TAV e inceneritori: perché i Sì della Lega non sono migliori dei No dei Cinque Stelle

No, non c'è nessun conflitto ideologico tra Lega e Cinque Stelle su Tav e inceneritori: entrambe le posizioni sono espressione di un populismo che confonde buon senso e senso comune

@carmelopalma 17,11,2018 www.linkiesta.it

Dalla TAV agli inceneritori sembrano moltiplicarsi i punti di divergenza e contrasto tra Lega e M5S. Non si tratta però di un vero conflitto politico (cioè di cultura o proposta politica), ma di semplice concorrenza nel grande mercato del “voto contro”.

Nella coalizione giallo-verde del NO, c’è un’evidente asimmetria. A parte i NO storicamente comuni – all’Ue, alle banche, al pareggio di bilancio, alla riforma Fornero, al Ceta, alle delocalizzazioni, a Juncker, ai vaccini, all’olio tunisino, alla Bolkestein, alle privatizzazioni, a Soros, agli Ogm, all’apertura domenicale degli esercizi commerciali ecc. ecc. – che comunque assorbono circa il 90% dello scibile politico, il M5S ha sposato i NO leghisti su immigrazione e sicurezza, mentre la Lega, che tiene a conservare l’aura di concretezza del Capitano, recalcitra sui NO grillini più vetero-ambientalisti e meno legati a constituency territoriali o economiche organizzate, e quindi spinge ad esempio su TAV e inceneritori, abbandonando il M5S nell’isolamento.

Il risultato, in questo gioco, va a vantaggio della Lega, che pur condividendo con il M5S un approccio interamente centrato sulla raccolta e il riciclo del “voto-contro”, rimane schierata su NO potenzialmente maggioritari, cioè su pregiudizi più diffusi, e abbandona al loro destino quelli costitutivamente minoritari, in particolare se legati, al di là del loro valore simbolico, a piccole comunità locali.

I NO della Lega non sono “migliori”, né più razionali di quelli del M5S, ma sono oggi semplicemente più rappresentativi, cioè più corrispondenti al comune sentire di un elettorato particolarmente incline – e da anni irresponsabilmente educato – a fare coincidere buon senso e senso comune, realtà e rappresentazione, diritto e abitudine. L’impressione è che, mentre il M5S ha un approccio al NO più rigidamente ideologico, la Lega ne abbia uno più disinvoltamente affaristico. Detto in altri termini, mentre Fico e Di Maio scontano il dilettantismo e l’apprendistato gruppettaro, Giorgetti e Salvini danno prova di un migliore senso del mestiere politico.

Dunque è vero che questo scontro un po’ patetico e un po’ ridicolo su inceneritori, Terzo Valico e Tav farà emergere agli occhi della generalità degli elettori, e in particolare di quelli del Nord, l’immagine di una Lega più “responsabile” del M5S, ma non si può trarre da questo scontro la conclusione che un’alternativa interna all’universo populista (meglio un monocolore leghista del bicolore penta-leghista) sia preferibile alla costruzione, oggi apparentemente improba, di una alternativa esterna all’attuale coalizione di governo.

La Lega gode ancora di una rendita immeritata di interprete e garante dei bisogni del Nord, come se il consenso raccolto nelle ragioni più ricche fosse stato, anche solo in parte, motivato da un’analisi approfondita e da un giudizio positivo sul programma economico leghista, e non da angosce epocali (a partire dall’immigrazione) e dal mix storicamente esplosivo di timore del futuro e idealizzazione del passato, che ha portato milioni di operai, professionisti, imprenditori e anche pensionati a votare non “con il portafoglio”, ma con un subconscio politico popolato di fantasmi.

La Lega non è dunque meglio del M5S. È solo l’espressione di un populismo più efficiente e dunque, se possibile, pure più pericoloso, oggi, di quello (post)grillino.

 

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