Regionali Sardegna, il pressing di Giancarlo Giorgetti su Matteo Salvini: adesso basta con Luigi Di Maio

La Lega non è più un monolite come qualche mese fa. Per carità, il Capitano è sempre il Capitano

Salvatore Dama 25 Febbraio 2019www.liberoquotidiano.it

La Lega non è più un monolite come qualche mese fa. Per carità, il Capitano è sempre il Capitano. Però la linea politica scelta da Matteo Salvini inizia a stare stretta ad alcuni dei suoi uomini più autorevoli. I falchi sono in pressing. Consigliano di staccare la spina al governo Conte. Il leader? In realtà, non è insensibile a questo malessere. Che è anche il suo. Ma predica calma. Ha fissato come orizzonte temporale le elezioni europee. Solo allora, ha spiegato ai suoi, faremo il punto sulla sopravvivenza dell' alleanza gialloverde. Gli eventi però potrebbero precipitare. Specie se la dialettica interna alla maggioranza dovesse continuare a salire di tono. E soprattutto se i grillini dovessero sabotare i temi più cari al Carroccio.

La scena è disarmante. Negli ultimi giorni si è assistito alla guerra dei dossier sulla Tav. Allo sgarro di Danilo Toninelli, che invia l' analisi preparata dai suoi esperti direttamente a Bruxelles senza sottoporla prima agli alleati di governo, il Carroccio risponde producendo un dossier alternativo. Che, ovviamente, giunge a conclusioni opposte: quel buco si deve fare. Va completato. In ballo non ci sono solo interessi economici. L' ambientalismo ideologico dei Cinquestelle in Piemonte va a impattare negativamente sul tradizionale elettorato leghista. Tra pochi mesi si torna al voto per eleggere il Presidente della Regione. Il candidato tocca a Forza Italia. Ma la Lega è il primo partito. E vuole consolidare questa leadership elettorale. Matteo Salvini non vuole pagare dazio per scelte altrui. Ciò spiega il cambio di passo del vice premier. Nei primi mesi di governo aveva deciso di abbozzare sui no grillini. Ora ha preso una posizione netta. Si è presentato sul cantiere e ha sciolto ogni dubbio: «La Tav si deve fare».

IN ATTESA

Giancarlo Giorgetti, figura tradizionalmente moderata e votata al dialogo, è diventato il più falco di tutti. E il primo sostenitore della governexit leghista. Nella corrente degli intransigenti vanno annoverati certamente i due sottosegretari al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Edoardo Rixi e Armando Siri, con il compito di marcare stretto Toninelli e di azzannare al polpaccio in caso di sbandate a sinistra. L' altro giorno girava un sondaggio: se il Carroccio rimette in pista l' alleanza con Forza Italia anche a livello nazionale, perde il 7 per cento. Già. Ma in via Bellerio inizia a serpeggiare un altro dubbio: quanto finirà per costare, in termini elettorali, la collaborazione con «questi Cinquestelle, che si spostano sempre più a sinistra?». I veneti sono i più irritati. La Liga è un partito nel partito. E l' equilibrio con i lombardi è sempre stato un elemento di ordine essenziale per non balcanizzare via Bellerio. Il governatore del Veneto Luca Zaia ha dato ripetuti segni di insofferenza verso questa alleanza innaturale. Tiene buoni i suoi soltanto perché in ballo c' è la legge che darebbe nuovi poteri (e più soldi) alla sua Regione. Ma se i grillini la fanno saltare, apriti cielo.

All'ala più intransigente Salvini ha chiesto due mesi: «Portiamo a casa la legittima difesa e l' autonomia». Poi l' esperienza della maggioranza gialloverde potrà pure considerarsi conclusa. Riusciranno ad andare all' incasso? Mica è scontato. «Non sono fessi, ci tengono per le palle su tutto», osserva un leghista di lungo corso. L' ultimo episodio sulla legittima difesa è stato illuminante. Alfonso Bonafede ha respinto il testo con un parere vincolante del ministero della Giustizia, indicando un errore materiale (la copertura economica faceva riferimento all' anno 2018 e non al 2019). Risultato: la legge avrà bisogno di una terza lettura al Senato.

Negli stessi giorni in cui Montecitorio dovrà decidere lo stop alle trivelle. La strategia M5s è des ut do: tu dai una cosa a me, io ricambio. Niente è gratis con i pentastellati, spaventati per il dilagare leghista nei sondaggi. Sulle perforazioni nell' Adriatico, però, il Carroccio è stato perentorio: «Lo sviluppo nel settore oil and gas non va fermato», ha messo in chiaro Giorgetti. Nelle stesse ore i leghisti Luca Briziarelli e Paolo Arrigoni hanno affossato le nomine del ministro Costa in Commissione Ambiente. Ciò per dare un segnale che, se i Lumbard si mettono di traverso, in Parlamento non passa niente.

IL REDDITO

Anche il reddito di cittadinanza è finito nel mirino del Carroccio. Massimo Garavaglia, sottosegretario all' Economia, sta presentando un pacchetto di modifiche anti-fannulloni. L' intenzione dei salviniani è di restringere ancora di più la platea dei percettori dell' aiuto economico per evitare che passino messaggi sbagliati, addirittura odiosi per l'elettorato leghista del Nord. Tipo che l' assegno finisca nelle mani di chi non ha mai lavorato in vita sua. O degli stranieri, per il semplice fatto di aver soggiornato in Italia per un tot di anni.

Di Maio accetterà? Anche qui vale la regola del "tenersi per le palle", mantenendo il punto finché non si ottiene qualcosa in cambio. Per esempio su Quota cento. O sull' autorizzazione a procedere nei confronti del ministro dell' Interno sul caso Diciotti. In settimana scadono al Senato i termini per la presentazione degli emendamenti. E si capirà quando sarà grossa la mina che la Lega vuole piazzare sul reddito di cittadinanza.

di Salvatore Dama

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