Sembra un tanto deprecato governo della prima repubblica

Quasi separati in casa, i leader dei due partiti di governo accumulano tensioni e contraddizioni, fanno qualche affermazione contundente e poi si riuniscono e decidono un rinvio più o meno ben camuffato

di Sergio Soave, 14.11.2018 www.italiaoggi.it

Quasi separati in casa, i leader dei due partiti di governo accumulano tensioni e contraddizioni, fanno qualche affermazione contundente e poi si riuniscono e decidono un rinvio più o meno ben camuffato. È stato così per l'abolizione della prescrizione dopo il primo gradi di giudizio, per la Tav, sulla quale si attende una decisione per fine anno, sarà così, è facile prevederlo anche per la nuova mina inesplosa del conflitto di interesse. I grillini cercano di inserire nelle scelte del governo i punti del loro programma che sono solo accennati nel famoso «contratto», Matteo Salvini resiste e ottiene rinvii.

Prima o poi, però, le scadenze arriveranno, anche se probabilmente l'anno prossimo, dopo la conclusione della sessione di bilancio, o addirittura dopo le elezioni europee di maggio. Dopo di queste date, una volta verificato il reale rapporto di forze elettorali, si dovrà decidere se esiste uno spazio di intesa sulle sempre più numerose questioni controverse o se il governo deve buttare la spugna e dimettersi. Il tempo sembra lavorare per Salvini, che continua a ottenere risultati lusinghieri non solo nei sondaggi ma anche nelle consultazioni locali, nelle quali però i 5 stelle partono svantaggiati.

L'altra differenza sta nella stabilità della leadership della Lega e nella friabilità di quella dei 5 stelle. Nella Lega (e ormai nell'intera galassia del centrodestra) nessuno mette in discussione il primato di Salvini. Tra i 5 stelle, invece emergono antagonismi, accentuati dalla norma interna che limita a due candidature il mandato dei parlamentari. Luigi Di Maio, nominato capo politico per dieci anni, in caso di elezioni anticipate non potrebbe ricandidarsi. È vero che le regole possono essere cambiate, ma la statura politica del vice premier non è tale da consentirgli un gioco troppo spregiudicato.

Nel movimento 5 stelle c'è chi teme che continuare con la tattica del rinvio, festeggiando in pubblico successi che poi non si realizzano concretamente, porti inevitabilmente a una lenta sottomissione alla Lega e, dopo esiti elettorali insoddisfacenti, a elezioni anticipate che sancirebbero il successo del centrodestra. Per questo si chiede di agire con più determinazione, anche a rischio di anticipare la crisi di governo. Tanto, pensano, Mattarella non scioglierà le camere e il Pd post renziano potrebbe appoggiare un esecutivo d'emergenza guidato comunque da un esponente scelto dai 5 stelle. Così Di Maio è costretto a fare la parte del duro a intermittenza, salvo poi trovare un accordo sull'ennesimo rinvio, seguendo una tecnica collaudata nei governi di coalizione della prima repubblica, tanto deprecati da Beppe Grillo e dai suoi seguaci.

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