russia, e non vedo una possibilità di avvicinamento verso il Paese in questo momento”, ci dice Curt Mills, reporter di politica estera per The National Interest, un giornale di relazioni internazionali americano. Da una parte Trump condivide la linea del nuovo governo italiano, che vuole che ci sia una fine all’ostilità verso il presidente russo Vladimir Putin, dall’altro è estremamente ostile all’alleato russo più importante in Medio oriente: l’Iran.

L’Iran è il nemico principale di Israele, che a sua volta è l’alleato più importante dell’America in Medio oriente. L’America ha sempre appoggiato Israele quasi incondizionatamente, anche a discapito dei propri interessi. Anche se Trump è riuscito ad ottenere un rapporto meno conflittuale in Medio Oriente rispetto ai suoi predecessori Barack Obama e George W. Bush, è ancora da vedere quanto riuscirà a resistere ai neoconservatori del partito repubblicano.

Un asse americano e italianao insieme ad altre forze populiste in Europa che collabora sui temi come la lotta all’immigrazione di massa e l’egemonia di Bruxelles in Occidente si sta sviluppando. Il come, però, non si sa ancora, soprattutto in termini di politica estera, nelle relazioni con la Russia e i conflitti in Medio oriente.

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