La bomba che può esplodere dalla miccia delle sofferenze bancarie

La vigilanza della Bce ha messo nel mirino gli Npl dei nostri istituti di credito. Così il mix tra sottocapitalizzazione ed eccessiva esposizione verso il debito sovrano italiano mette a rischio il sistema.

FRANCESCO PACIFICO, 16.1.2019 www.lettera43.it

Con il comparto crollato in Borsa del 2%, Matteo Salvini ha mantenuto il suo solito approccio cauto: «Il nuovo attacco della vigilanza della Banca centrale europea al sistema bancario italiano e a Monte dei Paschi di Siena dimostra ancora una volta che l’Unione bancaria, voluta dall'Unione europea e votata dal Partito democratico, non solo non ha reso più stabile il nostro sistema finanziario, ma causa instabilità, colpendo i risparmi dei cittadini e un sistema bancario come quello italiano che aveva retto meglio di tutti alla grande crisi finanziaria del 2008». Parole dalle quali, indirettamente e senza citarlo, ha preso le distanze il ministro dell'Economia Giovanni Tria al termine della sua visita a Mosca, anche soffermandosi sulla pietra dello scandalo, cioè la richiesta della Bce di ridurre entro i prossimi sette anni le sofferenze bancarie. «L'andamento dei Non performing loan (Npl, cioè crediti deteriorati, ndr)», ha spiegato il titolare di via XX settembre, «va bene, si stanno riducendo costantemente secondo gli impegni e i programmi europei. Questo è certificato e quindi non c'è nessun problema».

RISORSE PARI A 15 MILIARDI DI EURO PER "RIPULIRSI"

A ben guardare, la vigilanza bancaria europea da poco finita nella mani dell'italiano Andrea Enria ha soltanto confermato le sue indicazioni sui prestiti non esigibili e incagliati, conosciute dal mercato già dall'estate 2018. Mediobanca ha calcolato che i nostri istituti, per "ripulirsi", rischiano di dover destinare risorse in questa direzione pari a 15 miliardi di euro. Ma i tempi di rientro sono più sostenibili di quanto appare, anche perché l’Addendum riguarda i flussi generati dal primo aprile 2018 e nei prossimi due anni è garantita una moratoria. Se a questo si aggiunge che - come rilevato dall'Associazione bancaria italiana (Abi) - la quantità degli Npl è tornata a un livello accettabile, cioè a 31 miliardi di euro contro lo stock del valore di oltre 340 miliardi del 2015, si comprende la sorpresa al ministero dell'Economia per la chiusura dell'ultima seduta di Borsa. I problemi, fanno intendere in via XX settembre, non mancano, ma vanno cercati altrove.

Mentre si allontana un accordo sull'Unione bancaria, si conferma la volontà della Bce di ridurre l'esborso di tutte le aziende creditizie europee verso i bond pubblici

In controtendenza a Piazza Affari, nella giornata del 15 gennaio, le banche hanno chiuso in negativo: Ubi (-4,97%), Bper (-4,74%), Banco Bpm (-4,13%) e Unicredit (-3,16%). Inutile dire che la peggiore è stata quella più colpita dalla stretta Bce, cioè Monte dei Paschi: -7,65%.

In realtà la miccia degli Npl potrebbe far esplodere una bomba molto più grande: cioè il combinato disposto tra sottocapitalizzazione (meno di 100 miliardi di euro) ed eccessiva esposizione verso il debito sovrano italiano. Circa il 40% del capitale degli istituti italiani è destinato all'acquisto di titoli di Stato, investimento sempre meno remunerativo visto l'innalzamento dello spread. Mentre si allontana un accordo a livello europeo sull'Unione bancaria, si conferma la volontà della Bce di ridurre l'esborso di tutte le aziende creditizie europee verso i bond pubblici. In caso contrario le regole contabili attuali limitano l'azione delle banche verso le loro attività naturali: l'erogazione di prestiti o gli investimenti finanziari.

UN 2019 CHE SI PREANNUNCIA INGESTIBILE PER IL GOVERNO

In un primo tempo il mondo bancario attendeva - come avvenuto nel salvataggio bancario - una garanzia pubblica sulle vendite delle sofferenze così come su alcuni tipi di emissioni. Non è arrivato nulla di tutto questo. Invece il settore, assieme alle assicurazioni, si è visto aumentare le tasse per il 2019 di oltre 4 miliardi di euro. Risultato? Si riduce il perimetro di azione e gli istituti - come ha fatto Unicredit con emissioni dalle rendite molto alte - sono costretti a darsi alla finanza per aumentare le rendite. Tutto questo avviene in un 2019 che rischia di diventare ingestibile per il governo quanto per il mercato italiano: c'è da concludere il salvataggio di Carige, entro la fine dell'anno lo Stato dovrebbe uscire da Monte dei Paschi, mentre a breve potrebbe entrare in crisi la Popolare di Bari. E con il bilancio pubblico messo a dieta da Bruxelles, nessun soggetto - pubblico o privato - potrebbe avere i fondi necessari per blindare il sistema. Intanto gli investitori, non solo stranieri, scappano dalle banche italiane.

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