La Francia ci dichiara guerra usando le direttive Onu sul cibo

La dieta mediterranea torna sul banco degli imputati dell’Oms

NOV 8, 2018  ANDREA MURATORE www.occhidellaguerra.it

Il 2 novembre scorso, nel corso di una riunione informativa tenutasi a Ginevra, i sette Paesi del‪ Foreign Policy and Global Health Initiative (Brasile, Francia, Indonesia, Norvegia, Senegal, Sudafrica e Thailandia), tavolo di lavoro dell’Organizzazione Mondiale della Sanità(Oms) hanno presentato un progetto di risoluzione sulla nutrizione, che poi a partire dal lunedì successivo è stato depositato all’Assemblea Generale dell’Onu per iniziare un iter di discussione.

Al centro della risoluzione vi sono una serie di cibi considerati “insani”, sulla base di un’analisi che va in netta controtendenza contro quanto deciso a fine settembre in occasione dell’Assemblea Generale, quando nella Dichiarazione Politica adottata da Capi di Stato e di Governo si è inserito un chiaro riferimento alla lotta agli stili di vita poco salutari. E la questione acquisisce una valenza politica non indifferente se si pensa che tra i cibi portati sul banco degli imputati vi sono numerosi componenti della dieta mediterranea che per l’Italia sono importanti sotto il profilo economico.

La dieta mediterranea torna sul banco degli imputati dell’Oms

Come riporta La Verità, “nel mirino finiscono ancora una volta olio extravergine, parmigiano e grana, prosciutto e salumi, panettoni”. La dieta mediterranea torna sul banco degli imputati, senza alcuna mediazione scientifica, dopo esservi già salita prima dell’ammorbidimento della dichiarazione politica dell’Assemblea Onu.

“Si trattava di adottare la risoluzione per combattere le malattie della modernità: quelle cardiovascolari, il diabete legate in qualche modo all’ alimentazione. […] Il nostro governo e la diplomazia italiana sono stati così convincenti da far sì che la risoluzione adottata non solo non ha assunto nessuna iniziativa contro i nostri prodotti, ma ha spostato – correttamente – l’ accento sugli stili di vita. Anche perché l’Onu si sarebbe trovato di fronte al paradosso di aver promosso la dieta mediterranea come patrimonio mondiale dell’ umanità e poi penalizzare i prodotti cardine, come l’ olio extravergine di oliva, della stessa dieta mediterranea”.

Tutto questo fino al cambio di marcia impressa dal Fpgh nella giornata del 2 novembre, che rappresenta una forzatura non indifferente. Dietro cui si possono individuare facilmente chiare operazioni politiche e commerciali da parte di tutti i Paesi membri del forum, meno uno: la Francia.

La Francia di Macron contro l’export italiano

Obiettivo dei proponenti del nuovo rapporto è far sì che i prodotti messi all’indice siano colpiti da restrizioni, dazi e regolamentazioni stringenti sulla loro commercializzazione.

E tutto questo risponde agli interessi di numerosi Paesi propositori. A farci da guida è nuovamente l’articolo di Carlo Cambi sul quotidiano milanese: ” Il Brasile ha tutto l’ interesse a deprimere il consumo di frutta europea e d’ incrementare quello di pesce, egualmente vale per il Sudafrica, la Norvegia deve spingere al massimo sulla nutrizione a base di Omega 3 visto che vive di salmoni […] la Thailandia deve fare spazio al suo olio di palma e al suo riso, Indonesia e Senegal devono conquistare il mercato dei legumi attraverso l’esportazione di soia”.

Grande assente, in questo contesto, la Francia. Paese che ha molto da temere dall’ottimo stato di salute delle esportazioni italiane nel settore agroalimentare. “Le vendite all’estero nel 2017 sono arrivate alla bella cifra di 41,03 miliardi di euro, il 7% in più rispetto al 2016”, riporta Avvenire. Una sfida diretta per la forte posizione francese in questo campo, che ha spinto Parigi a muoversi in concerto con le altre nazioni in chiara direzione antitaliana. Posizione a dir poco autolesionista quella di Parigi, che ha condiviso in sede europea numerose battaglie comuni con l’Italia, prima fra tutte quella sulla regolamentazione del glifosato.

Conferma, se ancora ce ne fosse bisogno, della miopia strategica del governo di Emmanuel Macron, che dall’Europa alla Libia, dall’agricoltura all’industria, non perde occasione per mettere i bastoni fra le ruote all’Italia, che in condizioni normali dovrebbe essere il partner più strategico di Parigi. Ma sulla questione del cibo made in Italy la diplomazia italiana non si è fatta trovare impreparata.

Centinaio all’attacco: “daremo battaglia”

Intervenendo in sede Onu, il Rappresentante Permanente italiano, Ambasciatore Gian Lorenzo Cornado, ha preso una posizione inequivocabile, esprimendo preoccupazione per il linguaggio usato nel documento, che adotterebbe un linguaggio ambiguo e porterebbe ad azioni impulsive non suffragate da reali conoscenze scientifiche.

La presa di posizione più dura è però venuta dal Ministro delle Politiche Agricole, il leghista Gian Marco Centinaio: “non si tocchino i prodotti del made in Italy. Continuare a discutere sull’ introduzione di indicatori di nocività sugli alimenti (le cosiddette etichette a semaforo) sulla base dei contenuti di grasso, zuccheri o sale è veramente pretestuoso”, si legge sul sito del Ministero. “Se alcuni Paesi”, ha affermato il Ministro, “in sede di Oms non vogliono ragionare dopo che è stato stabilito che non esistono cibi più o meno salubri ma diete sane o insalubri allora daremo battaglia. È inaccettabile. Come si può pensare che ciò che l’ Unesco ha designato come patrimonio dell’ umanità, la dieta mediterranea, possa essere considerato nocivo?”.

Domanda che rimane senza risposta nel dibattito infinitamente contraddittorio di cui, una volta di più, le Nazioni Unite si sono rese protagoniste. Ma, parafrasando Guido Carli, una domanda ben posta fa più rumore di un pugno sbattuto sul tavolo. E le parole di Centinaio, certamente, non saranno state pronunciate al vento: l’Italia punta a difendere gli interessi della sua cultura culinaria e alimentare da qualsiasi strumentalizzazione. E ha iniziato col piede giusto.

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